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Qualità e sostenibilità alla base del food italiano. Il Rapporto di Unionfood

Presentato a Roma il Bilancio aggregato di sostenibilità dell’Unione Italiana Food, realizzato sulla base di 43 Bilanci di Sostenibilità redatti dalle imprese associate, in collaborazione con Santa Chiara Next, spin off dell’Università di Siena. Ecco i risultati emersi

Dal 1° gennaio 2024 le grandi imprese saranno obbligate a “rendicontare la propria sostenibilità attraverso strumenti adeguati come il bilancio di sostenibilità”. Lo stabilisce la Direttiva sul reporting di sostenibilità delle imprese (Corporate Sustainability Reportint Directive) entrata in vigore nel gennaio 2023. Stabilisce requisiti più severi  per la redazione dei rapporti di sostenibilità e allo stesso tempo garantisce maggiore trasparenza sulle prestazioni ambientali delle aziende. Oltre ad essere un obbligo rappresenta anche  un’opportunità per le aziende stesse  di guidare la transizione verso un’economia più sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale.

Il Bilancio Aggregato di Sostenibilità dell’Unione Italiana Food, presentato oggi a Roma nella suggestiva sede di Palazzo Taverna,  risponde a questa esigenza ed è stato realizzato sulla base di 43 Bilanci di Sostenibilità redatti dalle imprese associate, in collaborazione con Santa Chiara Next, Spin Off dell’Università di Siena. L’Unione, con le 522 aziende associate è una delle più grandi realtà di rappresentanza diretta di aziende alimentari in Europa, con un fatturato di 51 miliardi di euro. 100 mila addetti e oltre 20 settori merceologici tra cui cacao e cioccolato, caffè, cereali per la prima colazione, prodotti da forno, gelati, pasta, prodotti surgelati e vegetali.

“L’Italia è conosciuta nel mondo per essere un Paese dove si vive bene – ha spiegato Paolo Barilla, presidente di Unione Italiana Food (in foto) –. I nostri prodotti devono essere portatori di questo messaggio e dare alle persone, oltre al piacere gastronomico, la serenità di aver fatto una scelta giusta. La sostenibilità sia ambientale che sociale è uno dei pilastri su cui si fonda il nostro modo di operare e di fare impresa. Grandi, medie e piccole imprese vivono e si scambiano esperienze preziose per continuare a migliorare con grande senso di responsabilità e passione per il lavoro”.

Le tematiche della sostenibilità e della misurazione degli impatti ambientali e sociali stanno diventando sempre più centrali per le imprese agroalimentari, non solo per la crescente e consapevole attenzione da parte dei consumatori, ma anche da parte della grande distribuzione, dei regolatori e dei finanziatori, e delle istituzioni governative.

L’analisi alla base del rapporto è stata condotta su quattro ambiti principali: il contributo delle aziende a diete sane; la sostenibilità ambientale e sociale dei loro processi interni; la sostenibilità delle catene di approvvigionamento; le buone pratiche in ambito sociale. Per ciascuno di questi ambiti sono stati individuati argomenti, indicatori e parametri ad hoc, coerenti con gli standard di reportistica nazionali e internazionali e con le esigenze di monitoraggio gestionale.

I risultati emersi dicono che l’86% delle aziende oggetto delle analisi ha investito in innovazione di prodotto, con riformulazioni volte a perseguire una dieta sana; il 96% ha riportato almeno un’azione volta alla tutela e alla conservazione degli habitat naturali; oltre il 90% ha almeno la metà circa di dipendenti donne, con un trend in forte crescita; il 77% ha ottenuto una certificazione di agricoltura sostenibile; il 70% valuta i propri fornitori sulla base dei criteri Esg (Environmental, Social, Governance); oltre il 65% dichiara di aver predisposto un Piano si Sostenibilità pluriennale con obiettivi di lungo e medio termine; oltre il 65% supporta la comunità locale svolgendo attività a favore delle scuole e del territorio e collaborano con organizzazioni di beneficenza per la lotta allo spreco alimentare.

A proposito dello spreco alimentare, vale la pena ricordare la pluriennale collaborazione tra il Banco Alimentare e le aziende associate Unionfood. Il Banco, nato negli Stati Uniti a metà degli anni Sessanta, ha come missione “il recupero di eccedenze generate lungo la filiera agro-alimentare e la redistribuzione di  quest’ultime alle organizzazioni non-profit”. Secondo l’Istat, nel 2022 sono salite a 5 milioni 600 mila le persone in povertà assoluta nel nostro Paese. E sono 7 mila 600 le organizzazioni territoriali che collaborano con il Banco Alimentare per aiutare le persone in difficoltà (mense, centri di accoglienza, case-famiglia, ecc), con oltre 110 mila tonnellate di alimenti.

Alla presentazione del rapporto, in rappresentanza del governo, la viceministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Vannia Gava la quale ha sottolineato: ”Sono queste le iniziative che servono davvero a portare avanti le azioni concrete in tema di sostenibilità. I dati emersi dimostrano come l’attenzione e il costante desiderio di innovare e di risolvere problemi e bisogni, non resti astratto ma venga sostanziato dalle aziende del settore alimentare. Un ruolo fondamentale lo svolgono le associazioni come Unionfood che ha dimostrato di essere un luogo di aggregazione e un motivo di stimolo per tutte le sue aziende associate”.

Le azioni messe in campo dalle aziende in tema di sostenibilità ambientale e sociale fanno riferimento agli obiettivi previsti dall’Agenda 2030 sullo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite. In particolare gli obiettivi 1 (Porre fine ad ogni forma di povertà nel mondo), 2 (Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare) e 3 (Garantire una vita sana e promuovere il benessere di tutti). Il 12 (Garantire modelli di consumo e produzioni sostenibili) e l’8 (Promuovere una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile). E ancora il 10 (Ridurre le disuguaglianze all’interno dei e fra i Paesi) e il 16 (Promuovere società pacifiche e inclusive orientate allo sviluppo sostenibile).

Per dirla con il presidente Barilla, “cultura, collaborazione e comunicazione sono le tre C della sostenibilità. Senza conoscenza è difficile comprendere appieno le sfide che siamo chiamati ad affrontare. La collaborazione tra le imprese è necessaria perché solo così si ottengono risultati concreti nell’ottica dell’economia circolare. E senza la comunicazione è difficile valorizzare sul mercato, nei confronti delle istituzioni e della comunità finanziaria gli investimenti fatti”.


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