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Guerre e tragedie parallele di Tel Aviv e Kyiv. L’analisi di D’Anna

Mentre l’Onu denuncia il forte aumento dell’odio nel mondo dopo le disumane violenze di Hamas del 7 ottobre, a Gaza l’offensiva israeliana contro i bunker sotterranei dei terroristi trasforma in vittime civili i palestinesi usati come scudi umani ed a Kyiv il presidente Zelensky punta il dito contro la guerra in Medio Oriente che – afferma – distrae dall’Ucraina. L’analisi di Gianfranco D’Anna

Il mosaico bellico in espansione, da Kyiv al Medio Oriente, dall’Africa all’Asia, rasenta sempre di più il limite della guerra globale. Il sostegno militare e strategico di Stati Uniti, Europa, Nato e dei Paesi occidentali nei confronti dell’Ucraina e di Israele, vittime dell’invasione della Russia di Putin e delle disumane violenze da parte dei terroristi islamici di Hamas, è sottoposto ad un crescendo di tensioni che rischiano di far inavvertitamente evolvere l’apporto di armamenti e gli schieramenti militari in coinvolgimento operativo diretto.

Le intelligence occidentali sono tuttavia consapevoli che i terminali delle alterne fasi dei conflitti paralleli scatenati sul fronte ucraino e in Medio Oriente convergono tutti al Cremlino. Il divampare dell’offensiva israeliana contro i bunker sotterranei di Hamas nella striscia di Gaza, dove i fondamentalisti nascondono gli ostaggi catturati durante il biltz e le disumane violenze del 7 ottobre, ha in parte distolto l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica internazionale dalla guerra in corso nel cuore dell’Europa.

In una intervista al settimanale britannico The Economist, il comandante in capo dell’esercito ucraino, il generale Valery Zaluzhny, afferma che il livello tecnologico dei due eserciti contrapposti sta determinando una situazione di stallo. A 5 mesi dall’inizio della controffensiva, l’Ucraina è riuscita ad avanzare di soli 17 chilometri, mentre l’armata russa ha combattuto e si è dissanguata per dieci mesi attorno a Bakhmut per controllare una città di sei chilometri per sei trasformata in un cumulo di macerie.

Il generale Zaluzhny ha ammesso di aver sottovalutato la determinazione con la quale Mosca manda al macello i suoi soldati pur di bloccare l’avanzata delle truppe di Kiev e prolungare la guerra. “Questo é stato il mio errore”- ha affermato il Comandante ucraino – “la Russia negli ultimi mesi ha perso almeno 150.000 morti. In qualsiasi altro paese tali perdite avrebbero fermato la guerra”.

Secondo il quotidiano inglese The Guardian, diplomatici americani ed europei stanno valutando la possibilità di avviare eventuali negoziati di pace tra Ucraina e Russia. Il canale statunitense di notizie NBC, citando ambienti del Pentagono e del Dipartimento di Stato, ha riferito che a Kyiv sono in corso colloqui per delineare ciò a cui l’Ucraina potrebbe dover rinunciare per garantire un accordo di pace con la Russia. Per la NBC alcuni funzionari militari Usa avrebbero affermato in privato che l’esito della guerra potrebbe semplicemente dipendere da chi riuscirà a sopravvivere più a lungo. Notizie smentite con rabbia dal presidente ucraino Zelensky, secondo il quale invece la Russia ha perso il controllo del Mar Nero e la controffensiva di Kiev sta per avvalersi del nuovo impulso strategico e tecnologico assicurato da Washington, Londra e dalla Nato. Causa ed effetto dello stallo in centro Europa, ritengono gli analisti internazionali, é la guerra in Medio Oriente. Per evitare il divampare della quale, il Segretario di Stato Usa Antony Blinken si sta nuovamente prodigando nell’ennesima girandola di colloqui con il premier israeliano Benjamin Netanyahu e tutti i principali leader dell’area, dalla Giordania, all’Arabia Saudita agli Emirati Arabi.

La mobilitazione delle task force aeronavali nel Mediterraneo e nel Golfo Persico e la determinazione con la quale gli Stati Uniti stanno sostenendo Israele ha finora scongiurato un ulteriore coinvolgimento dell’Iran e soprattutto l’intervento diretto degli hezbollah libanesi.

Sul piano militare l’offensiva israeliana nella striscia di Gaza é caratterizzata dalla caccia ai bunker sotterranei di Hamas. Secondo un’analisi condotta dal New York Times attraverso immagini satellitari, foto e video, Israele utilizza anche bombe da 2.000 libbre. Ordigni anti bunker in grado di penetrare in profondità e distruggere strutture costruite a decine e decine di metri nel sottosuolo. Nel momento di maggiore rabbia e dolore per le violenze del blitz di Hamas del 7 ottobre, fra i vertici militari di Tel Aviv si è fatto un fugace accenno alle bombe RNEP (Robust Nuclear Earth Penetrator), ordigni nucleari tattici di piccole dimensioni che, una volta penetrati nel suolo per via dell’energia cinetica esplodono generando una reazione nucleare. Ipotesi subito scartata per via delle conseguenze catastrofiche di tali esplosioni.

Per il Washington Post il rifiuto di Netanyahu di interrompere l’offensiva a Gaza per una pausa umanitaria potrebbe essere una mossa negoziale, un modo per mantenere un margine di manovra, in bilico tra una concessione e il respingimento della pressante richiesta dell’America per ottenere il rilascio di tutti o in parte degli ostaggi. Stretto fra il dolore inestinguibile per il blitz subito e l’urgenza di fare piazza pulita dei bunker sotterranei di Hamas, le accuse di genocidio della popolazione palestinese e le richieste della Casa Bianca di non esacerbare il conflitto oltre il punto di non ritorno, lo Stato di Israele sta vivendo una tragedia esistenziale, indeciso fra un’intransigenza che potrebbe apparire solo cieca vendetta e l’attenuazione dell’attacco a Gaza che non esclude il rischio far fuggire le restanti cellule dei terroristi.

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