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Perché gli Houthi sono in guerra contro Israele. Risponde Ardemagni

Il sequestro di un cargo israeliano da parte degli Houthi nel Mar Rosso racconta che quello è il fronte del conflitto che più di ogni altro può impattare sugli equilibri globali. Eleonora Ardemagni, ricercatrice associata Ispi e cultrice della materia in Storia dell’Asia Islamica e Nuovi conflitti all’Università Cattolica di Milano, spiega a Formiche.net le dinamiche nella regione

Il gruppo insorgente yemenita Houthi ha dichiarato di aver preso il controllo di un cargo nel Mar Rosso meridionale, ulteriore dimostrazione che la guerra a Gaza scaturita dall’attentato di Hamas del 7 ottobre è già in grado di produrre effetti di carattere regionale.

Gli Houthi, che controllano il nord dello Yemen e la porzione di costa affacciata sul Mar Rosso, hanno detto che il cargo, il Galaxy Leader, era riconducibile a Israele, e dunque l’operazione si inserisce nel quadro di una minaccia annunciata. Nei giorni scorsi, il portavoce dell’ala militare del gruppo, Ansar Allah, aveva dichiarato “obiettivi legittimi” tutte le navi riconducibili a Israele che passavano lungo le coste controllate, soprattutto nel Mar Rosso. Successivamente, l’organo media di propaganda Al Masirah ha specificato i potenziali target: navi che portano la bandiera dell’entità sionista, navi gestite da compagnie israeliane, navi di proprietà di compagnie israeliane.

Il Galaxy Leader, il cui equipaggio è composto da 25 persone ora sotto sequestro, era in parte di proprietà di un uomo d’affari israeliano e batteva bandiera delle Bahamas. Quando è stata sequestrata era in rotta dalla Turchia all’India, e solo questo basta per definire la portata della destabilizzazione che certe azioni possono produrre.

Seguendo quanto inserito nei database pubblici sulla proprietà, la nave viene associata alla Ray Car Carriers, fondata da Abraham “Rami” Ungar, noto come uno degli uomini più ricchi di Israele. Nel 1972 ha fondato la Ungar Holdings Ltd, una società leader nel settore delle costruzioni in Israele, coinvolta nello sviluppo di case residenziali, edifici per uffici e aviation chartering. Ungar è il fondatore e proprietario di Ray Shipping Ltd e di una serie di controllate collegate. Attualmente possiede 54 car-carrier (cargo porta vetture) più 6 in costruzione in Corea del Sud e Giappone e 11 bulkers (navi utilizzate tre le varie cose per il trasporto di grano).

Ungar ha dichiarato alla Associated Press di essere a conoscenza del’ incidente ma di non poter commentare in attesa di dettagli. Conosce il gioco: una nave a lui collegata ha subito un’esplosione nel 2021 mentre si trovava nel Golfo di Oman. All’epoca le intelligence israeliane fecero circolare informazioni secondo cui  la colpa dell’accaduto era dell’Iran. Teheran, attraverso i Pasdaran, controlla una serie di milizie che più volte in passato si sono attivate come proxy militari ibridi in momenti di tensione. E più volte il traffico marittimo commerciale sia su Mar Rosso e Mar Arabico, che lungo il Golfo Persico è stato oggetto di sabotaggi e attacchi di vario genere riconducibili a questi gruppi.

Gli stessi gruppi che sono stati mobilitati in occasione del conflitto tra Israele e Hamas. E gli Houthi fanno parte di questo cosiddetto “Asse della Resistenza”, che riceve armi e/o componentistiche militari dai Pasdaran, e che oramai è multi-sfaccettato e in grado di curare agende personali. Che il trasporto marittimo internazionale finisse nel quadro delle operazioni era per certi versi atteso. Spesso coinvolge una serie di società di gestione, bandiere e proprietari che si estendono in tutto il mondo con una singola nave, ma compagnie israeliane sono sovente all’interno della catena operativa.

Gli Houthi contro Israele

Il portavoce militare degli Houthi ha dichiarato che il sequestro della nave è una risposta agli “atti odiosi contro i nostri fratelli palestinesi a Gaza e in Cisgiordania0. “Se la Comunità internazionale è interessata alla sicurezza e alla stabilità regionale, invece di espandere il conflitto, dovrebbe porre fine all’aggressione di Israele contro Gaza”, ha scritto su X.

Gli Houthi hanno lanciato già diversi attacchi missilistici e con droni contro Israele dal 7 ottobre. Prima di minacciare di colpire le navi israeliane nel Mar Rosso e nello stretto di Bab al-Mandeb, quello stesso quadrante geostrategico era stato sorvolato dagli attacchi aerei che — sebbene quasi sempre intercettati dai sistemi di difesa statunitense — per almeno due occasioni erano anche finiti fuori bersaglio, in Egitto e Giordania.

“Il sequestro della nave cargo fotografa due realtà sempre più evidenti: la prima è che il Mar Rosso è il fronte di guerra che può impattare maggiormente sugli equilibri globali, poiché i principali players internazionali hanno tutti interesse alla libertà di navigazione e sono potenzialmente vulnerabili; la seconda è che, al netto delle normalizzazioni firmate o ‘congelate’, Arabia Saudita, Emirati Arabi e Israele sono minacciati e si ritrovano ormai a combattere, separatamente, gli stessi nemici (come gli Houthi) e, dunque, hanno interessi di sicurezza convergenti”, spiega Eleonora Ardemagni, ricercatrice associata Ispi e cultrice della materia in Storia dell’Asia Islamica e Nuovi conflitti all’Università Cattolica di Milano.
”Paradossalmente, ciò avviene nel momento di massima tensione politica fra monarchie del Golfo e Israele, a causa dell’offensiva militare israeliana a Gaza”, aggiunge l’esperta. C’entra anche questo nella scelta degli Houthi di aumentare il coinvolgimento contro Israele? “Il primo obiettivo del gruppo è la tradizionale ostilità verso lo Stato di Israele e gli ebrei, scandita già nel loro slogan (‘Dio è il più grande, Morte all’America, Morte a Israele, Maledizione sugli ebrei, Vittoria all’Islam’, ndr). È un elemento ideologico che, nel frangente della guerra a Gaza, permette loro di intercettare il sentimento pro-palestinese della maggioranza degli yemeniti. Il secondo è il rafforzamento regionale del volto filo-iraniano”.
Per Ardemagni, è difficile immaginare che gli Houthi vogliano poi spendere questo capitale politico interno e regionale per negoziare argomenti come la percentuale di proventi petroliferi da ottenere dal governo riconosciuto dello Yemen. “Più realistico che vogliano consolidare la presa sul nord ovest del Paese rafforzando, anche attraverso gli attacchi contro obiettivi statunitensi, il potere di deterrenza mentre, come stanno facendo, tornano ad attaccare a Marib”, una delle città contese nella guerra civile che dura dal 2015 e che vede muoversi contro gli Houthi una coalizione arabo-sunnita guidata dai sauditi.
“Per Riad quanto accade diventa un bel rompicapo: ogni volta che gli Houthi lanciano un missile verso Israele o sequestrano una nave nel Mar Rosso è anche la loro sicurezza nazionale che viene sfidata. Molto difficile per i sauditi siglare il cessate il fuoco bilaterale (in Yemen) mentre i droni del gruppo yemenita, che volano in direzione Eilat (città israeliana sul Mar Rosso, ndr), passano anche sopra i loro cieli”.
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