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I benefici del riciclo valgono tre miliardi di euro. Parla Capuano (Conai)

Intervista al presidente del Conai, Ignazio Capuano. Nel 2022 il 71,5% dei rifiuti di imballaggio in Italia è stato riciclato: 10 milioni e 400 mila tonnellate su 14 milioni e mezzo hanno così trovato una seconda vita. In questo modo il Paese ha già raggiunto gli obiettivi previsti per il 2025

Grazie al riciclo sono stati risparmiati nel 2022 oltre 56 tetrawattora di energia per un valore di 20 milioni di euro; 10 milioni 200 mila tonnellate di mancate emissioni di CO2 per oltre 600 milioni e un risparmio di materia vergine di 11 milioni 830 mila tonnellate per 2 miliardi e 43 milioni di euro. Lo comunica il Consorzio nazionale imballaggi nel rapporto integrato di sostenibilità presentato oggi a Ecomondo.

“Dati che fanno riflettere”, ha commentato il presidente del Conai, Ignazio Capuano, “e che devono spronarci a un impegno sempre più attento, soprattutto in un Paese povero di materie prime come il nostro. E questi risultati sono anche merito di tutti i cittadini che, ogni giorno, fanno correttamente la raccolta differenziata, consapevoli che non stanno differenziando rifiuti ma risorse. Stiamo parlando di materia che può rinascere e diventare, in piccola parte, alternativa alle fonti fossili. In un momento di crisi climatica ed energetica come quello che stiamo vivendo, non possiamo non tenerne conto”.

In occasione della presentazione del rapporto abbiamo incontrato il presidente Capuano per affrontare questioni di più ampio respiro relative al mondo degli imballaggi. A cominciare dai brillanti risultati del riciclo e dal regolamento europeo in corso di discussione, e forse di approvazione, a Bruxelles, fortemente criticato da tutto il settore, non tanto e non solo per i contenuti ma soprattutto per la forma legislativa adottata dalla Commissione: il regolamento anziché la direttiva, con tutte le conseguenze che questo comporta. Ma andiamo con ordine.
Partiamo dai risultati del riciclo.

“Nel 2022”,  ha detto Capuano a Formiche.net  “il 71,5% dei rifiuti di imballaggio in Italia è stato riciclato: 10 milioni e 400 mila tonnellate su 14 milioni e mezzo hanno così trovato una seconda vita. In questo modo l’Italia ha già raggiunto gli obiettivi previsti per il 2025, quando ogni Stato membro dovrà riciclare almeno il 65% degli imballaggi immessi al consumo e quelli al 2030 con obiettivi al 70%. Nel dettaglio stiamo parlando di 418 mila tonnellate di acciaio, 60 mila di alluminio, 4 milioni 300 mila di carta, 2 milioni 147 mila di legno, un milione 120 mila di plastica e bioplastica, 2 milioni 290 mila di vetro. Questi risultati dimostrano che l’industria italiana del riciclo funziona. Siamo infatti uno degli Stati in cui si ricicla di più a costi inferiori. Risultati che è stato possibile raggiungere grazie all’azione congiunta di imprese, Comuni e cittadini. In questi 25 anni di attività è stato creato un sistema di imprese che recuperano e utilizzano materia prima seconda: circa duemila aziende con un giro di affari di circa 70 miliardi, un’infrastruttura importante per l’economia di tutto il Paese. Non dobbiamo dimenticare che noi siamo poveri di materie prime che saremmo costretti ad importare se non recuperassimo queste materie prime seconde”.

Eppure, nonostante questi brillanti risultati, la Commissione europea ha presentato una proposta di Regolamento in cui si privilegiano riuso e riutilizzo e si penalizza il riciclo. E quindi quei Paesi che nel riciclo hanno prodotto risultati importanti e profuso notevoli investimenti. Ed è forse il caso di ricordare, (e ne abbiamo già parlato in questo giornale) che il Regolamento sugli imballaggi è stato fortemente voluto da un vice presidente della Commissione dimissionario in cerca di visibilità e sponsorizzato da alcuni Paesi non proprio efficienti in fatto di riciclo.
Il provvedimento è all’esame del Parlamento Europea. Le commissioni competenti, ambiente e industria, hanno già espresso il loro parere ed è attesa la plenaria entro novembre.

“In Europa si producono oltre due miliardi di tonnellate di rifiuti, di cui solo il 4% sono rifiuti di imballaggio. Di questi ultimi il 64% viene già avviato correttamente a riciclo. Stiamo parlando quindi di una piccola fetta dei rifiuti prodotti in Europa. C’è stata un’intensa attività regolatoria da parte della Commissione e del Parlamento, una sorta di accanimento, mi si passi il termine, nei confronti di un problema certamente di forte impatto visivo, gli imballaggi sono ben visibili, ma di portata piuttosto limitata”, spiega Capuano.

“La situazione è questa: vi sono 9 Stati membri, con più di 200 milioni di abitanti, che rispettano la normativa per la gestione dei rifiuti urbani; ve ne sono altri 10, con circa 150 milioni di abitanti, che rispettano la normativa relativa agli imballaggi; ce ne sono infine 9, per un totale di 90 milioni di abitanti, che non rispettano ne l’una né l’altra. In una situazione così diversa sarebbe stato forse più opportuno aiutare i Paesi in ritardo, cercando di capirne le cause e intervenendo su queste, magari prendendo ad esempio i sistemi più virtuosi. Si è scelto,invece, di seguire una strada più dirigistica e ideologica, direi calvinista, come il regolamento, che non tiene conto delle differenze e non lascia margini di manovra all’azione degli Stati membri. Tutti ci auguriamo che il confronto ancora in corso riesca a superare le posizioni più rigide”.

Uno dei fattori che ha contribuito al raggiungimento di così alte performance di riciclo è senza dubbio l’accordo con i Comuni per raccogliere in modo differenziato i rifiuti di imballaggio. Un accordo e una collaborazione che risponde al principio comunitario della “responsabilità condivisa”, dove tutti, imprese e amministrazioni, cittadini compresi, sono chiamati a fare la loro parte. “La collaborazione con i Comuni è fondamentale. Noi mettiamo a disposizione dei Comuni diversi strumenti e impegni finanziari. Nel 2022 sono stati oltre 7 mila 650 i Comuni che hanno stipulato convenzioni con il sistema consortile, con una copertura del 99%. Nello stesso anno abbiamo riconosciuto alle amministrazioni locali 688 milioni di euro”. Un’attenzione particolare è stata riservata alle regioni del Mezzogiorno dove “la raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio è più lenta e fatica a raggiungere standard quali-quantitativi”. Nel biennio 2021-2022 i progetti territoriali per lo sviluppo della raccolta differenziata di qualità nel Centro-Sud hanno coinvolto 18 milioni 700 mila abitanti, di cui 4 milioni 900 mila in Campania e 4 milioni 800 mila in Sicilia.

Va sempre ricordato, comunque, che i quasi 10 milioni e mezzo di tonnellate di imballaggi effettivamente riciclati sono il risultato dell’attività dei Consorzi di filiera del Conai per il 47% , degli operatori indipendenti per il 51% e dei sistemi autonomi per il restante 2%. Il Consorzio, infatti, interviene in modo sussidiario al mercato, quando cioè “riciclare i materiali di imballaggio non risulta economicamente conveniente, garantendo, così, anche la libera concorrenza sul mercato delle materie prime seconde”.

“E sempre a proposito di sviluppo della raccolta differenziata nelle aree in ritardo, il Consorzio ha attivato, insieme ad Anci, nell’ambito del PNRR, un’attività straordinaria di supporto tecnico ai Comuni di Campania, Calabria e Sicilia. Si tratta di 189 Comuni per un totale di oltre 4 milioni 700 mila abitanti, per 1.775 interventi e per un valore economico di 115 milioni”.

Insomma, “valorizzare le materie prime – seconde”. Questo il messaggio che il presidente del Conai, lancia da Ecomondo. Attraverso il loro utilizzo il sistema Paese potrebbe trovare quelle soluzioni economiche e ambientali che permetterebbero di fare il salto di qualità nella transizione verso una reale economia circolare. Si tratta di colmare quel gap di mancanza di materie prime di cui è povero il nostro Paese. Qualcuno le chiama miniere metropolitane, accantonando la vecchia definizione di rifiuto per passare a quella di risorsa, per traghettare l’economia dal “prendi, produci, getta” a un nuovo modello in cui il valore dei prodotti e dei materiali viene mantenuto nel ciclo economico il più a lungo possibile.



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