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Ipersonica, sfide e opportunità. La lezione dell’Aeronautica militare

La tecnologia ipersonica se da un lato permette l’evoluzione di nuove minacce, dall’altra rappresenta un’opportunità per sviluppare sistemi di difesa capaci di garantire la deterrenza e la sicurezza dei nostri Paesi, e l’Aeronautica militare ambisce a essere protagonista di questo progresso. La riflessione al seminario tecnico-scientifico a conclusione delle celebrazioni per il Centenario dell’Arma azzurra

Quella dei missili ipersonici è la vera sfida del settore aerospaziale del futuro, una minaccia che obbliga tutti i Paesi a investire nello sviluppo di capacità di difesa e deterrenza. È quanto emerge dal confronto dedicato al tema dall’Aeronautica militare, in occasione della chiusura delle celebrazioni per il Centenario dell’Arma azzurra. Come sottolineato dal capo di Stato maggiore dell’AM, generale Luca Goretti, il prossimo dominio di operazioni per la Forza armata, “è lo spazio”, dove “mentre alcune nazioni operano in maniera dinamica e onesta, altre cercano di capire come sfruttare le orbite per ottenere una prevalenza strategica”, anche attraverso l’uso dei sistemi ipersonici. Diventa quindi fondamentale capire come difenderci, ha proseguito Goretti “e far comprendere a chi ha certe mire che non conviene compiere un tipo di azioni ostili perché saremo in grado di fare la stessa cosa”, trasportando oltre l’atmosfera il classico concetto di deterrenza.

L’impegno del sistema-Paese

Come sottolineato ancora dal generale Goretti: “La crisi russo-ucraina ha portato in evidenza, se ancora ce ne fosse bisogno, che è necessario mantenere alta l’attenzione su realtà tecnologiche emergenti, come quella del volo ipersonico”. I russi, infatti, sono stati tra i primi Paesi ad utilizzare la minaccia di questi nuovi mezzi. “L’attualità – ha proseguito il capo di Stato maggiore – ci dice che è fondamentale capire come utilizzare queste tecnologie, come difenderci se necessario, ma anche come sfruttarle in maniera duale. È un tema fondamentale non soltanto per la difesa e la sicurezza, ma più in generale per essere rilevanti come sistema Paese”. Una sfida che dovrà vedere l’impegno dell’intero sistema-Paese, orientato verso lo sviluppo di nuovi strumenti, materiali, software, intelligenza artificiale. “Sono convinto che insieme all’industria, all’accademia e alla ricerca, e con il sostegno di una volontà politica come quella che vedo in questo momento, si possa costituire un fattore rilevante per la crescita del sistema Paese in settori strategici come lo spazio” ha detto Goretti.

Le sfide…

Parliamo, dunque, di “missili ipersonici plananti, posizionati in orbita e capaci di scendere poi verso terra, particolarmente manovranti e difficili da intercettare” ha spiegato il capo Ufficio generale spazio dello Stato maggiore della Difesa, il generale Davide Cipelletti. Facendo il paragone con i missili balistici intercontinentali. Mentre questi ultimi partono dalla superficie, raggiungono l’orbita e poi rientrano nell’atmosfera percorrendo molti chilometri di decine di – dando perciò ai sistemi di sorveglianza il tempo di reagire – le nuove piattaforme ipersoniche partono già dall’orbita, e sono capaci di raggiungere i propri obiettivi in pochi minuti. “Per affrontare questi sistemi – ha detto ancora Cipelletti – bisogna tracciarli in ogni momento mentre sono in orbita, con tempi di reazione molto ristretti”.

… e le opportunità dell’ipersonica

Di fronte a questo scenario, la tecnologia diventa allo stesso tempo una minaccia e un’opportunità. Come sottolineato dal presidente di Lockheed Martin, Michael Williamson, sebbene “in tutto il mondo, le forze alleate si trovano di fronte a minacce di livello simmetrico in rapida evoluzione progettate per eludere le difese e neutralizzare le risorse” è altrettanto vero che “le armi ipersoniche d’attacco e di difesa consentono alle forze alleate di rispondere allo stesso modo”. Il vero rischio, ha sottolineato allora il condirettore generale di Leonardo, Lorenzo Mariani, “è far parte o meno di questo progresso tecnologico quantico, a livello di Paese, di industria e di Forze armate”. Affrontare il problema, dunque, diventa una questione non solo di sviluppare un intercettore in grado di volare alla stessa velocità del missile ipersonico, ma ci vogliono anche i sistemi in grado di individuare e seguire il volo della minaccia. Una complessità che chiama in causa non solo i sensori classici, ma anche le soluzioni di intelligenza artificiale in grado di analizzare rapidamente una gran mole di dati.

Servono le collaborazioni

Naturalmente servono i fondi “ma non basta” ha sottolineato ancora Mariani, aggiungendo come serva “collaborazione tra industria, Forze armate, politica e università, anche a livello internazionale, guardando in particolare alla relazione transatlantica”, dal momento che “nessun Paese può farcela da solo”. Per il managing director di MBDA Italia, Giovanni Soccodato, è allora “importante capire con quali Paesi è possibile mettere insieme capacità, competenze, investimenti per poter realizzare in temi rapidi una risposta a quella che sta diventando un’urgenza operativa estremamente importante”.

Le ricadute civili dell’ipersonica

Il mondo ipersonico, però, non è soltanto rivolto al comparto della Difesa, dal momento che può rappresentare anche per il settore civile una vera e propria rivoluzione. L’ipersonica, infatti, “ci permetterà di fare qualcosa di straordinario, avvicinare le distanze” ha spiegato il capo dipartimento di Ingegneria meccanica dell’Agenzia spaziale europea, l’ingegnere Tommaso Ghidini, aggiungendo come sarà possibile volare “da Sydney a New York in tre ore. Vuole dire cambiare completamente il paradigma del trasporto di beni e persone”. Questo permetterà anche una evoluzione del concetto si spazioplano, che permetterà di avere un accesso alle orbite più facile, con positive ricadute anche sul settore scientifico, come tra l’altro dimostrato dal recente volo suborbitale di Virgin Galactic con a bordo un equipaggio italiano guidato dall’Aeronautica militare. “Le ricadute sono molteplici – ha concluso Ghidini – e dobbiamo chiederci quali sono le tecnologie che ci serviranno: dalla propulsione, ai materiali, alle strutture. Tutte queste tecnologie ce le ritroveremo poi in ambienti molto più vicini a noi, a partire dal trasporto passaggieri, permettendo di avvicinare il mondo”.


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