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All’Italia (e ai cattolici) serve una Base popolare. Mauro spiega perché

L’ex ministro della Difesa tiene a battesimo con De Mita e Quagliariello una nuova realtà centrista, che orienti il centro e si ponga come antidoto al leaderismo: “Molte tra le figure dei fondatori sono persone che si concepiscono come degli allenatori che si mettono a disposizione di una generazione nuova per consentirle di assumere la responsabilità della convivenza civile e del completamento di progetti che, sul piano politico, sono rimasti a metà del guado”

Popolari e populisti hanno idee diverse, ma gli elettori sono gli stessi, ammette a Formiche.net l’ex ministro della difesa ed esponente di lungo corso del popolarismo europeo, Mario Mauro, nel giorno in cui nasce Base popolare, varata assieme a Giuseppe De Mita e Gaetano Quagliariello. Secondo l’ex vicepresidente del Parlamento europeo è giusto in questo momento che quegli elettori ritrovino la casa popolare abbandonando le incertezze e le tentazioni del credo politico. “Questo avvicinarsi della logica dei conflitti è molto figlia dei leaderismi, cioè di chi non ammette repliche nella proposta di una dinamica politica”.

Che cos’è Base popolare e dove vuole andare?

Dopo una tre giorni di studi e discussioni che si è tenuta a Marina di Grosseto sul finire dell’estate abbiamo costituito Base popolare, un’associazione che in questo momento proprio per volontà dei fondatori è intesa come un atto eversivo nei confronti del modo di concepire la politica. Una delle ragioni per cui nasce Base popolare è proporsi come antidoto al leaderismo.

Ovvero?

La caratteristica di questo movimento è che rifiuta la cooptazione come dinamica democratica e come dinamica per promuovere l’iniziativa politica. Siamo talmente convinti di questo e radicati in tale pensiero che per noi un richiamo è nella volontà di costruire una proposta politica, di mettere a disposizione di tutti il discorso di Pericle agli ateniesi: quel “noi ad Atene facciamo così” che trova il suo fondamento nella considerazione che la democrazia è il minore dei mali possibili e quindi è un’esperienza di fatica, di impegno, di studio, di lavoro.

Quale lo spirito dei fondatori?

Molte tra le figure dei fondatori sono persone che si concepiscono come degli allenatori che si mettono a disposizione di una generazione nuova per consentirle di assumere la responsabilità della convivenza civile e del completamento di progetti che, sul piano politico, sono rimasti a metà del guado. Primo fra tutti quello di una vera integrazione politica europea che, come ha ricordato Mario Draghi in questi giorni, se non troverà nuova linfa, rischia di implodere e di collassare. E dovremmo essere molto più consapevoli di quello che sta succedendo, senza guardare semplicemente il piccolo orto della politica italiana. Perché questo avvicinarsi della logica dei conflitti è molto figlia dei leaderismi, cioè di chi non ammette repliche nella proposta di una dinamica politica.

Il primo obiettivo saranno le europee del prossimo anno?

In questo momento non è all’ordine del giorno perché, avendo messo mano a un progetto di medio lungo-periodo, intendiamo far partire un lavoro che consiste nell’incontrare sul territorio italiano le mille realtà che sul piano locale si richiamano al pensiero popolare e che ispirano liste civiche. E non a caso alcuni tra i fondatori ci sono espressioni dirette del territorio, penso al Sindaco di Bagheria o all’assessore alla cultura del Comune di Caserta. Per primi si sono proposti tra quelle persone di una generazione nuova che intendono dare consistenza a questo progetto. Aggiungo che ciò non ci tiene fuori il dibattito su quello che accade già oggi e, non a caso, tra i fondatori ci sono non solo delle persone, ma anche dei soggetti politici che già esistono, come il movimento politico che presiedo, Popolari per l’Italia, il movimento Marche 2020 presieduto da Gian Mario Spacca ex presidente della Regione Marche, il Movimento Italia Popolare di Giuseppe De Mita, il movimento idea di Gaetano Quagliariello.

Che cosa significa?

Che alcune questioni dal punto di vista dell’organizzazione del progetto sono già definite, per esempio l’ancoraggio solido al Partito Popolare europeo o la volontà di dare vita attraverso uno strumento di base popolare a una realtà politica che punti non alla frammentazione ma all’unità di tutto quello che si muove nel centro della politica italiana.

Il richiamo popolare in questo momento storico perché è rilevante in Spagna, in Germania, in Francia, in Grecia?

Forse la situazione tedesca è quella che, più di tutte, ha in un partito popolare forte un argine a derive oscure nella vita politica, come le percentuali che i sondaggi attribuiscono a AfD. Ciò fa capire quanto questo rischio possa essere concreto laddove questo non accade. Pensiamo al tramonto della parabola gollista in Francia, dove tutto lo spazio viene coperto da realtà che puntano a far saltare il progetto di integrazione europea. Penso al Front National di Marine Le Pen e che, nella legittimità di queste posizioni, fa rinascere il filone dei nazionalismi inteso non come difesa orgogliosa della tradizione, ma come pericoloso sbandamento.

Come Base popolare potrà dialogare con il conservatorismo italiano?

Questo dialogo avrà senso nel momento in cui l’esperienza di matrice popolare potrà acquistare una nuova consistenza. Tanto per capire, oggi questo dialogo non c’è a causa della situazione di alcuni partiti come Forza Italia che, per certi versi, ha inteso rappresentare quest’area politica in passato e oggi è priva di una dinamica che caratterizzi le posizioni del Partito Popolare europeo. Questo diciamo è il lascito di una stagione in cui il rischio di confondere reiteratamente popolarismo e populismo si è sovrapposto al rimorchio di figure carismatiche come quella di Silvio Berlusconi. La verità è che popolari e populisti hanno idee diverse, ma gli elettori sono gli stessi. È giusto in questo momento che quegli elettori ritrovino la casa popolare abbandonando le incertezze e le tentazioni del credo politico.

Perché un altro movimento di centro?

Le posizioni di centro hanno un senso se esprimono un giudizio storico e politico realista sulle differenti opzioni politiche. Abbiamo parlato poco della sinistra e abbiamo fatto bene perché la sinistra di fatto come concetto che fa riferimento in astratto ai termini della giustizia sociale e del desiderio di eguaglianza oggi non esiste più, tanto in Italia quanto in Europa. Il paradosso estremo è che in Europa chiede l’espulsione di un leader autorevole della sinistra continentale come l’albanese Edi Rama, nel momento in cui questi si offre all’Italia in termini di solidarietà e senza nulla pretendere. E in Italia viene definita dalla sigla che più di tutti la esprime e che non è nella sigla Pd ma quella della Ztl: ovvero il Pd è diventato ormai un coacervo degli interessi delle élites che nulla hanno a che fare con quelle matrici ideologicamente marchiate, ma che sicuramente attingevano comunque alla cultura popolare come nella sinistra del passato.

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