L’azione deterrente degli Stati Uniti è fondamentale per le de-escalation in Medio Oriente, ma Israele si deve difendere. Hamas strumentalizza i civili palestinesi, mentre l’Italia dovrebbe essere più incisiva sul piano diplomatico per arrivare alla soluzione dei due popoli e due Stati. I rapporti con i partiti di minoranza? “Siamo trasversali, parliamo con tutti. Dalla Lega al Pd”. Conversazione con Naike Gruppioni, parlamentare di Italia Viva e componente della Commissione Esteri alla Camera
Una “rioccupazione di Gaza da parte delle forze israeliane non è positiva per Israele e per il suo popolo”. E dunque l’orientamento è quello di spingere per “i due popoli e i due Stati”. John Kirby, portavoce del Consiglio di Sicurezza nazionale della Casa Bianca scandisce la linea degli Stati Uniti – e del presidente Joe Biden – nel corso di un’intervista alla Cnn. Una reazione, quella di Kirby, alle ultime esternazioni del premier Benjamin Netanyahu che aveva parlato di un’occupazione di Gaza “per un tempo indefinito”. La situazione resta tesissima. Sia sul piano militare, che sul piano politico. Ed è per questo che anche a livello italiano “occorre uno sforzo ulteriore, sul piano politico e diplomatico per essere più incisivi e arrivare alla soluzione dei due popoli e due stati”. La pensa così Naike Gruppioni, parlamentare di Italia Viva e componente della Commissione Esteri alla Camera.
Il suo è uno stimolo al governo ma, va dato atto a Giorgia Meloni, di essersi schierata subito e senza ambiguità dalla parte di Israele.
Certo, infatti su questo punto noi siamo perfettamente allineati all’esecutivo. Credo però che sulla polveriera mediorientale, così come su altri dossier delicati in politica estera, questo governo abbia il compito di essere più incisivo e di ritagliare per l’Italia un ruolo di primo piano.
A cosa pensa nella fattispecie sul Medio Oriente?
Ribadisco che l’azione della nostra diplomazia dovrebbe orientarsi a favorire una soluzione di pace, che però non veda penalizzato lo Stato di Israele. Due popoli e due stati è la prospettiva ottimale, quella sancita dagli accordi di Oslo che tuttavia è stata disattesa fino a ora. È senz’altro un obiettivo di prospettiva, che va però perseguito con ogni mezzo.
Lei è vicepresidente della Fondazione Italia Usa. Come valuta l’azione degli Stati Uniti anche alla luce degli ultimi sviluppi militari e politici del conflitto?
Il ruolo di mediazione che stanno esercitando gli Usa è fondamentale. L’obiettivo deve essere la de-escalation. Una strategia che miri da un lato a preservare l’integrità dello stato Ebraico – che ha tutto il diritto di reagire, di difendersi ma soprattutto di esistere – e dall’altro di salvaguardare le vittime civili palestinesi continuamente strumentalizzate da Hamas. Dietro questa operazione c’è una strategia ben precisa da parte dei terroristi: minare il processo di normalizzazione che Israele stava compiendo anche in accordo con i Paesi Arabi. E, il ruolo dell’Iran nel soffiare sul fuoco del conflitto, è tutt’altro che banale.
Sulla guerra in Medio Oriente la politica italiana ha marciato – più o meno – all’unisono. Anche se, inevitabilmente, sono emerse non poche differenze tra gli schieramenti di opposizione. Per cui, allo stato attuale, anche al di là del conflitto, come sono i rapporti tra i diversi partiti avversi al governo?
Noi non abbiamo preclusioni. Lavoriamo in maniera trasversale, per trovare soluzioni ai problemi, entriamo nel merito delle proposte e non facciamo politica fine a se stessa , dialogando con tutti.
Il salario minimo è stato, fino a ora, l’unico punto di incontro sul quale le forze di opposizione hanno trovato una convergenza. Italia Viva, però, non c’era. Perché?
Non ci siamo stati perché la proposta avanzata dalla minoranza era tutto sommato populista. La parametrazione del salario deve essere commisurata al contesto nel quale ci si trova e deve essere modulato in base alle esigenze. Personalmente ho depositato una proposta di legge che prevede sia la contrattazione collettiva la soluzione che possa garantire il salario giusto per il cittadino. Un salario reale che garantisca la dignità al lavoro compiuto attualizzandolo alle condizioni del nostro Paese e del mercato di riferimento che sono in continuo divenire. Normare e applicare la legge sulla rappresentanza e la rappresentatività è un passo necessario per costruire definitivamente un progetto serio di sostegno al mercato del lavoro. Senza ambiguità e populismi.