Il ministro degli esteri alla Camera illustra i capisaldi del progetto con l’Albania: “Un approccio diverso per la lotta agli scafisti e accogliere chi ha diritto alla protezione internazionale”
Un protocollo che rappresenta, nelle intenzioni del governo, un tassello significativo in un contesto internazionale già difficile che rischia di incrementare i flussi migratori e l’odioso mercato dei trafficanti. Questa la premessa che il ministro degli Esteri Antonio Tajani fa alla Camera, illustrando contenuti e obiettivi dell’accordo italo-albanese sui migranti.
La ratio dell’accordo
Punto di partenza il modello applicato dall’esecutivo: si tratta di diverso approccio nella gestione dei flussi migratori accanto ad una lotta tenace al traffico di esseri umani che “sono, per il nostro governo, assolute priorità”. La prima fase riguarda la prevenzione delle partenze irregolari, rafforzando al contempo le frontiere esterne, così da poter contrastare gli scafisti, migliorare il sistema dei rimpatri e accogliere chi ha diritto alla protezione internazionale. Temi che sono i pilastri dell’accordo di collaborazione con l’Albania, paese che l’Italia si impegna a sostenere nella strada di adesione all’Ue.
Due le aree concesse gratuitamente dal Paese delle aquile: un punto di arrivo al porto di Shëngjin, nella costa settentrionale del Paese, e una base militare a Gjadër, a circa 30 chilometri dal porto. Nel porto vi sarà una struttura dedicata alle attività di soccorso, di prima assistenza e di rilevamento segnaletico e di impronte digitali. Nella seconda struttura, situata nella località all’interno, sarà svolto l’esame della domanda di protezione.
Il Protocollo è figlio di un accordo attuativo del Trattato di amicizia datato 1995, che prevede espressamente la collaborazione bilaterale in materia migratoria. Tajani ricorda in materia migratoria quello siglato con la Libia, firmato dal governo Gentiloni nel 2017, entrò in vigore alla firma, quindi senza alcun passaggio parlamentare. “Fu, infatti, considerato attuativo dell’articolo 19 del Trattato di amicizia italo-libico del 2008, benché per eseguirlo siano stati necessari vari provvedimenti e significativi stanziamenti”.
Chi andrà in Albania?
Ad poter andare in Albania, solo i migranti che possono essere trattenuti nelle strutture che li accolgono che secondo la legge (italiana ed europea) abbraccia due categorie: i richiedenti asilo soggetti a procedura accelerata di frontiera, provenienti da Paesi sicuri oppure migranti che abbiano già presentato domanda di asilo, non accolta; in secondo luogo persone in attesa di rimpatrio dopo l’accertamento dell’assenza dei requisiti per il soggiorno in Italia. Sono esclusi i soggetti vulnerabili, come minorenni e donne in gravidanza.
Il personale italiano sarà il solo ad operare nei centri e nello svolgimento delle proprie azioni sarà soggetto ai tribunali italiani. I costi sono a carico dell’Italia. Ovvero 16,5 milioni di euro per rimborsare le attività svolte dalle autorità albanesi come vigilanza, ricoveri ospedalieri, contenziosi interni e internazionali.
Diritto internazionale europeo
Non c’è il rischio di una “Guantanamo all’italiana”, ha rassicurato Tajani, che cita la commissaria europea agli affari interni, Ylva Johansson: “Il diritto Ue non è applicabile fuori dal territorio dell’Unione europea, ma sappiamo che il diritto italiano segue il diritto UEìe e che, secondo l’Accordo, si applicherà in Albania il diritto italiano. Il Protocollo tra Italia e Albania non viola il diritto dell’Unione”. Favorevole anche il Cancelliere tedesco: “L’Albania sarà presto membro dell’Unione europea e stiamo quindi parlando di come risolvere insieme sfide e problemi nella famiglia europea. La migrazione irregolare deve essere ridotta e ci sarà una stretta collaborazione con i Paesi al di fuori dell’Unione europea, come avviene ora ad esempio con la Turchia, e potrebbero essercene altre. Il Protocollo tra Italia e Albania? Lo seguiremo con attenzione”.
Oltre la firma tra Meloni e Rama cosa cambia in concreto? Una consapevolezza, un modello e un sistema che può attivarsi. Tajani però prova ad andare oltre la firma e analizza gli scenari: annuncia che si terrà a fine gennaio un vertice con i Paesi africani per la messa a punto del Piano Mattei, esclude uno scavalco sul Protocollo con l’Albania, conferma che il governo ha scelto il passaggio parlamentare per l’accordo.