La più temuta tra le agenzie conferma il suo giudizio sullo Stivale e rivede l’outlook da negativo a stabile. Merito del miglioramento delle prospettive sul debito e dello stato di salute delle banche. “Seppure tra tante difficoltà, stiamo operando bene per il futuro dell’Italia”, commenta Giorgetti
Mancava solo lei, la più temuta tra le agenzie di rating, la più severa con l’Italia, dopo i verdetti favorevoli di Standard&Poor’s, di Dbrs, di Fitch e dei mercati. Con questi ultimi che per un Paese indebitato rappresentano il grado di giudizio più importante. Ma ora anche Moody’s ha detto la sua. L’agenzia ha confermato il rating Baa3 all’Italia, su cui ha rivisto in meglio l’outlook a stabile, dal precedente negativo, spiegando che la decisione “riflette la stabilizzazione delle prospettive di solidità del Paese, lo stato di salute del settore bancario e le dinamiche del debito pubblico”.
Il primo a brindare è stato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, il quale ha parlato immediatamente di “un conferma del fatto che seppure tra tante difficoltà, stiamo operando bene per il futuro dell’Italia. Quindi, alla luce del giudizio espresso da Moody’s e delle altre agenzie di rating, ci auguriamo che le prudenti, responsabili e serie politiche di bilancio del governo, pur nelle legittime critiche di un sistema democratico, siano confermate anche dal Parlamento”.
Ora con l’ultimo esame, il più difficile, termina il mese del rating italiano. C’è da dire che la Borsa per tutta la giornata si era dimostrata tonica (Piazza Affari ha chiuso a +0,7%, mentre lo spread Btp/Bund si è mantenuto sotto i 180 punti base). Mantenere invariato il suo Baa3, allineandosi alle decisioni conservative di Standard & Poor’s e Fitch, sembrava la decisione più saggia.
Ad agosto del 2022 l’agenzia di rating, quando il governo di Mario Draghi era già sul viale del tramonto (il governo Draghi cadde il 21 luglio dello scorso anno, giorno tra l’altro della riunione della Bce che diede il via alla carrellata di rialzi dei tassi per contrastare il boom dell’inflazione nell’area euro), con le imminenti elezioni che portarono Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, aveva annunciato il taglio dell’outlook sull’Italia da stabile a negativo, agitando lo spettro dell’onta junk per i Btp e la carta italiana.
A qualcuno saranno tornati in mente i tragici fatti dell’estate 2011: il rating sul debito, giudizio slegato dall‘outlook, era già piombato a livelli di allerta, ovvero a quello attuale pari a Baa3 che, in quella occasione, venne confermato. Ma il peggioramento dell’outlook rendeva tuttavia il rischio di un downgrade del rating al livello junk decisamente più alto.
Il cosiddetto outlook, infatti, quando viene girato in negativo, una volta su tre precede riduzioni di voto entro l’anno successivo. La questione non è di poco conto, soprattutto per il fatto che Baa3 è l’ultimo gradino della scala di Moody’s che identifica un titolo come investment grade, al di sotto si entra nel più burrascoso territorio dei bond di natura speculativa. Più un titolo è considerato rischioso, più alti sono gli interessi che un debitore deve offrire per farselo comprare. Una legge che vale anche per gli Stati e che per l’Italia, con una massa di titoli sul mercato che supera i 2 mila miliardi di euro, è particolarmente cogente.
I mercati, che hanno vista acuta e udito fino, ci avevano visto bene. Nell’ultimo mese i rendimenti dei Btp decennali italiani sono scesi di 37 punti base, nell’ambito di un generalizzato movimento al ribasso, e lo spread con gli equivalenti titoli tedeschi (usati a riferimento perché considerati ciò che in Europa esiste di più prossimo al rischio zero) è ritornato intorno ai 180 punti. Giorgia Meloni ha superato il test del rating, 4 a 0.