Skip to main content

Nel Bengala la penetrazione di Pechino è sottomarina

Un nuovo report del Center for International and Strategic Studies riassume l’impiego dei mezzi sottomarini prodotti autoctonamente da parte di Pechino come base della propria military diplomacy nella regione. Ottenendo risultati concreti

La regione del golfo del Bengala ha una rilevanza strategica nell’approccio della Repubblica Popolare Cinese alla politica estera, soprattutto in relazione alla sua forte competizione con il vicino indiano. E mentre Bangladesh e Myanmar, le potenze più piccole della regione, cercano di rafforzare le proprie capacità militari, l’India e la Cina si cimentano nella competizione per diventare il fornitore di materiale militare preferito dai due Stati asiatici. Una competizione che, guardando in un lasso di tempo che si estende all’indietro da oggi fino al 2010, vede la Cina uscire vincitrice — per ora. In questa finestra temporale più di due terzi delle importazioni di armi del Bangladesh e quasi la metà di quelle del Myanmar provengono dalla Cina, seguita in entrambi i casi dalla Russia.

Per Pechino, la vendita di materiale militare non risulta importante soltanto dal punto di vista degli importanti proventi economici che da essa derivano. Una più stretta cooperazione nel tema della difesa potrebbe aiutare l’Esercito Popolare di Liberazione (Pla) ad accedere alle strutture logistiche dei paesi interessati, così da poterle impiegare come appoggio per i propri asset militari operanti nella regione. Non a caso, sia il Bangladesh che il Myanmar sono inclusi dal dipartimento della Difesa di Washington nella lista dei Paesi in cui Pechino potrebbe installare proprie strutture logistiche nel futuro: l’avere a disposizioni basi navali nel Golfo del Bengala rappresenterebbe tanto un grosso vantaggio per le operazioni navali della Pla, quanto una sfida per l’India e gli Usa. Un nuovo report del Center for Strategic and International Studies delinea i passi avanti fatti da Pechino in questa direzione, sfruttando l’interesse verso i propri sistemi sottomarini.

Il Bangladesh ha comprato due sottomarini cinesi Type 035G (considerati obsoleti per gli standard della Pla) nel 2013, all’interno del piano di ammodernamento militare “Forces Goal 2030”, per la cifra di 203 milioni di dollari, ricevendo i vascelli nel 2016. E nel 2017 la Poly Technologies, compagnia statale del complesso industriale-militare cinese, si è assicurata un contratto da 1.2 miliardi di dollari con il governo di Dacca per la costruzione di una base navale sottomarina. La base è stata inaugurata lo scorso marzo, alla presenza dei vertici politici bengalesi e di numerosi ufficiali della Pla. Le immagini satellitari fornite dal Csis mostrano però che, nonostante i due sottomarini acquistati pochi anni prima siano stazionati lì, i lavori proseguono ancora. Secondo il Csis, una volta terminati la base avrà una capienza massima di sei sottomarini ed otto navi da guerra.

Sempre i sottomarini rappresentano l’anello di congiunzione tra la Repubblica Popolare e il Myanmar, con la prima che nel 2021 ha consegnato alla seconda un Type 035B. Non sono stati diffusi i dettagli dell’accordo, ma gli analisti del Csis suggeriscono come Pechino potrebbe aver fornito gratuitamente il vascello alla giunta militare dell’ex-Birmania per controbilanciare Nuova Delhi, che l’anno precedente aveva regalato un sottomarino classe Kilo di costruzione russa all’allora democraticamente eletto governo del Myanmar. Il sottomarino cinese stazniona, sempre come mostrato dalle immagini satellitari, nella base navale di Thit Poke Taung, poco distante dal porto di Kyaukpyu, dove Pechino sta portando avanti importanti investimenti all’interno del quadro della Belt & Riad Initiative. Nonostante la tendenza del Myanmar ad evitare interferenze esterne, l’isolamento vissuto dall’attuale giunta militare al potere potrebbe spingerla a cedere ad eventuali pressioni di Pechino per l’utilizzo di Thit Poke Taung o di Kyaukpyu da parte dei vascelli della Pla.

L’influenza di Pechino nella regione continua a crescere, anche se con qualche intoppo (come nel caso della sospensione dell’acquisto di tre sottomarini da parte della Thailandia). Ma a ritmo abbastanza costante da provocare timori in India, che vuole contrastare la crescente presenza cinese investendo nelle proprie forze navali e rafforzando la collaborazione con gli Stati Uniti, che a loro volta guardano con crescente preoccupazione la crescita della potenza sottomarina del Dragone nell’oceano Pacifico.



×

Iscriviti alla newsletter