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Il Medio Oriente fa paura, ma non quanto lo Yom Kippur. Report Oxford Economics

​Qualora si andasse incontro a un’escalation, con l’entrata in gioco dell’Iran, la recessione globale sarebbe assicurata e per il prezzo del petrolio sarebbero guai. Ma non certo peggiori di quanto visto mezzo secolo fa

I razzi di Hamas continuano a volare sui cieli di Israele, l’Idf è dentro la Striscia di Gaza con un’operazione in profondità, ma un’escalation potrebbe essere qualcosa di molto peggio. E non solo per il Medio Oriente. Nei giorni in cui gli italiani riscoprono una timida fiducia nell’economia, arriva il monito degli economisti di Oxford Economics. Le analisi econometriche dell’istituto chiariscono un concetto: da qui in avanti il conflitto mediorientale rischia di mandare in fumo quel poco di ripresa capitalizzato dopo la pandemia, ora che l’inflazione morde di meno. Meno male che le imprese sono ancora ottimiste, però.

“L’economia globale vacillerebbe nel caso di un’escalation della guerra tra Israele e Hamas, perché si interromperebbe gravemente l’approvvigionamento globale di petrolio. Tuttavia, supponendo che l’interruzione non sia prolungata, riteniamo che un’eventuale recessione globale sarebbe lieve e passeggera anche se i prezzi del petrolio raggiungessero i 150 dollari al barile”, scrivono gli economisti. “Abbiamo modellato due scenari di escalation in Medio Oriente. Il nostro scenario grave ipotizza un’interruzione sostanziale dell’approvvigionamento energetico, doppio rispetto a quella sperimentato nello scenario moderato. Il prezzo del petrolio sale a 150 dollari, le scorte scendono del 12% e le banche centrali inaspriscono le politiche a causa dell’aumento dell’inflazione a breve termine”. Questo è quello che succederebbe, insomma, se entrassero in gioco anche Libano, Siria e, naturalmente Iran.

Poi c’è il secondo caso, quello meno grave, “in cui il conflitto tra Israele e Hamas non scatena un conflitto regionale diffuso e l’impatto sui prezzi del petrolio è relativamente limitato”. Eppure, anche in caso di avvitamento della crisi, non si arriverebbe a quei livelli di shock visti mezzo secolo fa con la guerra dello Yom Kippur. “Sebbene nei nostri scenari l’interruzione dell’approvvigionamento petrolifero sia significativa rispetto agli standard storici, avvicinandosi alla scala vista all’indomani della guerra dello Yom Kippur cinquant’anni fa, nel nostro scenario grave il successivo aumento dei prezzi del petrolio e la reazione dei mercati finanziari che lo accompagna sarebbero notevolmente meno marcati”.

E una certa vena di ottimismo si respira anche tra le imprese e sui mercati. Nonostante le crescenti preoccupazioni per il rischio di un’escalation della guerra tra Israele e Hamas, le imprese continuano a vedere poche probabilità di una grave debolezza economica nell’anno a venire. La reazione relativamente contenuta dei mercati finanziari ai recenti sviluppi in Medio Oriente suggerisce che gli investitori non sono d’accordo con l’idea di un’escalation della guerra tra Israele e Hamas.

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