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La norma Ue penalizza l’industria del riciclo. La lettera degli imprenditori a Meloni

Il contenuto della missiva riguarda il Regolamento europeo sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio in corso di approvazione a Bruxelles. Il prossimo 22 novembre è calendarizzato per il voto in Plenaria al Parlamento e la presidenza spagnola sta accelerando per farlo approvare definitivamente entro dicembre. Ecco perché si penalizzerebbero e non poco i Paesi che si sono rivelati virtuosi sul fronte del riciclo, come l’Italia

L’ultima, in ordine di tempo, è stata inviata, ai primi di novembre, alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni dai presidenti di Confindustria, Confcommercio, Confcooperative, Confartigianato, Fededistribuzione, Confagricoltura. Una lettera con la quale si sollecita l’urgenza di una presa di posizione forte su una questione di vitale importanza per una fetta importante di un comparto industriale che rappresenta il 30% del prodotto interno lordo. Il contenuto della missiva riguarda il Regolamento europeo sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio in corso di approvazione a Bruxelles. Il prossimo 22 novembre, infatti, è calendarizzato per il voto in Plenaria al Parlamento e la presidenza spagnola sta accelerando per farlo approvare definitivamente entro dicembre.

Per capire di cosa stiamo parlando dobbiamo tornare allo scorso novembre quando la Commissione Europea presentò al Parlamento e al Consiglio la proposta di regolamento in questione. Si contestava, da subito,  innanzitutto la forma , un regolamento anziché una direttiva come era avvenuto fino ad allora. La differenza non è da poco conto,   perché in questo modo non si lasciano  margini di manovra agli Stati Membri e si fa, come si dice in questo caso, di tutta l’erba un fascio. Si privilegiano, infatti, riuso e vuoto a rendere e si penalizza il riciclo e il recupero dei rifiuti di imballaggio. Buttando a mare venticinque anni di scelte e investimenti che Stati e privati hanno fatto in infrastrutture, innovazione e ricerca.

“Nonostante l’impegno del governo e il progressivo sollevarsi di voci critiche da parte di un numero crescente di Paesi europei – si legge nella lettera – i testi attualmente all’esame dei competenti gruppi tecnici confermano – e a tratti persino peggiorano – l’impostazione originaria della proposta della Commissione europea, rischiando di consolidare orientamenti molto pericolosi per il sistema produttivo e distributivo nazionale”.

L’impostazione data dalla Commissione a tutta la problematica relativa agli imballaggi, rischia di colpire non soltanto questo settore dai produttori fino all’intera industria del riciclo, ma di penalizzare tutte quelle imprese “che utilizzano gli imballaggi per commercializzare ed esportare merci in Italia e all’estero, dalle cooperative agricole a tutte le filiere della ristorazione, della produzione, trasformazione e distribuzione agroalimentare. Sono a rischio migliaia di imprese e centinaia di migliaia di posti di lavoro”.

Si tratta, prosegue la lettera, di difendere e promuovere un modello, quello dell’economia circolare italiana, di assoluta eccellenza in Europa e nel mondo, costruito in trent’anni di fruttuosa collaborazione pubblico-privato. Un modello grazie al quale la nostra economia e la nostra società hanno raggiunto vette di eccellenza in termini di innovazione tecnologica e di sostenibilità ambientale e rispetto al quale adesso ci viene chiesto di fare giganteschi passi indietro.

D’altronde i numeri parlano chiaro. In questi anni, dal famoso Decreto Ronchi del 1997, con la costituzione del Consorzio Nazionale Imballaggi e i Consorzi di filiera (acciaio, alluminio, carta, legno, plastica e vetro), sono stati avviati a riciclo oltre 170 milioni di tonnellate di rifiuti di imballaggio, più del 72% dell’immesso al consumo, oltre 10 milioni di tonnellate di rifiuti di imballaggio  solo nell’ultimo anno sono stati riciclati, ponendo il nostro Paese ai primi posti nell’Unione europea, avendo già superato gli obiettivi di riciclo che la stessa Unione prevede al 2030 . E ancora, grazie all’accordo con Anci, il Sistema Conai-Consorzi di filiera ha aiutato i Comuni italiani per coprire i maggiori costi della raccolta differenziata con 7 miliardi 370 milioni di euro.

Adesso la Commissione ci chiede, in buona sostanza, di smantellare quanto realizzato in questi anni per adottare un sistema diverso, utilizzando uno strumento legislativo che non tiene conto di quanto fatto finora dagli Stati membri.

“Possiamo senz’altro porci obiettivi ancora più ambiziosi, ma in una logica di continuità con quanto fatto sin qui, nell’ambito di soluzioni basate su solide valutazioni scientifiche e in grado di tutelare realmente l’ambiente, e non imponendo misure, come il riutilizzo ad ogni costo – anche quando non sia la soluzione preferibile sotto il profilo della sostenibilità ambientale ed economica o della sicurezza alimentare – che rischiano di peggiorare il risultato ambientale complessivo generando maggiori sprechi alimentari, aumento della produzione di CO2, maggiore pressione sull’utilizzo delle risorse scarse come acqua ed energia”.

L’abbiamo detto, questo è soltanto l’ultimo appello, in ordine di tempo, giunto dall’intero comparto industriale nazionale. È sempre di questi giorni un documento del settore cartario, sottoscritto oltre che da Assocarta e Assografici anche dalle componenti sindacali del comparto, che entra nel merito e stigmatizza come non si sia voluto tener conto delle tante proposte di compromesso emerse negli ultimi tempi, arroccandosi su posizioni “inique e discutibili”, oltre che incomprensibili se non dettate da un atteggiamento di mera e retrograda ideologia. Soprattutto quelle che riguardavano gli obiettivi di riutilizzo e le restrizioni su alcuni imballaggi e reintroducevano “il principio della Direttiva sull’interpretazione della gerarchia alla luce del minor impatto ambientale conseguibile” e suggeriva che gli obiettivi di riutilizzo fossero meno vincolanti per quegli Stati, come l’Italia, che avevano già raggiunto i target di riciclo.

La filiera della carta, viene ricordato, esprime un valore di 31 miliardi e mezzo di euro, generato da circa 162 mila addetti e 16 mila 369 imprese. Fornisce imballaggi al settore alimentare e farmaceutico. “Senza imballaggi molti trasporti sarebbero impossibili e molte merci fondamentali per la cittadinanza verrebbero a mancare”. Gli imballaggi di carta e cartone, grazie all’operato di Comieco, il consorzio del sistema Conai per il riciclo dei rifiuti di imballaggio,  sono riciclati per oltre l’85% ed hanno superato gli obiettivi previsti al 2030: “un valore che va preservato”.

Stesso discorso per il settore degli imballaggi in legno, che in Italia conta mille 530 imprese, quasi 14 mila occupati e un fatturato di 2 miliardi 700 milioni di euro. E quello dei pannelli che fattura 3 miliardi di euro l’anno. Intervistato da un quotidiano nazionale, il presidente di FederlegnoArredo, Claudio Feltrin, ha stigmatizzato il paradosso di un regolamento che “oltre a creare un grave danno economico alle imprese di questi settori, colpirebbe proprio una delle filiere più virtuosa in Europa in tema di economia circolare e che ha investito nel riciclo proprio rispondendo alle richieste della stessa Europa.  Il 90% dei pannelli truciolari,  infatti, è prodotto con legno riciclato, contro il 50% della Francia e il 45% della Germania”.

Il testo presentato dalla relatrice, la belga Frédérique Ries, del Gruppo Renew Europe, che verrà discusso in Plenaria al Parlamento Europeo il prossimo 22 novembre, penalizza e non poco quei Paesi che si sono rivelati virtuosi sul fronte del riciclo, come l’Italia. Se poi, come sembra, la presidenza spagnola sia intenzionata a far approvare un “orientamento generale” al prossimo Consiglio ambiente previsto per il 18 dicembre, significa che vi sono pochi margini di manovra per modificare la proposta  A meno che tutto il governo, compatto (la lettera è stata mandata anche ai ministri competenti, a cominciare da quello dell’Ambiente Pichetto Fratin, degli Esteri Tajani, delle Imprese Urso e dell’Agricoltura Lollobrigida) si faccia carico e affronti e porti a soluzione, ai più alti livelli, un problema di rilevanza nazionale per “un radicale riorientamento dell’impianto di questa proposta legislativa”.


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