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Non scherziamo sulla guerra ibrida russa contro Meloni

Più del giubilo, preoccupazione. Quanto accaduto alla leader del nostro governo non è uno scherzetto. Ironizzarci è automatico, riflettere però doveroso. Ora più che mai. L’editoriale della direttrice di Formiche.net Valeria Covato

Quello che ha avuto come protagonista la presidente del Consiglio Giorgia Meloni non è uno scherzo. È un’operazione di guerra ibrida, volta come tante altre attività russe (cinesi e iraniane), a creare tensioni e divisioni tra le opinioni pubbliche per indebolire il blocco Occidentale.

Due prankster russi, noti come Vovan e Lexus, hanno ingannato la premier facendole credere di parlare con il presidente della Commissione dell’Unione Africana nei giorni in cui Meloni era impegnata nelle riunioni del G20. Contesto credibile, contatto potenziale, tutto in regola nel quadro di certe operazioni.

Da sempre i media sono appassionati a questi giochetti, perché facilmente solleticano le collettività. Ironizzarci è automatico, riflettere però doveroso. Ora più che mai.

Russia, Cina e Iran utilizzano le capacità acquisite (e implementate negli ultimi dieci anni) contro le democrazie, con l’obiettivo comune di costruire un nuovo ordine mondiale.

Il tentativo era portare la presidente del Consiglio italiana a mostrare divisioni nel fronte che appoggia l’Ucraina — uno dei dossier in cui quell’ordine alternativo a quello del diritto internazionale democratico si è mobilitato. Risultato fallimentare perché Meloni non ha detto niente di così rilevante, esprimendo complessità note ma confermando il sostegno a Kyiv.

L’attacco da Pechino del ministro della Difesa russo contro l’Italia, accusata di militarizzare l’Indo Pacifico insieme alla Nato, così come la propaganda di Hamas che stiamo seguendo, fanno parte di questo contesto.

E qualcosa di simile a quanto accaduto a Meloni è toccato già ad altri leader internazionali, come il primo ministro spagnolo, Pedro Sanchez, il ministro degli Esteri danese, Lars Lokke Rasmussen, e l’ex segretario di Stato americano, Henry Kissinger.

Più del giubilo, quanto accaduto alla leader del nostro governo ci deve far riflettere sulle potenzialità che certe operazioni nell’information warfare possono raggiungere. Anche tenendo conto delle capacità ottenibili attraverso le nuove tecnologie — per esempio, la moltiplicazione che l’Intelligenza artificiale permetterà con il miglioramento delle deep fake.

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