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Anche all’Italia serve una riserva militare. L’idea di Cavo Dragone (e Crosetto)

In Italia c’è bisogno di altri 10mila militari per far fronte alle accresciute necessità di impiego delle Forze armate. Il capo di Stato maggiore della Difesa, ammiraglio Cavo Dragone, lancia l’allarme e propone una soluzione, di concerto con il ministro Crosetto: l’attivazione di una riserva nazionale da attivare in caso di necessità

Stanno crescendo gli impegni e le criticità internazionali, e gli attuali effettivi non bastano, servono più soldati. È stato questo il cuore dell’intervento del capo di Stato maggiore della Difesa, l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, in audizione alle commissioni congiunte Difesa di Camera e Senato. “visti i vari fronti in cui siamo impegnati, dal Medio Oriente al Fianco est della Nato al Mediterraneo allargato all’operazione Strade sicure in Italia, c’è bisogno di almeno altre 10mila unità aggiuntive in futuro” ha infatti affermato l’ammiraglio, sottolineando come le iniziative prese dal governo abbiano portato al “superamento della legge del 2012, aumentando il modello da 150mila a 160mila militari, ma servono altri passi in questa direzione”. Anche in occasione dell’approvazione in Consiglio dei ministri dell’aumento di 10mila unità per le Forze armate, riforma introdotta con la legge delega n.119 dell’agosto del 2022, approvata all’unanimità nella precedente legislatura, il ministro della Difesa, Guido Crosetto, era intervenuto registrando “l’ampliamento delle competenze e dei compiti delle Forze armate” non solo geografico, ma anche “a causa dell’aumento di attività nei nuovi domini emergenti dello spazio e del cyber”.

Una riserva ausiliaria

Oltre ai possibili aumenti di organico, il capo di Stato maggiore ha indicato anche un’altra strada per permettere alle Forze armate di avere a disposizione un numero adeguato di personale, attraverso “l’attivazione di una riserva ausiliaria dello Stato, costituita da personale proveniente dal mondo civile e da pregressa esperienza militare”. Questa soluzione, che vedrebbe la possibilità di impiegare i riservisti “in tempo di guerra o di crisi internazionale, così come in caso di stato d’emergenza deliberato dal Governo ovvero per emergenze di rilievo nazionale, connesse con eventi calamitosi” permetterebbe infatti di aggiungere unità al personale militare in servizio attivo, magari anche con compiti di retrovia, permettendo ai professionisti attivi di essere impiegati in compiti di prima linea (com’è, per esempio, il modello Usa basato sulla Guardia nazionale, che è stata impiegata in tutti i teatri operativi degli Stati Uniti). Sul tema era intervenuto anche il ministro Crosetto, sempre in audizione al Parlamento, che pure aveva sottolineato come la sospensione del taglio degli organici e l’aumento di personale non fosse abbastanza. “Serve rivoluzionare i settori del reclutamento e della formazione; i problemi della Difesa non si possono affrontare con le regole del pubblico impiego” aveva detto Crosetto, aggiungendo come i nuovi scenari rendessero necessario prendere in considerazione l’attività di una riserva, facendo il caso di Israele “che ha richiamato in pochi giorni 350mila soldati” o quello della Svizzera “che può mobilitare il doppio dei militari italiani”.

L’obiettivo del 2%

Naturalmente, per queste iniziative servono i fondi. E il capo di Stato maggiore è tornato sull’obiettivo del 2% del Pil da destinare alle spese per la Difesa, “che la Nato continua ad auspicare”. Come sottolineato da Cavo Dragone, il traguardo “dovrebbe essere raggiunto nel 2028, passando dai dai 27,7 miliardi del 2023 a 42 miliardi nel 2028, con un aumento di quindici miliardi in cinque anni”. Nella sua presentazione del Documento programmatico pluriennale 2023-2025, il ministro Crosetto aveva lanciato l’allarme sottolineando come, con gli attuali trend, l’Italia rischi di mancare il traguardo del 2028. “Il 2 % è centrale, ma siamo molto lontani” aveva detto Crosetto, aggiungendo come, con questi trend, l’obiettivo è “impossibile nel 2024 e difficile anche per il 2028”. Per realizzare i progetti contenuti nel Dpp, ha detto invece Cavo Dragone, è necessario “un piano finanziario di lungo termine, che garantisca piena stabilità e certezza di risorse nel tempo”.

Una legge triennale per la Difesa

Da qui la necessità di consolidare il percorso di crescita, al fine di garantire la costante alimentazione dei settori esercizio ed investimento “anche in una cornice di rivitalizzazione del legame con il Mimit a supporto della competitività dell’industria in un settore strategicamente rilevante”. “In quest’ottica, ha aggiunto Cavo Dragone “un nuovo modello di finanziamento dell’investimento basato su una ‘legge triennale’ fino al 2040, costituirebbe l’ideale paradigma di riferimento, congiuntamente all’incremento delle risorse per il settore esercizio, al fine di avvicinarsi il più possibile alla soglia del 2% del Pil”.

Esercito

Il capo di Stato maggiore è poi intervenuto sullo stato delle singole Forze armate, facendo il punto sui diversi progetti di ammodernamento e rinnovamento. Per quanto riguarda l’Esercito, di fronte alla minaccia di un potenziale conflitto di tipo convenzionale, resta necessario acquisire moderni sistemi d’arma, in grado di operare nel multi-dominio. Il riferimento è alle forze pesanti (carri armati e veicoli corazzati da combattimento) e artiglieria a lunga gittata. “In tale ottica – ha spiegato Cavo Dragone – si inquadrano i programmi di rinnovamento delle forze corazzate”. Tra questi ha ricordato i principali programmi, come l’acquisto dalla Germania dei carri Leopard 2 (a cui si aggiunge l’ammodernamento degli Ariete), lo sviluppo di una famigli di mezzi corazzati di nuova generazione (Armoured infantry combat system), l’evoluzione della capacità contraerei a cortissima gittata (Manpads) e dell’artiglieria di profondità (Himars), oltre a nuove infrastrutture dati e di simulazione addestrativa.

Marina

Per quanto riguarda la Marina, Cavo Dragone si è soffermato soprattutto sulla dimensione underwater, che “vede una rapida crescita delle attività civili e costituisce una frontiera tecnologica largamente inesplorata e di rilevanza strategica per le implicazioni sulle capacità di difesa nazionali, nonché per le potenziali ricadute in molteplici settori della blue economy”. In generale, la Marina sta rinnovando le sue infrastrutture (basi e aresenali) e potenziando le sue capacità antisommergibili, con l’evoluzione di tecnologie emergenti e dirompenti come i sistemi autonomi subacquei”.

Aeronautica

Sull’Aeronautica militare, invece, l’ammiraglio ha fatto riferimento al programma tra Italia, Gran Bretagna e Giappone per lo sviluppo di un caccia di sesta generazione, il Global combat air programme (Gcap) “che occupa uno spazio notevole nelle dotazioni finanziare della legge di bilancio 2023-2025; un programma, con rilevanti ricadute per l’economia dei tre Paesi, oltre che nel campo securitario, tecnologico, dell’innovazione, ricerca e sviluppo nel settore militare aerospaziale”.


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