Con notevole abilità politica e doti di equilibrismo, il leader socialista Pedro Sanchez è riuscito a varare il nuovo governo di centrosinistra della Spagna. Ma la “navigazione” parlamentare e sociale dell’esecutivo appare fin da subito difficoltosa. L’analisi di Gianfranco D’Anna
“Adelante Pedro, con juicio, si puedes” la frase di Alessandro Manzoni sembra riecheggiare nel Parlamento spagnolo che con 179 voti favorevoli e 171 contrari ha votato la fiducia al premier Pedro Sanchez.
Vincendo l’ennesima scommessa quasi impossibile, il leader socialista si è assicurato l’investitura al primo turno, dopo settimane di difficili negoziati, e potrà iniziare un nuovo mandato governatiivo che si preannuncia burrascoso, sia per le tensioni politiche esterne che quelle interne alla sua variegata coalizione.
Quell’“avanti, Pedro, con giudizio, se puoi”, si riferisce infatti all’espressione che nei Promessi Sposi di Manzoni viene usata dal Gran Cancelliere spagnolo di Milano Antonio Ferrer che si rivolge al cocchiere mentre la sua carrozza passa circondata dal popolo in rivolta per la carestia provocata dalla peste. Corsi e ricorsi storici.
Sanchez ha ottenuto la fiducia grazie agli accordi raggiunti con i partiti indipendentisti catalani Junts e Erc, Esquerra Republicana de Catalunya, con i baschi del Pnv. A favore del governo progressista Psoe-Sumar ha votato anche il rappresentante unico della Coalizione delle Canarie, che il mese scorso aveva votato a favore del leader del Partito Popolare, Alberto Nunez Feijoo, nel suo tentativo fallito di formare un governo.
L’intesa più complessa e travagliata é stata quella siglata dal leader del Psoe con il partito Junts, guidato dall’ex presidente catalano Carles Puigdemont, in cambio di un disegno di legge per concedere un’amnistia al militanti del movimento indipendentista catalano inquisiti negli ultimi 10 anni. Amnistia che ha scatenato le proteste del Partido Popular e dell’estrema destra di Vox.
Con toni e interventi diversi i due partiti denunciano in sostanza che Sanchez pur di rimanere alla Moncloa, il palazzo del Governo, avrebbe svenduto il Paese agli indipendentisti. Un “colpo di Stato”, ha esclamato in Parlamento il leader di Vox, Santiago Abascal.
Pur se le manifestazioni di piazza della destra non hanno raccolto la partecipazione che ci si aspettava, suscitano allarme la presenza di elementi nostalgici del regime franchista e in alcuni casi filo nazisti, protagonisti di violenze e disordini.
Secondo gli ambienti politici madrileni anche l’ala conservatrice della magistratura disapprova l’amnistia, tanto che la relativa legge rischia già di arenarsi sugli scogli della Corte Costituzionale. Che il nuovo governo Sanchez parta in salita lo evidenziano anche gli ultimatum del fronte catalano. I partiti indipendentisti non si nascondono che Sanchez ha “venduto” loro una macchina senza motore.
La preannunciata via crucis giudiziaria, e quindi l’effettiva applicazione dell’amministia non dipenderà dal governo. Ma gli accordi prevedono anche i finanziamenti regionalie e i trasferimenti di competenze, tutte materie su cui i catalani non transigeranno ma che non sono di immediata attuazione. Ai loro occhi Sanchez é quello che ha riscosso in anticipo ma ora attendono che gli impegni vengano rispettatoi. Una situazione analoga si prospetta anche con i nazionalisti baschi, che attendono le loro contropartite politico economiche.
Come se non bastasse, a complicare la vita del neonato governo Sanchez serpeggiano varie divisioni interne agli schieramenti nazionalisti: sia in Catalogna che nei Paesi baschi si avvicinano le elezioni regionali, ed è difficile che il dibattito eviti qualsiasi riferimento al passato caratterizzato da faide e divisioni politiche.
Per i commentatori spagnoli, il “juicio” di Pedro é quello dell’unità nazionale. Un ritorno alla concordia nazionale, con scelte politiche che vengano percepite come tali. Le uniche che potrebbero permettergli di non pagare troppo nei sondaggi la scelta di concedere l’amnistia, almeno a medio termine.