Aprire porte e finestre dei partiti, ridare agli elettori il potere di scegliersi i propri rappresentanti, ridare slancio alla partecipazione, al controllo nei servizi, sostenere le attività autonome dei cittadini nella organizzazione dei propri servizi attraverso la sussidiarietà: questo è il modo per fare forte la democrazia, le istituzioni, di fare forte la Repubblica
La proposta di Giorgia Meloni di eleggere direttamente il presidente del Consiglio attraverso il voto diretto degli elettori così da fornire all’eletto il premio per il pieno controllo del Parlamento con il 55% dei suoi deputati e senatori, ha ormai sufficientemente delineato i confini dei sostenitori e quelli dei contrari.
Gli oppositori l’accusano di promuovere l’autoritarismo paventando futuri cupi scenari, e di ingabbiare comunque le istituzioni democratiche con il fine di svuotare la funzione del Presidente della Repubblica, sempre rispettata e benvoluta dagli italiani.
A queste accuse Meloni risponde che persegue solo l’obiettivo politico di garantire al Paese stabilità e forza agli esecutivi, ed anzi si meraviglia che la critica viene da partiti di opposizione che in passato hanno essi stessi mirato a tale obiettivo.
Ma la radice della debolezza della politica e dei governi, risiede non dall’architettura istituzionale disegnata dalla Costituzione, ma da forti trasgressioni avvenute contro di essa. Occorre che si riconosca e si rimedi al sostanziale fallimento della funzione costituzionale dei partiti; di partiti personali senza vivacità interna in quanto sovrastati da leader che si fanno forti della nomina sic et simpliciter dei parlamentari.
Ci si aspetterebbe che si rimuovessero queste devianze prima di promuovere l’elezione diretta o di mettersi contro essa. Già, perché la debolezza dei governi è da attribuire al sequestro dei poteri repubblicani per favorirne altri privati di ristretti gruppi organizzati dentro e fuori i partiti.
Infatti la stessa attuale opposizione a Meloni fa il suo gioco non chiarendo la propria posizione sulla natura dei partiti odierni, chiusi in una irresponsabile autofagia da quando hanno deciso di interrompere la circolazione vitale nei suoi meccanismi associativi. Chiudendosi all’apporto dei cittadini nella loro vita interna secondo le indicazioni costituzionali, è cresciuto il populismo che rappresenta il sintomo piu evidente del distacco tra la classe dirigente e i cittadini.
Insomma i partiti non garantiscono linfa alla democrazia ed anzi la privano dell’essenziale vitalità nel ricambio della classe dirigente da cui attingere forza e responsabilità. Dunque lo schieramento che si oppone alla elezione diretta, se vuole essere compreso dai cittadini ed essere credibile nella battaglia che si sta delineando con il referendum, dovrà opporre alla via sbagliata della verticalizzazione del potere quale succedaneo per la stabilità di governo, quella della partecipazione ad ogni livello, riaprendo credibilmente ogni canale ostruito della partecipazione democratica a partire da se stessi.
Aprire porte e finestre dei partiti, ridare agli elettori il potere di scegliersi i propri rappresentanti, ridare slancio alla partecipazione e al controllo nei servizi più importanti come della sanità e della istruzione spesso deviati, sostenere le attività autonome dei cittadini nella organizzazione dei propri servizi attraverso la sussidiarietà, questo è il modo per fare forte la democrazia, le istituzioni, di fare forte la Repubblica.