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Torna la “golden era” Uk-Cina? Cameron nuovo segretario agli Esteri

Dopo 7 anni l’ex premier è di nuovo al governo. Il rimpasto, iniziato con il licenziamento di Braverman dall’Home Office, sottolinea la volontà di Sunak di concentrarsi sulle sfide interne in vista delle elezioni dell’anno prossimo. Ma non mancano i dubbi nel partito e fuori

Oggi ci si sente tutti un po’ più giovani. Il merito di questo “ritorno al futuro” è di David Cameron, tornato al governo nel Regno Unito come segretario agli Esteri nel gabinetto di Rishi Sunak sette anni dopo essersi dimesso da primo ministro in seguito alla sconfitta del Remain al referendum sull’uscita del Regno Unito dall’Unione europea.

Dalla fine della Seconda guerra mondiale era capitato soltanto un’altra volta che un ex primo ministro venisse chiamato alla guida del Foreign Office. Con un altro esponente tory, Alec Douglas-Home, richiamato da Edward Heath (1970-1974). Oggi Cameron, la cui apparizione al numero 10 di Downing Street stamattina ha sconvolto tutti i cronisti presenti (lo staff del primo ministro è stato lodato per la mancanza di indiscrezioni), è stato anche nominato Lord da re Carlo III. Ed è la terza volta di un segretario agli Esteri che siede alla Camera alta di Londra. Prima era capitato a Douglas-Home nel governo di Harold Macmillan (1960-1963) e a Peter Carington durante il primo governo di Margaret Thatcher (1979-1982).

Il rimpasto, voluto dal primo ministro Sunak per dare al governo una ventata di novità, è iniziato con la rimozione di Suella Braverman da ministra degli Interni. Un suo articolo sul Times di giovedì aveva innescato le polemiche sulla politica, già molto criticata e soprannominata “Cruella” (cruel significa crudele) per la sua linea dura sull’immigrazione assimilata a un’invasione. Nel pezzo (che poi si è scoperto non era stato approvato da Downing Street) criticava quelle che ha definito “folle filo-palestinesi”, dicendo che le scene di protesta “ricordano in modo inquietante” quelle viste in Irlanda del Nord, accusava la polizia metropolitana di avere un “doppio standard”. Sunak è riuscito a convincere James Cleverly a lasciare il Foreign Office a Cameron per andare a guidare l’Home Office. “Will stop the boats”, l’ha presentato il Partito conservatore sottolineando come l’immigrazione sia una della priorità della destra britannica nonostante il passaggio da un falco a una colomba. Ha lasciato il governo anche Will Quince, segretario alla Salute.

Poco più di un mese fa Cameron aveva duramente criticato Sunak per la decisione, piuttosto impopolare, di abbondonare l’ambizioso progetto infrastrutturale che avrebbe portato alla realizzazione di un collegamento ferroviario ad alta velocità tra Londra e Manchester, passando per Birmingham. Il suo ritorno e la sua esperienza internazionale, però, permettono al primo ministro di concentrarsi sulle questioni interne, a partire dalle difficoltà economiche, in un contesto internazionali complesso, segnato dai conflitti in Ucraina e in Israele, oltreché dall’avanzata cinese. Inoltre, gli consentono di rispondere alle accuse di chi, come l’ex primo ministro Boris Johnson, l’hanno descritto come un “lacchè” di Dominic Cummings visto che tra quest’ultimo, ideologo della Brexit, e Cameron non scorre buon sangue (eufemismo). Infine, Cameron potrebbe aiutare Sunak a contrastare l’avanzata dei liberal-democratici nel Sud in vista delle elezioni previste alla fine dell’anno prossimo o all’inizio di quello successivo.

“Questo rimpasto darà al primo ministro una squadra unita per realizzare il cambiamento di cui il Paese ha bisogno nel lungo periodo”, ha dichiarato un portavoce del numero 10 di Downing Street rilanciando il “cambiamento” che era stato al centro del discorso di Sunak alla conferenza tory del mese scorso. “Credo nel servizio pubblico”, ha dichiarato Cameron spiegando di voler aiutare Sunak “a garantire la sicurezza e la prosperità di cui il nostro Paese ha bisogno”.

Tuttavia, molti nel partito si chiedono se il ritorno di Cameron, sommato a un cancelliere (Jeremy Hunt) al governo per buona parte degli ultimi 13 anni di esecutivi tory, sia il modo migliore per favorire il cambiamento dopo e ricordano al primo ministro le sue critiche, nel discorso di ottobre, a quelli che aveva definito 30 anni di politica a breve termine. Inoltre, il licenziamento di Braverman ha alimentato nuovi risentimenti nell’ala destra e populista del partito.

Queste non sono le uniche difficoltà del ritorno di Cameron, di cui il Sun già scriveva cinque anni fa. L’ex premier ha nel curriculum decisioni criticate come quelle sulla Libia e sulla Siria, senza dimenticare quella di indire il referendum del 2016 (probabilmente per ragioni interne al partito e alla destra britannica) che ha portato il Regno Unito sulla via della Brexit e lui a dimettersi da primo ministro dopo essersi battuto duramente (a differenza dell’allora leader laburista Jeremy Corbyn) per il Remain.

C’è, infine, la questione Cina. Tornerà la “golden era”? Se lo chiedono in molti nel Partito conservatore e all’estero. Il contesto internazionale è profondamente mutato negli ultimi sette anni, con la competizione tra Stati Uniti e Cina che è sempre più accesa e coinvolge sempre di più gli altri Stati. I documenti strategici degli ultimi governi britannici lo dimostrano, sottolineando la necessità di una maggiore prudenza nell’apertura alla Cina. Nelle scorse settimane Cameron è stato duramente criticato per aver promosso, come rivelato da Politico, un progetto del governo cinese su un porto in Sri Lanka, parte della Belt and Road Initiative. L’estate scorsa la commissione parlamentare per l’intelligence ne aveva criticato il coinvolgimento in un fondo anglo-cinese da un miliardo di sterline. Il suo ruolo da vicepresidente potrebbe essere stato pensato in parte per dare credibilità agli investimenti cinesi sfruttandone l’immagine, si legge nel rapporto.

In Italia, Cameron ha una persona di grande fiducia. Si tratta di Edward Llewellyn, ambasciatore britannico a Roma da quasi tre anni. La loro amicizia è nata all’Eton College ed è proseguita in politica nel Partito conservatore: Llewellyn è stato capo di gabinetto di Cameron sia quando questi ricopriva era leader dell’opposizione (dal 2005 al 2010) sia al numero 10 di Downing Street (dal 2010 al 2016). Assieme sono stati i protagonisti di una stagione che probabilmente, se non fosse stato per quella scelta del referendum, sarebbe durata diversi anni ancora. Toccherà in primis proprio a Cameron, assieme a Cleverly e Grant Shapps, da fine agosto segretario alla Difesa, lavorare con Roma sui dossier principali. A fine aprile i due governi hanno firmato un memorandum d’intesa sulla cooperazione bilaterale rafforzata.

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