Meta avrebbe chiuso un accordo preliminare con il colosso dei videogiochi Tencent per la vendita dei visori dalla realtà aumentata. Nel 2009, in seguito a delle proteste nello Xinjiang, Facebook venne chiuso su decisione di Pechino. Ora torna ma…
Il ritorno di Meta in Cina è già una notizia di per sé, che lo faccia con i visori dalla realtà aumentata è una sfida ancor più intrigante. Quattordici anni dopo aver chiuso Facebook, Mark Zuckeberg sembra aver raggiunto un accordo con Tencent Holding, la società videogiochi più importante al mondo, che gli permetterà di rientrare nel mercato. Sebbene si tratti di un’intesa preliminare, i cui dettagli possono essere soggetti a cambiamenti nonostante un anno di trattative, l’azienda americana dovrebbe guadagnare dalla vendita dei suoi visori, che avverrà per mano di Tencent a partire dal prossimo anno, mentre quella cinese incasserà dai contenuti disponibili su questi dispositivi. Come ha scritto il Wall Street Journal, primo a dare la notizia, bisognerà capire alcune questioni visto che la Cina non ha ancora emanato leggi per regolamentare la realtà aumentata, mentre lo ha fatto per imporre una stretta sui videogiochi. Tanto per dirne una: non è chiaro se Tencent dovrà richiedere l’autorizzazione al governo per offrire i contenuti sulle cuffie di Meta, così come è stato richiesto per i prodotti a firma Nintendo Switch.
Sono cavilli importanti, ma tuttavia di contorno rispetto a quella che è la storia principale. Il come back di Meta è clamoroso, perché avviene in un momento di forte tensione tra le due superpotenze, con l’amministrazione Biden che limita sempre più l’export tecnologico verso il Dragone, e perché il mercato dei visori non rappresenta proprio una garanzia.
Per quanto riguarda il primo punto, le intenzioni di Washington sono chiare. L’obiettivo è di evitare che la diretta rivale possa in qualche modo beneficiare del know how americano, soprattutto in termini militari. Microsoft ha annunciato che l’esercito statunitense utilizzerà i visori per realtà aumentata basata sulla tecnologia HoloLens. Dai primi test si era scoperto che causavano nausea, mal di testa e affaticamento agli occhi, quindi andavano migliorati. Ci sono riusciti, sebbene rimangano alcuni limiti da abbattere. Tutto questo per dire che, sebbene non sia ancora il caso di Meta, la tecnologia utilizzata per strumenti potrebbe essere inserita nella black lista della Casa Bianca.
Passando invece alle questioni economiche, vendite nel 2023 sono crollate del 56% in Cina, mentre in tutto il mondo le spedizioni sono scese: nel terzo trimestre hanno registrato un -44,6% e a fine anno si attesteranno sotto gli 8,5 miliardi di dollari. Forse un motivo in più che ha spinto l’azienda californiana a pensare a un prezzo più basso rispetto al resto dei Paesi, ma ancora non è stata dichiarata la cifra (le cuffie Quest 2 si aggirano sui 300 dollari, Quest 3 sui 500 dollari, mentre Quest Pro sui 1000 dollari). Fatto sta che con questa mossa, Meta entrerà in competizione diretta con ByteDance, madre dei visori Pico (43% delle spedizioni complessive dello scorso anno) e terza forza mondiale nel settore: separarle, Sony con Playstation VR.
Un aspetto tutt’altro che secondario da approfondire è il modo in cui reagirà il governo cinese. Pechino aveva messo alla porta Facebook nel 2009, quando la piattaforma era stata il mezzo con cui organizzare proteste degli uiguri a Urumqi, nella regione dello Xinjijang. Il social network era stato dunque etichettato dalle autorità come un possibile strumento per capitalizzare il consenso antigovernativo, ragione sufficiente per espellerlo dal Paese. Per stare proprio tranquilli, aveva chiuso anche tutti i proxy con cui gli utenti avrebbero potuto aggirare il blocco.
Successivamente i rapporti sono hanno vissuto momenti altalenante. Per iniziare dall’ultimo periodo, temendo la concorrenza di TikTok che è stata accusata di non utilizzare gli stessi standard delle sue rivali sulla libertà d’espressione, Zuckerberg si era espresso contro la Cina. Tre anni fa, ad esempio, davanti al Congresso statunitense aveva affermato con convinzione come il Paese “rubi la tecnologia alle aziende americane”. Eppure, senza l’approvazione del governo cinese è molto difficile entrare nel mercato nazionale, per non dire quasi impossibile. Una conferma arriva da Apple, che si può dire abbia trovato l’Eldorado in Oriente: l’anno scorso ha venduto più iPhone in Cina che negli Stati Uniti. Discorso simile per Tesla, che nella Cina ha uno dei suoi mercati più floridi. Durante il suo esilio, Meta ha comunque venduto ad aziende cinesi spazi pubblicitari su Facebook e Instagram. Ma un conto è ospitare, un conto è farsi ospitare.
Compiendo invece un passo indietro, la questione era stata trattata la scorsa estate sempre dal Wsj, che si interrogava proprio su come Zuckerberg avrebbe ottenuto il perdono da parte del presidente Xi Jinping. Nel corso di questi anni l’imprenditore ha tentato di persuadere i funzionari cinesi e ha cercato di mostrarsi propositivo. Nel 2014 è entrato nel consiglio di amministrazione della School of Economics and Management della Tsinghua University, l’anno dopo ha incontrato Xi Jinping quando è andato negli States per una visita presidenziale, ha studiato mandarino parlandolo di fronte agli studenti in un discorso di oltre venti minuti, ha promosso una campagna anti smog a Pechino facendo jogging a piazza Tienanmen, ha addirittura pensato di creare uno strumento apposito per far sì che fosse adattabile alle regole cinesi. Basterà per essere riaccolto?