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Due anni di aggressione russa all’Ucraina. Il bilancio del generale Jean

La situazione è di stallo ora e verosimilmente si prolungherà per gran parte del 2024, se non per tutto l’anno a venire. Nello scontro militare, la tecnologia moderna avvantaggia la difensiva rispetto all’offensiva. Non esistono le condizioni perché i responsabili politici delle due parti ridimensionino i loro obiettivi. E le opinioni pubbliche ucraina e russa sono a favore della continuazione del conflitto. Il bilancio di quasi due anni di guerra del generale Carlo Jean

I quasi due anni della guerra in Ucraina hanno avuto caratteristiche del tutto differenti. Il primo ha visto – dopo l’iniziale incredulità generale sulla scarsa efficienza delle forze russe – il prevalere degli ucraini. Essi hanno respinto in marzo-aprile — praticamente annientandole — le  forze russe lanciate su Kyiv. Poi, a settembre-ottobre hanno travolto le difese russe a Nordest, nella zona di Kharkiv, e riconquistato Kherson, l’unica grande città sul Mar Nero occupata dai russi nei primi giorni della guerra. I successi ucraini sembravano solidi, come lo era il sostegno della grande coalizione occidentale a guida americana, che forniva armamenti e risorse economiche a Kyiv.

Il secondo anno di guerra iniziò con grandi speranze da parte degli ucraini e dei loro sostenitori. Kyiv ha “pompato” – malgrado i molti inviti alla cautela, tra cui quelli del generale Mark Milley, capo delle FF.AA. Usa – obiettivi e potenzialità della controffensiva di primavera, poi ritardata all’estate. Essa avrebbe dovuto riconquistare tutti i territori perduti, anche la Crimea, costringendo Vladimir Putin a negoziare una pace in condizioni di debolezza. L’Ucraina avrebbe potuto ottenere adeguate garanzie di sicurezza, in pratica una sorta di protezione da parte degli Usa e della Nato.

Il Cremlino nella sosta invernale prolungatasi fino a giugno ’23, aveva imparato la lezione dalle sconfitte subite e adottato adeguate contromisure strategiche e tecniche. Sotto il profilo strategico, era stata accantonata la dottrina dell’offensiva ad oltranza, i cui capiscuola erano stati i marescialli sovietici Tuchacevskij e Zukov, a favore di una “clausewitziana”, sostenuta dal Capo di Stato Maggiore generale Valery Gerasimov, allievo di Aleksandr Svechin — già comandante dell’Accademia Frunze – che aveva valorizzato la difensiva, come forma più forte del combattimento, perché consentiva di infliggere perdite maggiori al nemico. Il generale Sergej Surovikin costruì un esteso sistema di fortificazioni, con varie linee difensive protette da campi minati profondi 500 metri – invece dei 120 metri previsti dalla dottrina tattica. Sotto il profilo tecnico, l’innovazione più importante russa riguardò la diffusione capillare di sistemi di guerra elettronica, in grado di neutralizzare i sistemi di guida Gps utilizzati dalle armi a lunga gittata date agli ucraini dall’Occidente. Ridussero in tal modo la precisione di gran parte dei sistemi a lunga gittata, che tanti danni avevano inflitto alle forze e al sistema di rifornimento russi. Rimasero pienamente efficaci per Kyiv solo le munizioni a guida inerziale.

La controffensiva ucraina, partita spericolatamente con grandi perdite, è fallita. Il suo fallimento – che Volodymyr Zelensky, preoccupato del sostegno interno e internazionale, non ha voluto riconoscere per un tempo irragionevolmente lungo – ha avuto conseguenze negative non solo militari, ma anche politiche interne e con i suoi sostenitori internazionali. Sotto il profilo militare, la continuazione della controffensiva ha aumentato il logoramento delle sue forze. Inoltre il mantenimento dell’obiettivo di riconquistare tutti i territori perduti ha tolto credibilità al prestigio strategico di Kyiv, dimostrando che non sapeva adeguare fini e mezzi. Ciò ha anche determinato tensioni fra Zelensky e i suoi comandanti militari, preoccupati di vedere distruggere le forze necessarie ad un mutamento della strategia ucraina dall’attacco alla difesa, più compatibile con le risorse disponibili.

Per inciso non credo – a differenza di quanto affermato da Richard Haass e Charles Kupchan su Foreign Affairs – che tale drastico mutamento di strategia, mettendo Kyiv in condizioni di resistere più a lungo – possa indurre Putin a trattative di pace. Con i disastri provocati dall’aggressione all’Ucraina, Putin non può rinunciare a una vittoria completa: de-nazificazione, smilitarizzazione, russificazione dell’Ucraina (ricordiamo anche quanto vuole fare Kirill con i “gay”, stranamente non menzionato dai cd “putiniani” italici).

Ma soprattutto “l’aver venduto la pelle dell’orso prima di averlo ucciso” ha fatto sì che le continue prediche di Zelensky abbiano contribuito a diminuire il sostegno per Kyiv delle opinioni pubbliche e dei politici occidentali, ormai assorbiti da altri eventi, come da quelli in Medio Oriente, ma soprattutto dall’approssimarsi di numerose scadenze elettorali. Il sostegno all’Ucraina è divenuto oggetto di scontro e di ricatto politico interno a vari Paesi occidentali e fra di loro.

La situazione è di stallo ora e verosimilmente si prolungherà per gran parte se non per tutto il 2024. Nello scontro militare, la tecnologia moderna avvantaggia la difensiva rispetto all’offensiva. Non esistono le condizioni perché i responsabili politici delle due parti ridimensionino i loro obiettivi. Le opinioni pubbliche ucraina e russa sono a favore della continuazione del conflitto. Forse l’unico evento che potrebbe avere un impatto maggiore di qualsiasi altro sull’esito della guerra in Ucraina è l’elezione di Donald Trump a presidente degli Usa, qualora beninteso mantenga fede alle sue dichiarazioni elettorali. Lo ritengo tutt’altro che certo. Nella precedente esperienza presidenziale era partito giurando di allearsi con la Russia, ma era finito nel trasferire armi controcarri all’Ucraina!

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