Skip to main content

La Bce non illude sui tassi, ma dagli Stati Uniti arriva una buona notizia

Francoforte lascia invariato il costo del denaro e anticipa la fine degli stimoli nati con la pandemia, rinviando quella inversione di tendenza che per l’Italia e il suo debito sarebbe stata un toccasana. Ma la retromarcia annunciata dalla Federal Reserve fa ben sperare

Poteva essere una piccola festa, ma così non è stato. Per l’Italia, che il prossimo anno spenderà poco meno di 90 miliardi di interessi per finanziare il proprio debito pubblico sempre più vicino ai 3 mila miliardi, sarebbe stato un bel regalo di Natale poter leggere, tra le parole di Christine Lagarde, una possibile retromarcia monetaria sui tassi. Perché se oggi Roma paga così tanto per assicurarsi la sostenibilità del debito, è anche a causa dei dieci rialzi consecutivi per mano della Banca centrale europea, che hanno portato il costo del denaro al 4,50% nella zona euro. Non è certo un caso che il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, stia lottando furiosamente in Europa per sganciare la spesa per gli interessi dal deficit, nell’ambito dei negoziati per il nuovo Patto di stabilità (qui l’intervista all’economista Domenico Lombardi).

E invece no. La Bce ha lasciato per la seconda volta invariati i tassi e frenato sui tempi del primo taglio. Il Consiglio direttivo ha deciso, come già la Federal Reserve e la Bank of England, di mantenere invariati i tre tassi di interesse di riferimento: quello sui rifinanziamenti principali resta fermo al 4,50%, quello sui depositi al 4% e quello sui prestiti marginali al 4,75%.

L’Eurotower non ha però corroborato le speranze dei mercati in un’inversione della politica restrittiva adottata a partire dall’estate 2022, con un primo taglio dei tassi nel 2024. Nonostante abbia ridotto le sue previsioni sull’inflazione, la linea di Francoforte al momento rimane invariata e molto più da falco. Peccato, perché un primo sgonfiamento dei tassi, o anche solo un’annuncio in quel senso, avrebbe potuto dare al Tesoro la certezza che il debito potesse costare un po’ meno il prossimo anno. Arrivando, magari, ad ammorbidire lo stesso confronto in atto sul Patto.

E falco la Bce lo è stata anche per quanto riguarda il sostegno della stessa Eurotower ai debiti sovrani. La Bce ha infatti deciso a larga maggioranza di accelerare l’uscita dal programma straordinario di stimoli varato durante il Covid: reinvestirà il capitale rimborsato sui titoli in scadenza del Programma di acquisto per l’emergenza pandemica (Pepp) soltanto nella prima parte del 2024. Va bene, ma non tutto è perduto. Ci sono alcuni dettagli che possono riaccendere una piccola speranza per i mesi a venire e magari riscrivere quelle stime che vogliono la spesa per interessi italiana nel 2026 a 103 miliardi.

Tanto per cominciare, quello odierno è il secondo stop consecutivo, dopo dieci rialzi di fila. Questo vuol dire che ormai a Francoforte sono convinti del fatto che l’attuale livello di tassi sia sufficiente a governare l’inflazione, la cui curva sta scendendo un po’ in tutta Europa (la stessa Bce ha previsto una traiettoria al ribasso, fissando l’asticella nell’eurozona al 2,7% nel 2024 e al 2,1% nel 2025). E lo stesso dato attuale, quello di novembre, è al 2,4%, meno di mezzo punto percentuale dall’obiettivo ufficiale dell’istituzione.

Se la Lagarde si è presa una pausa è comunque anche merito, anche, del disimpegno messo in campo dai falchi tedeschi. Proprio nei giorni scorsi Isabel Schnabel, economista e membro del comitato esecutivo, da sempre teorica del rigore, ha alzato bandiera bianca, respingendo l’idea di nuove sgasate sui tassi. Poi c’è il fattore Fed. La scorsa notte, la Banca centrale americana ha sì confermato gli attuali tassi, ma ha preannunciato tre round di tagli per il 2024.

La Bce, anche se con un po’ di ritardo, non potrà non accodarsi al nuovo orientamento monetario, che presto o tardi verrà assimilato da Francoforte. E non è certo un caso che i banchieri centrali americani si attendano di tagli tra 50 e 100 punti base nel prossimo anno. Dunque, gli Stati Uniti uniti si preparano a mettere i motori indietro tutta. E per l’Italia è comunque una buona notizia.

 

×

Iscriviti alla newsletter