Ribadendo il diritto dell’Ucraina a difendersi, per costruire un percorso di pace e sviluppare un’azione complementare a quella delle diplomazie dei governi, va perseguito lo strumento dei corpi civili di pace europei. Il convegno organizzato alla Camera dalla deputata pentastellata Federica Onori
“Che cos’è la guerra?”. In quella domanda, sembra sfiorire l’adolescenza nel volto della ragazza che la pronuncia. A 14 anni non è giusto vivere sotto una pioggia di bombe. Kiev, ottobre scorso. La missione del Mean (movimento europeo di azione nonviolenta) issa la bandiera della speranza. E promette, davanti ai volti che biancheggiano sul memoriale di Bucha, che il massacro non sarà dimenticato. Il video che racconta la missione in Ucraina, realizzato da Felipe Goycoolea, è un pugno nello stomaco. Disegna il perimetro di una responsabilità collettiva.
La deputata del Movimento 5 Stelle Federica Onori era là, assieme a una folta delegazione di attivisti e amministratori locali. Proprio nel solco dell’impegno assunto a Kiev ieri, nella sala dei gruppi parlamentari della Camera dei deputati, ha realizzato il convegno “Costruire la pace attraverso lo strumento dei corpi civili di pace europei”.
Il parterre degli ospiti è di primissimo livello. Dal primo vicepresidente della Commissione per l’integrazione dell’Ucraina nell’Unione europea, Vadym Halaychuk, passando per l’eurodeputato del Movimento 5 Stelle Fabio Massimo Castaldo, Paolo Bergamaschi, esperto di Est Europa, già consigliere politico della Commissione Esteri del Parlamento europeo, il coordinatore del Cosdar, Marcello Bedeschi, la sociologa e attivista del Mean, Marianella Sclavi e il portavoce del Mean, Angelo Moretti.
A indicare la stella polare e l’orientamento del convegno è la “regista” dell’incontro. “L’obiettivo di questo appuntamento – spiega Onori in apertura – è fornire una prospettiva non ideologica e fuori dalla bagarre mediatica su una strada poco praticata, ma estremamente utile per tentare di costruire una pace giusta in Ucraina”.
Il perno del ragionamento della deputata parte da un principio: “Esiste un aggredito – l’Ucraina – che ha tutto il diritto di difendersi, anche militarmente. E un aggressore: la Russia dell’autocrate. Questo va ribadito senza ambiguità. Ma per tentare di costruire la pace, oltre all’azione diplomatica demandata ai governi, va affiancata l’azione della società civile. Di qui nasce l’idea di rilanciare i corpi civili di pace europei”.
L’eurodeputato Castaldo, pur ammettendo qualche difficoltà interna a tenere certe posizioni, parla a chiare lettere di “barbarie russa contro l’Ucraina”. A questo punto, aggiunge, “non c’è più spazio per l’ambiguità”. Dal momento che l’azione diplomatica dei governi “non ha sortito al momento gli effetti sperati, occorre lavorare sui corpi civili di pace, nel nome di Langer”. Su questo l’esponente grillino, membro della Commissione Esteri all’Europarlamento, ha presentato due risoluzioni che verranno discusse all’inizio del prossimo anno.
“Ci sono Paesi in Europa – conclude Castaldo – che faticano ancora a riconoscere la portata delle atrocità commesse dalla Russia di Putin. È inaccettabile: la politica in questo senso deve invertire la rotta e lavorare sui corpi civili di pace europei, aumentando la consapevolizzazione dell’opinione pubblica sul conflitto e rafforzando gli anticorpi contro la propaganda russa”.
A Sclavi è affidato il compito di esporre i contenuti del Manifesto per i corpi civili di pace europei, stilato dal Mean dopo la missione di ottobre. Sono due i cardini del documento. “La presenza costante della società civile sul territorio ucraino e la costruzione di un contesto che sfavorisca l’escalation che poi porta alla conflittualità”. Questi sono, in qualche misura, gli impegni che si assumono i corpi civili.
Già, la società civile. Richiamata a più riprese anche durante l’intervento del vicepresidente della commissione ucraina. “La capacità di coinvolgere la società civile – dice Halaychuk – è fondamentale sia per il percorso di costruzione della pace, sia per il processo di integrazione europea dell’Ucraina. La presenza dei volontari, nel nostro Paese, è fondamentale”.
Tenere accesa la fiammella della speranza, nell’oscurità della guerra. Seguendo e calcando la mano “sul marchio di fabbrica dell’Unione Europea: costruire la pace, attraverso la mediazione non utilizzando l’hard power”. Bergamaschi esorta in questo senso la politica a muoversi nella direzione dei corpi civili di pace cercando di portare avanti “un’azione a tenaglia fra il parlamento nazionale e quello Europeo”. Ma “dobbiamo muoverci”. Di qui l’invito alla deputata onori a presentare un’interpellanza su questi punti “rivolta al vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani”.
Il Manifesto dei corpi civili rappresenta un impegno trasversale, un testimone da consegnare anche alla nuova governance europea dopo le elezioni della primavera prossima. Nel frattempo, è stata avviata una raccolta firme per sostenerlo. E chi, meglio degli amministratori può fare questo lavoro di sensibilizzazione? Il coordinatore del Cosdar (propaggine dell’Anci), non ha dubbi. Nel solco di Giorgio La Pira. “Il cammino del Mean sarà molto lungo – premette – ma la pace va incarnata, vissuta. Ci vogliono persone consapevoli e partecipi. Ed è per questo che i comuni – gli enti locali che rappresentano la dimensione della prossimità – possono rivestire un ruolo nevralgico in questo processo”.
Lo sguardo di Bergamaschi è rivolto ai giovani, alla scolaresca presente in sala. Gli occhi incrociano quelli di Marco Bentivogli, ex sindacalista, attivista del Mean e fondatore di Base Italia, che a sorpresa interviene nel dibattito. “Aveva ragione Langer – esordisce -: l’azione dei governi non può essere sufficiente nella costruzione dei percorsi di pace. Ed è per questo che l’azione dei corpi civili, specie in un contesto così fortemente polarizzato, non deve intendersi come sostitutiva, ma complementare ai percorsi diplomatici”.
È il portavoce del Mean Moretti a dare lo sprint finale, auspicando che possa essere l’Italia “il Paese apripista per la proposta dei corpi civili di pace in Europa”. È un impegno che non si può più rimandare. Un’azione che parte da una dimensione valoriale ben precisa: “Il Manifesto di Ventotene, di Altiero Spinelli”. Un patrimonio “di saperi e valori, che va messo al servizio della costruzione della pace”. Ancora una volta, una pace che si basi “sulla testimonianza diretta di ciò che è e di ciò che è stato. Andando in Ucraina, essendo presenti. Solo in questo modo, si può pensare di realizzare un percorso che abbia un senso e una ricaduta pratica”. Non bastano i valori, ma serve il valore della testimonianza.