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Cyber e IA. Cosa può insegnare l’esperienza indiana secondo Mayer

Pubblichiamo una sintesi della relazione di Marco Mayer all’International Conference on Cyberlaw, Cybercrime & Cybersecurity 2023 svoltasi nei giorni scorsi a Nuova Delhi, in India

Contrariamente a quanto si sostiene nei media mainstream, la rivoluzione digitale in cui siamo immersi produce effetti differenziati nei vari Paesi del mondo. Per analizzare correttamente le diverse caratteristiche delle società digitali, le principali variabili di cui tener conto sono almeno tre: i sistemi politici e istituzionali; il contesto storico, economico-sociale e religioso; le capacità tecnologiche e la resilienza digitale delle singole nazioni. Sotto questo profilo, il concetto di neutralità tecnologica (molto caro all’Unione europea) dovrebbe essere ripensato perché rischia di offuscare le molteplici e reciproche interazioni che si determinano tra sviluppo tecnologico, dinamiche di potere e valori identitari che caratterizzano i diversi Paesi.

In India, la società digitale presenta alcuni elementi peculiari su cui vale la pena soffermarsi. Innanzitutto, è la più grande democrazia del mondo. I processi di digitalizzazione (nonché le misure di cybersecurity dei layer fisici, logici e sociali del cyberspace) devono pertanto tener conto del rispetto delle libertà fondamentali, dei diritti dei cittadini e delle minoranze, della separazione dei poteri, del pluralismo politico e della libertà di stampa. Sotto il profilo del sistema politico, è molto netta la differenza rispetto al totalitarismo digitale che regna in Cina. Con il social credit system e altre misure di sorveglianza tecnologica, il Partito/Stato è in grado di monitorare 24 ore su 24 il comportamento dei cittadini, delle famiglie e delle imprese. La pervasività dei livelli di sorveglianza è emblematicamente evidenziata dalla vicenda del medico Li Wenliang, censurato dalla polizia perché aveva comunicato via WeChat ad alcuni colleghi il suo allarme nella fase iniziale della pandemia del Covid19 a Wuhan.

Tornando alla realtà indiana, è importante sottolineare la grande attenzione politica e accademica agli sviluppi futuri dell’Intelligenza Artificiale generativa. In India, il suo utilizzo dovrà rispettare i valori della Costituzione e i dettami della Corte Suprema che sanciscono la necessità della supervisione e del controllo umano di tutti i processi di automazione nel sistema giudiziario e degli altri settori dell’amministrazione pubblica. La giurisprudenza della Corte Suprema ha più volte sancito nelle sue sentenze che la tecnologia deve essere al servizio della persona e non viceversa.

Sul piano giuridico, la responsabilità ultima dei processi decisionali deve restare alle persone. Il secondo fattore che rende di grande interesse l’universo digitale indiano (in particolare rispetto all’eterno dilemma tra libertà e sicurezza) è la straordinaria eredità storica che contraddistingue la nazione più popolosa del mondo. In India, le confessioni religiose, le tradizioni linguistiche, le comunità etniche sono molto numerose e nel loro insieme danno vita a una società in cui il pluralismo è profondamente radicato. La maggioranza della popolazione si ispira, inoltre, ai valori spirituali e religiosi della tradizione Hindu di impronta politeista in cui le dimensioni della fede sono poliedriche e molteplici rispetto all’unicità ed esclusività degli imperativi teologici che caratterizzano le grandi religioni monoteiste. In India, nella sfera spirituale e nelle pratiche religiose (in verità meno nelle politiche pubbliche), si può, inoltre, osservare uno straordinario rispetto per la natura.

La storia plurimillenaria dell’India – pur caratterizzata da molteplici conflitti di matrice territoriale, religiosa ed etnica – ha prodotto nella realtà contemporanea una società aperta che – diversamente dalle culture occidentali – non è ingabbiata dal dominio della razionalità, ma include i valori più profondi dell’esperienza umana. Mi riferisco specificatamente alla dimensione affettiva e all’intelligenza emotiva che sono i driver che hanno alimentato i progetti di vita delle persone e che implicano un approccio critico verso la tecnologia. La società contemporanea è caratterizzata da fenomeni negativi, quali la fede cieca nell’onnipotenza delle macchine o le molteplici sindromi della dipendenza digitale. Tuttavia, essi non vengono contrastati e l’approccio critico alla tecnologia è assente nel sistema formativo.

Il terzo aspetto specifico dei processi di digitalizzazione in India riguarda l’andamento della transizione digitale nonché la resilienza tecnologica e specificamente la cybersecurity. In una realtà che conta più di 800 milioni di cittadini utenti di Internet, il governo è intervenuto con azioni mirate per mettere in sicurezza le reti del cyberspace: dai cavi che attraversano l’Oceano Indiano alle antenne, dalla broadband alle torri. Un’altra scelta lungimirante è stata quella di promuovere e stimolare gli investimenti industriali e tecnologici stranieri sul proprio territorio nella prospettiva del cloud computing e dell’uso dei Big Data per l’IA. Trentatré anni fa, Microsoft per prima ha aperto la strada con la costruzione di propri centri di ricerca e data center nel territorio indiano (Hyderabad e Bangalore) e presto l’azienda fondata da Bill Gates è stata seguita da Amazon, Google e Meta. Con la migrazione al cloud, disporre di dati e centri tecnologici di ricerca sul proprio territorio nazionale presenta evidenti vantaggi sia per garantire la competenza della giurisdizione sia per promuovere la sicurezza nazionale (e irrobustire la counter-intelligence). Tuttavia, i rapidissimi processi di innovazione tecnologica in ambito software hanno messo e stanno mettendo a dura prova le autorità indiane per il forte aumento delle vulnerabilità e degli attacchi nel triennio 2021-2023.

Gli organi preposti alla sicurezza devono continuamente rincorrere le novità “maligne”, nonostante la diffusione dell’approccio software cybersecurity by design riduca alcune ricorrenti e gravi vulnerabilità. L’uso criminale dei dati appare particolarmente consistente nel settore sanitario, probabilmente per la prevalenza del regime assicurativo.

In passato, la grande maggioranza degli attacchi dall’estero veniva lanciata dal Pakistan. Oggi, viceversa, buona parte proviene da gruppi legati direttamente o indirettamente a Cina, Russia, Bielorussia e Corea del Nord. Si tratta di una differenza geopolitica assai significativa. Sotto questo profilo, il governo indiano (pur favorendo scambi commerciali molto ampi con la Cina) molto prima che in Italia ha evitato di introdurre aziende e tecnologie cinesi nei comparti sensibili: la difesa, il law-enforcement, la diplomazia nonché il vasto settore di prodotti, apparati e servizi dual-use. Per quanto riguarda le capacità tecnologiche, l’India è una delle maggiori realtà mondiali per i risultati raggiunti nel sistema dei pagamenti e delle transazioni finanziarie digitali, frutto di stretta cooperazione tra banche, telecomunicazioni e big tech.

Ma in questo momento, come sottolineato nei giorni scorsi dal primo ministro Narendra Modi al G20, la sfida politica più importante è prevenire e contrastare i danni economici, reputazionali e politici prodotti dall’uso maligno dell’Intelligenza Artificiale generativa mediante deep fake e campagne di disinformazione. Il contrasto alla disinformazione e il riconoscimento dell’autenticità di immagini, conservazioni telefoniche, video e comunicazioni audio è da tempo all’attenzione dei laboratori indiani di certificazione, ma esso richiede una più intensa cooperazione scientifica e politica tra tutte le democrazie del mondo, siano esse asiatiche, occidentali o africane. La concentrazione di potere innescata dalle tecnologie digitali, nonché l’uso spregiudicato di deep fake e disinformazione, costituiscono un pericolo reale e costante per le democrazie.

In questo nuovo contesto, la conferenza internazionale di Nuova Delhi è l’occasione per compiere un salto di qualità alla cooperazione tecnologica bilaterale tra India e Italia a livello governativo, accademico e della business community. I risultati raggiunti dalla presidenza indiana del G20 e, in particolare, il nuovo concetto di life economy, offrono spunti strategici di grande rilevanza per l’Italia, anche in vista del ruolo guida del G7 nel 2024.

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