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La Chiesa, gli armeni e il ruolo dell’Italia. La riflessione di Pedrizzi

Dal 1965 molti Stati, tra i quali l’Italia, hanno riconosciuto ufficialmente il genocidio e in occasione del centenario anche la Santa Sede per merito di Papa Francesco, che è stato molto vicino agli armeni anche nelle ultime tragiche vicende. La riflessione di Riccardo Pedrizzi

Il popolo armeno è stato sempre nel cuore dei vari pontefici che si sono succeduti negli ultimi secoli. A cominciare da Leone XIII che dedicò loro addirittura un’enciclica nel 1888, la “Paterna Caritas”.

“I Pontefici Romani, Nostri Predecessori, non si sono mai trovati in difetto di testimonianze circa la loro capacità paterna verso gli Armeni”… “Gregorio XIII, come è noto, aveva concepito il disegno di fondare un istituto per l’opportuna istruzione dei giovani Armeni”… “Urbano VIII lo realizzò”…

…“Del resto la sollecitudine dei Pontefici Romani verso gli Armeni non è restata circoscritta entro i confini di questa città, perché nulla è stato loro più a cuore che di togliere la vostra Chiesa dalle difficoltà in cui si trovava, e di riparare i mali che essa ebbe a subire per la perversità dei tempi”.

…“Voi sapete pure che Leone XII e Pio VIII dedicarono le loro cure affinché nella capitale stessa dell’impero Ottomano gli Armeni avessero un prefetto della loro nazione per gli affari civili, come le altre comunità che appartengono a detto impero. Infine è vivo il ricordo degli atti compiuti da Gregorio XVI e da Pio IX per accrescere nel vostro paese il numero delle sedi episcopali, e perché il prelato armeno di Costantinopoli primeggiasse in onore e dignità”.

Benedetto XV, addirittura, fece una supplica al Sultano Mehmet, il 10 settembre 1915 per far cessare le violenze e le deportazioni ai danni degli armeni: “Ci giunge dolorosissima l’eco dei gemiti di tutto un popolo, il quale nei vasti domini ottomani è sottoposto a inenarrabili sofferenze. La nazione armena ha già veduto molti dei suoi figli mandati al patibolo, moltissimi, tra i quali non pochi ecclesiastici e anche qualche vescovo, incarcerati o inviati in esilio. Ci vien riferito che intere popolazioni di villaggi e di città sono costrette ad abbandonare le loro case per trasferirsi con indicibili stenti e patimenti in lontani luoghi di concentrazione, nei quali oltre le angosce morali debbono sopportare le privazioni della più squallida miseria e le torture della fame”.

Più recentemente agli inizi del terzo millennio, il 27 settembre 2001, viene sottoscritta una “Dichiarazione comune di Sua Santità Giovanni Paolo II e di sua santità Karekin II”, Patriarca cattolico di tutti gli armeni in occasione del 1700° anniversario della proclamazione del cristianesimo quale religione dell’Armenia.

…”Lo sterminio di un milione e mezzo di Cristiani Armeni, che generalmente viene definito come il primo genocidio del XX secolo, e il successivo annientamento di migliaia di persone sotto il regime totalitario, sono tragedie ancora vive nel ricordo della generazione attuale”… “Rendiamo grazie a Dio perché il cristianesimo in Armeni è sopravvissuto alle avversità degli ultimi diciassette secoli e perché la Chiesa Armena è ora libera di compiere la propria missione di proclamare la Buona Novella nella moderna Repubblica di Armenia e in molte zone vicine e lontane, nelle quali sono presenti comunità Armene. L’Armenia è di nuovo un Paese libero”… “Negli ultimi dieci anni, è stato riconosciuto il diritto dei cittadini della nascente Repubblica a professare liberamente la propria religione. In Armenia e nella diaspora, sono state fondate nuove istituzioni Armene, sono state costruite chiese e sono state create scuole e associazioni”.

Anche il pontefice attualmente regnante ha rivolto una particolare attenzione a questo popolo martoriato. Il 12 aprile 2015 infatti, in occasione del centenario del genocidio, ha inviato un messaggio ai fratelli e sorelle armeni: “Un secolo è trascorso da quell’orribile massacro che fu un vero martirio del vostro popolo, nel quale molti innocenti morirono da confessori e martiri per il nome di Cristo. Non vi è famiglia armena ancora oggi, che non abbia perduto in quell’evento qualcuno dei suoi cari: davvero fu quello il “Metz Yeghern”, il Grande Male”, come avete chiamato quella tragedia”… “La vostra vocazione cristiana è assai antica e risale al 301, anno in cui San Gregorio l’illuminatore guidò alla conversione e al battesimo l’Armenia, la prima tra le nazioni che nel corso dei secoli hanno abbracciato il Vangelo di Cristo”… “Il vostro popolo, illuminato dalla luce di Cristo e con la sua grazia, ha superato tante prove e sofferenze, animato dalla speranza che deriva dalla Croce”…: “La vostra storia di sofferenza, e di martirio è una perla preziosa, di cui va fiera la Chiesa universale. La fede in Cristo, redentore dell’uomo, vi ha infuso un coraggio ammirevole nel cammino, spesso tanto simile a quello della croce, sul quale avete avanzato con determinazione, nel proposito di conservare la vostra identità di popolo e di credenti”. (Omelia 21 novembre 1987)

Questa fede ha accompagnato e sorretto il vostro popolo anche nel tragico evento di cento anni fa che “generalmente viene definito come il primo genocidio del XX secolo”… “Il Papa Benedetto XV, condannò come “inutile strage” la Prima Guerra Mondiale, si prodigò fino all’ultimo per impedirlo, riprendendo gli sforzi di mediazione già compiuti dal Papa Leone XIII di fronte ai “funesti eventi” degli anni 1894-96”.

Il quella occasione nel corso della Messa celebrata nella Basilica di San Pietro da Papa Francesco, per celebrare solennemente il centenario. In quella occasione il Papa non usò mezzi termini, ma parlò di vero e proprio genocidio, il primo genocidio del ventesimo secolo. “La nostra umanità – queste le parole di Bergoglio rivolte al patriarca e al popolo armeno- ha vissuto nel secolo scorso tre grandi tragedie inaudite: la prima, quella che generalmente viene considerata come il primo genocidio del Ventesimo secolo; essa ha colpito il vostro popolo armeno, prima nazione cristiana”. Ed il patriarca armeno Karekin II aggiunse: “Noi siamo convinti che il riconoscimento universale del Genocidio degli Armeni, come un esempio importante di realizzazione della giustizia, della protezione dei diritti umani, contribuirà alla creazione di un mondo più sicuro e legittimo. In questo senso il 100° anniversario del Genocidio degli Armeni è un potente richiamo al mondo a non essere indifferenti di fronte ai patimenti e ai martiri odierni e a fare più sforzi per fermare le aggressioni ingiuste e per prevenire le violenze che temprano la gente nella sofferenza. Ecco il frutto che deve germogliare dalla radice del martirio”.

Poi la visita di Papa Francesco nel 2017 che fece affermare all’ambasciatore armeno, presso la Sanata Sede, Mikayel Minasyan: “Il papa in Armenia ci ha fatto uscire dal guscio del dolore”.

Dal 1965 molti Stati, tra i quali l’Italia, hanno riconosciuto ufficialmente il genocidio ed in occasione del centenario anche la Santa Sede per merito di Papa Francesco, che è stato molto vicino agli armeni anche nelle ultime tragiche vicende: “Seguo in questi giorni la drammatica situazione degli sfollati del Nagorno-Karabakh. Rinnovo il mio appello al dialogo tra l’Azerbaigian e l’Armenia, auspicando che i colloqui tra le parti, con il sostegno della comunità internazionale, favoriscano un accordo duraturo che ponga fine alla crisi umanitaria”. È stato l’appello del Papa, al termine dell’Angelus del primo ottobre scorso, in cui ha assicurato la sua preghiera per le vittime dell’esplosione di un deposito di carburante avvenuta nei pressi della città di Stepanakert nel Nagorno-Karabakh.

Le oltre centomila persone fuggite dalla regione del Caucaso verso l’Armenia sono state sempre al centro del pensiero del Pontefice dopo la recita dell’Angelus. Eppure per gli ultimi massacri siamo ripiombati nel muro del silenzio dell’Europa e del mondo occidentale, che piange tutti gli altri martirii giustamente, ma non quelli cristiani.

Ai nostri giorni, guerra e terrorismo stanno infatti, insanguinando il cuore dell’Europa, il Medio Oriente, l’Africa.

Un ruolo importante nella vicenda armena fu svolto per l’Italia proprio da Luigi Luzzatti, giurista, economista, presidente del Consiglio 1910-1911, Ministro degli Interni, Fondatore della Banca Popolare di Milano e del sistema delle Banche Popolari. Resta memorabile un suo discorso al Parlamento del 26/11/1918 proprio sugli armeni ed “Il Grande Male”.

Egli si dedicò a far rinascere nel popolo armeno la speranza di ritornare alla libertà e a richiamare su di loro l’attenzione italiana ed internazionale come tema centrale di moralità politica, cercando di superare l’ignavia delle grandi potenze. Il 4 dicembre 1923, tra le altre iniziative, accompagnò una delegazione Armena dal Capo del Governo di allora, che era Benito Mussolini. Egli interpretò, parlando con il Duce, il sentimento dei popoli perseguitati perché anche nel suo sangue scorreva l’eredità delle persecuzioni. Inoltre, allorché il 2 marzo del 1924, Sir Willonghby H. Dickinson, uno dei vice presidenti dell’Unione tra le Associazioni per la Società delle Nazioni, venne in Italia,

Luzzatti colse l’occasione per fargli notare che mai le minoranze erano state tanto calpestate come dopo l’istituzione della Società delle Nazioni. La Società delle Nazioni non assolveva, nel giudizio di Luzzatti, il proprio compito e la voce delle minoranze non giungeva utilmente fino ad essa. E gli chiese perché l’Inghilterra, che era il socio più importante della Società delle Nazioni, non intervenisse a difesa degli armeni con la forza dei suoi mezzi e del suo prestigio E perché non si impegnasse a trovare una casa agli armeni”. Inoltre Luzzatti dimostrando la “concretezza” ed “il saper fare”, di cui si accennava, avviò in provincia di Bari, una produzione di tappeti armeni a beneficio della colonia stessa affinché fosse autosufficiente per evitare che essi fossero costretti a ritornare nelle loro terre martoriate. Anche Mussolini concesse a Luigi Luzzatti 200.000 lire. Da questa attività, nacque l’ospitalità degli armeni nell’Italia Meridionale. A Milano creò una Spa per la commercializzazione. Parliamo di uno dei più importanti protagonisti della vita politica, economica e sociale italiana dell’Italia che, divenuto Stato Unitario da appena trenta anni, provava non senza difficoltà a diventare protagonista nello scenario geopolitico europeo di fine Ottocento.


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