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La pace non ha alternative. L’augurio di mons. Vincenzo Paglia

Di Giulia Gigante

Accordi di Abramo, crisi in Medio Oriente, invasione russa dell’Ucraina, scontro di civiltà, eclissi dell’euro-centrismo, dialogo interreligioso. Spes contra spem. La capacità di mediazione della Chiesa può produrre delle conseguenze politico-diplomatiche? Ne parliamo con Monsignor Vincenzo Paglia

La crisi è profonda e paventa dimensioni planetarie. Nulla sembra destinato all’immutabile. Vecchi equilibri, vecchie alleanze, vecchi schemi diplomatici, vecchie gerarchie, consolidate dinamiche geo-strategiche. Tutto diviene preda della contingenza, dell’occasione. Tutto diviene cronaca senza evento e tempo senza storia.

E a proposito di eternità, bisognerebbe interrogarsi su come intende agire e reagire la Chiesa nel bel mezzo della confusione bellicistica. Può farsi, se non attore, regia politica? La trascendenza può divenire ingranaggio di una mediazione diplomatica?

 Formiche.net ha deciso di chiederlo a Monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la vita e consigliere spirituale della Comunità di Sant’Egidio.

Sperare dentro un mondo a pezzi. È il titolo del libro che racchiude le sue conversazioni con il giornalista Domenico Quirico. Partiamo dalle prime pagine. La crisi in Medio-oriente. Nel suo scritto, vi è una tesi che mi ha molto colpito: “ad un azzeramento della politica degli ultimi decenni, deve corrispondere una politica di altissimo livello”. Qual è il percorso che i leader delle democrazie occidentali devono intraprendere per giungere a una risoluzione della questione palestinese, partendo dagli accordi di Abramo?

 A me sembra che la pace non abbia alternative. E mi chiedo se non sia ancora da perseguire l’antica tesi dei due popoli e due Stati. Oggi sembrerebbe impossibile. A me pare l’unica via, per una pace duratura. A Oslo sperarono l’impossibile e ci riuscirono. Perché non sperarlo ancora? Sono convinto che la pace è nelle mani degli uomini. Ma forse c’è bisogno di un sussulto della politica sia quella tra le due parti sia quella della comunità internazionale. Sì, c’è bisogno di maggiore creatività politica. Da qui, l’urgenza di un concorso straordinario di forze che spinga i due contendenti a dialogare e nello stesso tempo che leader politici ed anche personalità religiose concorrano a sostenere, a suggerire, a spingere per una soluzione stabile.

 Gaza assediata, conflitto russo-ucraino. Ancora, politica e guerra. Ebbene, dove si colloca la Chiesa nella crisi del vecchio ordine mondiale? C’è chi allude a una politica estera di Papa Francesco…

La Santa Sede ha una politica estera molto chiara, ispirata ai princìpi della collaborazione tra i popoli e le nazioni, allo sviluppo umano integrale, al rispetto dei diritti umani e alla libertà religiosa. Papa Francesco con la sua straordinaria Enciclica Fratelli Tutti, ha aggiunto un tassello importante e prezioso. Cioè l’idea che la fratellanza universale, in quanto tutti figli e figlie di Dio, deve permeare l’intera politica mondiale, ispirare la visione di un futuro comune dell’umanità. Senza fratellanza universale, senza rispetto e tutela per l’ambiente, non ci sarà un futuro. O meglio, il futuro è continuare a fare a pezzi il mondo e anche i popoli.

 Con Quirico avete risollevato la questione del fondamentalismo islamico. Vengono citati  “i martiri cristiani”. Esiste ancora uno scontro di civiltà tra cristianesimo e mondo arabo? A che punto si trova? Il dialogo interreligioso può condurre a una soluzione politica, o meglio a una concretezza politica?

Lo scontro di civiltà, cui lei si riferisce, è piuttosto invocato da quei settori politici e culturali che hanno interesse a mostrare i punti di dissidio tra popoli, culture, religioni, soffiando sul fuoco del populismo e del nazionalismo. Una visione responsabile e concreta cerca i punti di accordo, la moderazione, il dialogo. Perché gli estremismi, i fondamentalismi, si alimentano a partire dalle crisi, dalle ingiustizie, dalle disparità. Dobbiamo lavorare insieme, le religioni e non solo, per dialogare, comprenderci, risolvere. Lei sa che come Pontificia Accademia per la Vita (appunto posso permettermi di parlare di una realtà che conosco bene!) abbiamo firmato documenti congiunti con il mondo ebraico ed il mondo musulmano? Nel 2019 sul tema del fine-vita, nel 2023 sull’Intelligenza Artificiale. E nel 2024 la carta di intenti sull’Intelligenza Artificiale, la Rome Call for AI Ethics, sarà firmata in Giappone da esponenti delle religioni asiatiche. Questo a me pare un esempio concreto di come sia possibile dialogare e convergere, in vista di un obiettivo più alto: il bene comune.

 Insomma, la crisi è tangibile. Crisi del sistema politico, crisi delle arti e della filosofia, crisi dell’universalismo cattolico, crisi dell’Europa (di carattere identitario e culturale)…la Chiesa è veramente coinvolta nel collasso dell’eurocentrismo?

Penso che l’eurocentrismo deve collassare, per usare la sua espressione. Dobbiamo modificare il modo di ragionare, aprendoci ad una visione globale. Lo ripeto: è il modello, la visione, la prospettiva di Fratelli Tutti, per una pace globale, per la messa a terra, come piace dire oggi, di una visione dell’umanità. Essere fratelli e sorelle fra noi è una realtà, (del resto, il Covid ci ha mostrato che siamo tutti legati gli uni agli altri) quel che è necessario ora fare è che diventi una scelta politica, economica, culturale, spirituale. Dobbiamo riscoprire quel “noi” fattuale (nessuno è un’isola) perché diventi un “NOI” scelto e consapevole.

Oramai, il non expedit di Pio IX è un ricordo più che remoto. Lei crede in un protagonismo dei cattolici nella vita pubblica, nel processo storico-politico? In quale forma, con quale obiettivo?

Mi sembra che il protagonismo dei cattolici, come lei lo chiama, debba necessariamente svolgersi in un dialogo costante tra il Vangelo e la ricerca di soluzioni politiche ispirate ad una visione umana, al rispetto delle persone. Non si può invocare il Vangelo o l’appartenenza alla Chiesa e poi lasciare le persone in mare o, peggio ancora, dopo averle salvate, gettarle in un limbo senza prospettive. Mi preoccuperei, prima di tutto, di dare un volto umano alla politica, prima di etichettare le appartenenze.

 Passiamo al rapporto tra fede e società. Lei è autore di un bellissimo libro. Il crollo del noi. In un tempo monopolizzato dal nichilismo, dall’individualismo di massa, dallo scontro tra umanesimo (o quel che ne resta) e tecnocapitalismo; in un tempo in cui vengono riposte grandi speranze nell’intelligenza artificiale, la Chiesa può esercitare un ruolo catechontico?

La Chiesa indica delle strade. Le dicevo prima che la politica mondiale vive oggi la stessa problematica dell’‘io’, contro il ‘noi’. È sempre forte la tentazione di dire ‘prima il mio paese’, dunque una forma di esaltazione degli interessi particolari rispetto al bene comune dell’umanità. Viene prima di tutto un ‘noi’ universale. Mi riferisco ancora a Papa Francesco, ed invito i nostri lettori a prendere in mano almeno tre documenti: l’Enciclica Laudato Si’ sulla cura dell’ambiente, la Fratelli Tutti per la prospettiva di una visione universale e l’Esortazione Apostolica Laudate Deum sulla crisi climatica. Letti in parallelo, mostrano la strada che la Chiesa indica all’umanità. Perché senza la consapevolezza del ‘noi’, non avremo futuro.

 


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