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L’Ue testa il Dsa su Elon Musk. Ecco come

Per la prima volta, il nuovo regolamento trova la sua applicazione. Al social network del tycoon vengono contestate diverse accuse, tra cui la (poca) moderazione dei contenuti pubblicati e i mancati obblighi di trasparenza sulla pubblicità. Un motivo ulteriore di scontro tra l’imprenditore e Bruxelles

Elon Musk dovrà fornire un po’ di spiegazioni all’Unione europea. La Commissione guidata da Ursula von der Leyen ha infatti avviato un procedimento formale nei confronti di X – al secolo Twitter – per presunta violazione del Digital Services Act (Dsa) in termini di gestione del rischio, moderazione dei contenuti pubblicati, dark pattern o modelli oscuri, trasparenza della pubblicità e accesso ai dati per i ricercatori. È la prima applicazione del nuovo regolamento che l’Europa si è data e da questo casus belli si capirà meglio se potrà diventare un problema da intimorire le Big Tech, oppure dovrà essere Bruxelles a rimetterci mano per dargli maggiore efficacia.

Fatto sta che il ceo di X dovrà rispondere delle accuse. Come si legge in una nota pubblicata dal ramo esecutivo dell’Unione, “dopo l’avvio formale del procedimento, la Commissione continuerà a raccogliere prove, ad esempio inviando ulteriori richieste di informazioni, conducendo colloqui o ispezioni”. Il passo di oggi la “autorizza ad adottare ulteriori misure di esecuzione, quali misure provvisorie e decisioni di non conformità. La Commissione ha inoltre la facoltà di accettare qualsiasi impegno assunto da X per porre rimedio alle questioni oggetto del procedimento”, il cui percorso legale – e quindi la sua conclusione – non sono stati fissati. “Dipende da una serie fattori”, continua la nota, “tra cui la complessità del caso, la misura in cui l’azienda interessata collabora con la Commissione e l’esercizio dei diritti di difesa”. Tuttavia, come precisato dalla commissaria alla Concorrenza Margrethe Vestager, questa è la dimostrazione pratica di come “prendiamo molto sul serio qualsiasi violazione delle nostre regole. Più è alto il rischio che le grandi piattaforme rappresentano per la nostra società, più specifici sono i requisiti del Dsa”.

Su Musk erano piovute critiche feroci, non da ultimo per la propaganda pro Hamas apparsa dopo l’attacco del 7 ottobre, che confermava i timori di una moderazione molto poco attenta. D’altronde, dopo aver chiuso la trattativa dell’anno che l’ha portato a capo del social network, il tycoon aveva deciso per un reset totale dell’organigramma, compreso il reparto incaricato di controllare e rimuovere i contenuti sulla piattaforma. Suscitando logiche preoccupazioni.

Le stesse su cui adesso l’Ue pretende chiarezza, chiedendosi se il numero di addetti basta per setacciare tutti i post illegali. Inoltre anche le Community Notes, che con il loro ruolo di fact checker dovrebbero mitigare il dibattito sulla piattaforma, dovrebbero lavorare meglio visto che sono finite sotto osservazione. Così come sotto la lente d’ingrandimento c’è anche il design con cui è costruito il social, considerato ingannevole, specialmente per quanto riguarda le spunte blu, pensate per ufficializzare l’autenticità del profilo ma spesso utilizzate per la promozione di prodotti.

Sulla brace c’è dunque parecchia carne. Se le violazioni venissero confermate al termine dell’indagine, l’azienda di Musk rischia di essere soggetta a impegni vincolanti o a sanzioni che possono arrivare fino al 6% del suo fatturato globale– e quindi centinaia di milioni di dollari. Il che potrebbe spingere Musk laddove ha già minacciato di andare via.

La questione è molto semplice: il proprietario di Tesla e SpaceX non si è mai preso con le istituzioni europee, un sentimento reciproco di cui nessuno hai mai fatto mistero. Addirittura, proprio dopo l’approvazione del Dsa, il multimiliardario aveva minacciato di portare la sua creatura (X) al di fuori dal territorio europeo. Sebbene il mercato comunitario non rappresenti la principale fetta della torta, è comunque complesso che ciò possa avvenire.

In primis perché lascerebbe campo aperto ai suoi rivali, a iniziare da Threads con cui Mark Zuckerberg ha apertamente lanciato la sfida a Twitter. E poi perché a legare Musk all’Europa è il suo desiderio di aprire una gigafactory di Tesla, motivo per cui porta avanti gli stessi discorsi con più governi nazionali. Tra cui quello italiano, con cui sembra piacevolmente trovarsi a suo agio. Non a caso, poco dopo la notifica arrivata dalla Commissione, il ministro delle Infrastrutture e vicepremier Matteo Salvini ha twittato il suo sostegno. “Nel 2024 ci sarà l’occasione per cambiare l’Europa, contro ogni censura ed ipocrisia”, ha scritto riferendosi alle elezioni di giugno ricordando come “la Lega aveva bocciato il Dsa ritenendolo un bavaglio”, “unico partito italiano” a prendere questa posizione. “La libertà di parola ha un senso solo se consente alle persone che non ti piacciono di dire le cose che non ti piacciono. Viva la libertà di pensiero, sempre e ovunque”.


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