L’accusa di Washington contro le attività iraniane di supporto alla destabilizzazione che gli Houthi hanno prodotto nel Mar Rosso è un richiamo tanto a Teheran quanto a Mosca e Pechino
Per la Casa Bianca, l’Iran è “profondamente coinvolto” nella pianificazione delle operazioni contro le navi commerciali nel Mar Rosso e l’intelligence di Teheran è fondamentale per consentire al movimento Houthi di prendere di mira dallo Yemen i cargo che attraversano quella rotta importantissima per le connessioni Europa-Asia. O meglio dire, “attraversavano”, perché attualmente sono quasi vuote, dato che le principali società internazionali hanno scelto di aumentare costi e tempi di navigazione (e in parte rischi legati alle rotte più lunghe) scegliendo di doppiare il Capo di Buona Speranza pur di non finire potenziali target degli Houthi.
La decisione è momentanea chiaramente, ma molto dipenderà da quanto la nuova operazione a guida americana “Prosperity Guardian” riuscirà nel suo scopo di deterrenza. A parole, il capo della comunicazione degli Houthi ha indicato come bersagli legittimi tutte le navi americane e alleate, perché l’organizzazione che controlla metà dello Yemen (dato che sta vincendo una guerra civile che dura da otto anni) ha dichiarato guerra a Israele. Gli Houthi intendono giocare le loro carte nel conflitto di Gaza, dicono di agire per proteggere i palestinesi, ma intaccando gli equilibri nel Mar Rosso dimostrano la loro capacità operativa. E lo fanno sia a beneficio del consenso interno, sempre necessario, che internazionale. In particolare, il gruppo vuol dimostrare di essere un attore regionale, una voce da ascoltare, e vuole far vedere all’alleato iraniano di essere affidabile e operativo.
“Sappiamo che l’Iran è stato profondamente coinvolto nella pianificazione delle operazioni contro le navi commerciali nel Mar Rosso. Questo è coerente con il sostegno materiale a lungo termine dell’Iran e l’incoraggiamento alle azioni destabilizzanti degli Houthi nella regione”, ha detto ieri la portavoce del Consiglio di Sicurezza nazionale della Casa Bianca. “Questa è una sfida internazionale che richiede un’azione collettiva”, aggiunge incalzando l’Iran. Sebbene Teheran abbia spesso deferito l’autorità decisionale operativa agli Houthi – che seguono un’agenda personale di priorità, come detto – ora “l’Iran ha [davanti a sé] la scelta di fornire o negare questo sostegno, senza il quale gli Houthi avrebbero difficoltà a rintracciare e colpire efficacemente le navi commerciali che percorrono le rotte marittime attraverso il Mar Rosso e il Golfo di Aden”, dice la Casa Bianca.
L’Iran nega il coinvolgimento negli attacchi degli Houthi. La posizione è in parte da inserire nella cosiddetta “plausible deniability” che è alla base della costruzione della serie di proxy operativi che il Corpo dei Guardiani della Rivoluzione ha creato nella regione per portare avanti interessi e influenze (anche malevole). Attori più o meno indipendenti, come Hezbollah in Libano (i cui razzi ieri hanno ucciso un soldati israeliano), da cui distaccarsi quando è il momento e usare quando serve. Sono gruppi – soprattutto Hezbollah e Houthi – che ormai seguono agende dirette, hanno una lista di obiettivi prioritari politici e geopolitici, ma è innegabile che possano portarli avanti grazie all’assistenza (militare, economica, logistica e anche diplomatica) fornita dall’Iran. O quanto meno da una componente interna – al Corpo soprattutto – che ancora crede nella politica di assertività militare e scontro come necessità (anche per il mantenimento della presa sul potere interno).
Nel caso di quanto sta accadendo nel Mar Rosso, è possibile che mentre una componente della Repubblica islamica insiste sulla necessità di tenere un basso profilo e non lasciarsi coinvolgere nella crisi di Gaza (per interessi ed equilibri da poter gestire in futuro e per evitare reazioni internazionale), ci siano componenti del Corpo che stanno favorendo intelligence tattica – fondamentale nel consentire agli Houthi di prendere di mira le navi. Si sta parlando molto della presenza in zona del Behshad, un naviglio mercantile iraniano di stanza da mesi nelle acque davanti a Gibuti. Si dice sia una nave da intelligence che monitora i movimenti lungo il corridoio marittimo euro-asiatico, e che abbia provveduto a passare informazioni in Yemen.
Secondo alcune fonti, due settimane fa un cacciatorpediniere americano è passato a meno di venti miglia nautiche dal Behshad mentre conduceva attività di pattugliamento in mezzo ai missili Houthi: ne ha intercettato i segnali. Le stesse fonti sostengono che gli Houthi non hanno la tecnologia per prendere di mira le navi e hanno bisogno dell’assistenza iraniana: non si riferiscono agli armamenti, di cui gli yemeniti sono stati riforniti dagli iraniani in precedenza, ma al targeting. “Individuare una nave, ricostruirne il percorso e la rotta non è un’operazione banale, se non agganci il bersaglio il missile cade in acqua”, spiegano. E aggiungono, parlando in modo riservato per via delle sensibilità delle informazioni, che ci sono state anche attività di disturbo del segnale nelle acque del Mar Rosso: “Potrebbero essere gli Houthi a possedere certe tecnologie diciamo cyber, oppure qualcuno li sta in qualche modo aiutando”.
La denuncia americana è un richiamo alla responsabilità per Teheran, che però è molto complesso perché come detto la Repubblica islamica non è un blocco monolitico e il Corpo si muove come uno Stato nello Stato – con decisioni che spesso saltano l’avallo del governo e si muovono in un ambiente grigio spesso nebbioso anche per la leadership teocratica a cui dovrebbero rispondere. Ma è anche un richiamo alla responsabilità per quei Paesi che considerano l’Iran un partner: su tutti la Cina e la Russia, che hanno programmato con gli iraniani esercitazioni navali congiunte nei prossimi mesi. Un pressing da Pechino e Mosca potrebbe in qualche modo modificare il comportamento iraniano e dunque frenare gli Houthi? Gli americani avrebbero chiesto ai cinesi di prendere parte alle iniziative per disinnescate la crisi, ma non hanno ricevuto risposte.