106 i voti favorevoli, 61 contrari e 13 astenuti. Pollice in su anche ad alcune sezioni delle risoluzioni, anche riformulate, presentate da Pd, Italia Viva e Azione sulle quali il governo ha espresso parere positivo. Respinte quelle del Movimento 5 Stelle e di Alleanza Verdi e Sinistra. Ma al di là dei numeri, scontati, spiccano le precisazioni di Giorgia Meloni
Ci sono molti puntini sulle “i” nelle repliche del presidente del Consiglio in Senato, dopo le comunicazioni in vista del Consiglio Ue. In primis per sfumare le polemiche sorte ieri dopo i riferimenti alle foto opportunity (“Nessun attacco a Draghi”) e in secondo luogo per ribadire due concetti sul bilancio: i conti italiani sono zavorrati dal superbonus deciso dal governo Conte e il veto sul patto di stabilità non è escluso, con a corredo il fax di Di Maio per firmare il Mes. L’Aula del Senato approva la risoluzione di maggioranza.
In Aula
106 i voti favorevoli, 61 contrari e 13 astenuti. Pollice in su anche ad alcune sezioni delle risoluzioni, anche riformulate, presentate da Pd, Italia Viva e Azione sulle quali il governo ha espresso parere positivo. Respinte quelle del Movimento 5 Stelle e di Alleanza Verdi e Sinistra. Ma al di là dei numeri, scontati, spiccano le precisazioni di Giorgia Meloni. Il veto sul patto di stabilità? “Io non escludo nessuna delle scelte. Credo si debba fare una valutazione su ciò che è meglio per l’Italia sapendo che se non si trova un accordo, noi torniamo ai precedenti parametri. Io farò tutto quello che posso”, ha commentato circa la proposta del senatore a vita Mario Monti, aggiungendo che il governo Conte “alla chetichella ha dato l’assenso al Mes”. E ha mostrato in Aula il fax inviato all’allora rappresentante Massari da Luigi Di Maio in cui c’era il via libera alla firma.
“Questo foglio dimostra la scarsa serietà di un governo che prima di fare gli scatoloni lasciava questo pacco al governo successivo”.
Conte e superbonus
“Io farò sempre la mia parte per ricordare le politiche disastrose di governi precedenti che noi siamo chiamati a riparare. L’austerità? Non so cosa intenda, noi abbiamo smesso di buttare i soldi degli italiani dalla finestra con spese come quelle per superbonus e banchi a rotelle. Non è austerità ma serietà ed è il motivo per cui gli italiani hanno chiesto a noi di governare e a voi di fare un passo indietro”.
Il convitato di pietra si chiama superbonus che incide secondo il premier per 20 miliardi di euro l’anno: “È un provvedimento che nasceva da un intento condivisibile, trasformato nel più grande regalo fatto dallo Stato a truffatori e organizzazioni criminali, lasciando aziende e famiglie per bene in un mare di guai. Questione che ora noi cerchiamo di risolvere”. Rivendica che con il suo governo vi sono dei progressi alla voce Pil, ragion per cui alla luce di questi numeri “la propaganda poi si scontra con la realtà”.
Poi sgombra il campo dalla polemica scoppiata ieri dopo le dichiarazioni sulla foto: “Quello che dicevo ieri sulla foto, è lungi da essere un attacco a Mario Draghi, tutti sanno quel che penso della fermezza di Draghi sull’Ucraina, di quella maggioranza che tutti ricordano. Quello che cercavo di spiegare è che, proprio perché ho rispetto di quella fermezza, non si risolve il suo lavoro fatto nella foto sul treno con Francia e Germania”.
Treni e diplomazia
“Quel treno, l’ho preso anche io per andare a Kyiv, vorrei ricordare. Dal mio punto di vista c’è stata un’Italia che in passato ha ritenuto solo di aspettare cosa facevano Francia e Germania aspettando si accodarsi in una foto. Non vuol dire che non abbia le mie foto con Macron, Scholz, Orban, con chiunque”. La traccia da seguire secondo Meloni è saper parlare con tutti, “quello che cerco di fare ogni giorno ben sapendo che le mie posizioni non si sovrappongono con quelle di tutti gli altri”.
Da gigante burocratico a politico
Sul futuro dell’Ue il premier usa la metafora del gigante burocratico, da trasformare in politico, mostrando di scegliere ancora una volta la locuzione “politica”. L’Ue, ha detto, si deve concentrare su materie che non possono essere affrontate dai singoli Stati. “Questa è la posizione che sto portando avanti. Si deve trasformare l’Unione Europea da gigante burocratico a gigante politico”.
La premessa è il ragionamento sull’allargamento, definita “una scelta strategica per tutti noi”, dal momento che se immaginassimo un’Ue con 30-32 Stati membri questo “porterebbe nuove sfide”, ma senza fare l’errore di partire da un processo decisionale, ma da quello di cui l’Ue si deve occupare.