Skip to main content

Missili Houthi contro una nave diretta in Italia. Mar Rosso bollente

La Strinda, caricata in Malesia e diretta a Venezia, è stata colpita da un missile da crociera degli Houthi. Mentre la U.S. Navy lavora per gestire la destabilizzazione del Mar Rosso, la Cina organizza esercitazioni con l’Iran e nonostante gli interessi usa la narrazione anti-occidentale per scaricare colpe su Washington di ciò che accade

Una nave chimichiera è stata colpita nella Orte tra lunedì e martedì da un missile al largo delle coste dello Yemen: era partita dalla Malesia e diretta a Venezia. Aveva deviato verso un porto sicuro, ha dichiarato martedì alla Reuters il proprietario della norvegese Mowinckel Chemical Tankers. L’equipaggio della Strinda, composto da 22 persone tutte indiane, è l’ultimo finito sotto i colpi di Ansarallah, come si fa chiamare la componente armata degli Houthi. I miliziani, che ormai è riduttivo chiamare “ribelli” dato che controllano metà dello Yemen, hanno dichiarato guerra a Israele in difesa dei palestinesi nella Striscia. Il gruppo, che ha connessioni quanto meno militati con l’Iran sebbene segua un’agenda personale di interessi e priorità, ha fatto sapere nelle scorse settimane che non solo cercherà di colpire il territorio dello Stato ebraico, ma anche ogni imbarcazione riconducibile a Israele che solcherà le acque davanti alle aree controllate dello Yemen.

Ora potrebbe ampliare gli obiettivi. Il portavoce degli Houthi ha dichiarato la Strinda è stata colpita perché era diretta a un porto israeliano e si è rifiutata di “prestare ascolto agli avvertimenti”. Ha anche aggiunto che altre navi hanno obbedito all’ordine di tornare indietro e poi ha precisato che adesso tutte le navi dirette in Israele potrebbero essere prese di mira.

Questa dallo Yemen è la più importante delle minacce regionali attualmente in piedi. Se è vero che il confine con la Siria e con il Libano restano hotspot di potenziale esplosione, la fascia litorale yemenita porta sul piano internazionale le ricadute regionali del conflitto scatenato dal massacro di Hamas del 7 ottobre. Come ricordava Giuseppe Dentice (CeSI), “il corridoio di collegamento Europa-Asia, con Bab el Mandeb in interconnessione con Suez vede transitare ogni anno il 12% del commercio mondiale, il 10% del petrolio e l’8% di Gnl”. Navi da tutto il mondo percorrono quelle rotte e su di esse ricadono la priorità e interessi degli Houthi — che Elenonora Ardemagni (Ispi/Catitlica) aveva spiegato come un mix di tradizionale attività anti-israeliane, esigenze interne ed equilibri con Teheran.

L’attacco e l’ingaggio americano

Secondo CentCom, il comando regionale del Pentagono che sta non solo monitorando ma fronteggiando la minaccia yemenita, la Strinda è stata colpita da un missile da crociera anti nave (gergo tecnico: ASCM). Probabilmente uno dei pezzi che gli Houthi hanno ottenuto (anche solo come componentistica e know-how) dall’Iran ha colpito la nave norvegese provocando un incendio, che però non ha creato danni ingenti a cose o persone e non ha interrotto le capacità di navigazione. Il cacciatorpediniere della U.S. Navy Manson, che insieme al collega Carney sta collezionando galloni nell’ingaggio di missili e droni kamikaze degli Houthi, ha risposto alla richiesta di soccorso della nave e stava prestando assistenza. L’attacco notturno è avvenuto mentre la nave chimichiera attraversava Bab el Mandeb, lo stretto tra lo Yemen e il Corno d’Africa che conduce al Mar Rosso, una rotta fondamentale verso il Canale di Suez ed è uno dei chokepoint più sensibili del mondo.

Sull’area, hanno affaccio basi militari di diversi Paesi, tra cui Usa e Cina (anche l’Italia è presente con una postazione a Gibuti). L’interesse per la sicurezza marittima di quel tratto di mare è di priorità strategica. Il valore di quei traffici prima menzionati è chiaro, e sul lineamento pesa l’attuale connettività marittima tra i due continenti commercialmente più importanti. C’è un enorme tema di geo-economia legata alla destabilizzazione del Mar Rosso (basta pensare al peso che ha avuto un banale incidente come quello della Ever Given che bloccò Suez). E però, eccezion fatta per l’attività americana gli altri Paesi hanno stentato a mettere in atto misure per irrobustire la presenza. Se si esclude la Francia, la cui Fremm Languedoc ha abbattuto due droni degli Houthi domenica 10 dicembre, non ci sono state attività operative registrate.

La Cina traccheggia

Per esempio, la Cina — che ha più volte parlato della necessità di cessare il fuoco sulla Striscia e sta implementando il livello di coinvolgimento nella regione — latita su certe attività. Niu Xinchin, eminente studioso cinese del Medio Oriente sostiene che la concorrenza tra Stati Uniti e Cina nella regione è rimasta limitata a causa delle diverse forme di impegno di ciascuna parte, ma avverte che potrebbero sorgere attriti man mano che le relazioni della Cina con i Paesi Mena si approfondiscono. Val la pena ascoltare cosa dice Niu perché è direttore dell’Institute of Middle East Studies al China Institutes of Contemporary International Relations (il think tank è affiliato al ministero della Sicurezza di Stato, la principale agenzia civile di intelligence, sicurezza e polizia segreta della Repubblica popolare cinese). Pechino subisce l’azione degli Houthi, tanto che non è un mistero come uno degli obiettivi della mediazione spinta tra Riad e Teheran da Pechino fosse anche quello di stabilizzare lo Yemen — terreno di scontro per procura tra i due giganti geopolitici regionali.

Evitare certe destabilizzazioni è tra gli interessi cinesi. La Zim Luanda, nave sequestrata dagli Houthi il 25 novembre, era per esempio partita dalla Grecia in direzione Cina. Alcuni cargo che lasciano le coste cinesi stanno già valutando la scelta della circumnavigazione dell’Africa, per entrare in Europa da Gibilterra ed evitare Bab el Mandeb. È però una valutazione complessa, perché se il costo del maggior consumo di carburante può in qualche misura essere bilanciato da quello dell’aumento delle assicurazioni di navigazione, c’è il problema a tempo. La traversata aumenta di tempo e le merci cinesi arrivano con un ritardo che i consumatori europei potrebbero non accettare (soprattutto in questo periodo di festa). È però, nonostante gli interessi, Pechino potrebbe avere alte priorità.

Nei giorni scorsi, Pechino ha annunciato che nel 2024 parteciperà a esercitazioni congiunte con l’Iran all’interno delle acque del Golfo Persico. Sebbene non sia la prima volta che navi cinesi prendono parte a certe manovre, la comunicazione è stata molto oggetto di attento spin in questa occasione, annunciata mentre il capo dell’International Liaison Department del Partito Comunista Cinese, Lui Jianchao, era a Teheran. Cina e Iran hanno colto l’occasione per sottolineare come gli Stati Uniti siano responsabili di giocare un “ruolo negativo”, mentre per Liu “è apprezzabile il ruolo dell’Iran nel mantenimento della pace e della stabilità nella regione dell’Asia occidentale e ha affermato che Pechino sostiene le politiche iraniane per garantire una sicurezza sostenibile nella regione”. Lo stesso Iran che ha dato le armi agli Houthi. Ma la narrazione ruota molto attorno al sottolineare che gli Usa sono i responsabili della destabilizzazione regionale non chiedendo il cessate il fuoco a Israele.

×

Iscriviti alla newsletter