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Difesa e vincoli di stabilità, una buona notizia per le Forze armate. Il commento del gen. Del Vecchio

L’esclusione degli investimenti per il settore della Difesa dai vincoli del Patto di stabilità e crescita è un elemento positivo, strettamente legato all’impegno che le Forze armate esercitano nel contesto internazionale per la salvaguardia della pace. L’analisi del generale Mauro Del Vecchio, già comandante del comando operativo di vertice interforze

Il fatto che le risorse per il nostro settore della Difesa siano state escluse dai vincoli del Patto di stabilità è un elemento positivo, fondamentale per assicurare l’impiego delle Forze armate a difesa della pace. Questo il cuore dell’analisi affidata ad Airpress dal generale Mauro Del Vecchio, già comandante del Comando operativo di vertice interforze (Coi), con alle spalle una carriera che lo ha visto impegnato, tra gli altri, nei Balcani e in Afghanistan, sulla decisione di escludere gli investimenti per la difesa dal calcolo degli obbiettivi di bilancio nel Patto di stabilità, rinegoziato a Bruxelles. “Il Patto di stabilità e crescita su cui si sono confrontati nei giorni scorsi i Paesi europei a Bruxelles – ha detto il generale –è un passaggio fondamentale per la sicurezza economica dell’Ue, che impone talvolta misure economiche restrittive nei riguardi degli Stati, tra cui il nostro, che non presentano totalmente i richiesti parametri economici”. Per questo, sottolinea Del Vecchio “va certamente registrato positivamente il fatto che le risorse per il nostro settore della Difesa siano state escluse dai suddetti vincoli e non siano state penalizzate nel senso sopra indicato”.

L’impatto sull’impiego delle Forze armate

Per il generale, infatti “non si tratta di provvedimenti di poco conto, perché sono strettamente legati all’impegno che le nostre Forze armate esercitano ormai da molti anni nel contesto internazionale per la salvaguardia della pace e il superamento delle controversie, ma anche alla necessità di garantire efficienza operativa ad uno strumento di sicurezza (quello militare) che richiede un continuo ammodernamento ed adeguamento alle sempre diverse esigenze operative”. Per il generale il tema degli investimenti per la difesa è collegato direttamente alla capacità militare di agire nel contesto internazionale. “Sarebbe lungo ripercorrere le caratteristiche di questo impegno, basti ricordare che la nostra componente militare, grazie alle sue articolazioni, opera da decenni in ogni parte del mondo ed in diverse configurazioni (terrestre, navale, aeronautica e di sicurezza) per garantire il superamento dei contrasti internazionali, sovente caratterizzati da violenze e sopraffazioni, e per salvaguardare o ripristinare la pace”. Di conseguenza “in un contesto così complesso e di tale portata, non può essere assolutamente sottovalutata l’importanza che, ai fini di un suo appropriato impiego, riveste la sicura e sempre indispensabile efficienza operativa della componente militare nazionale”.

La posizione italiana

Una posizione che fa eco a quella del ministro della difesa Guido Crosetto, che commentando la decisione di Bruxelles ha sottolineato come con la scelta il comparto difesa non entra più in contrasto con sanità, scuola, ambiente, com’è giusto che sia. Per il ministro, infatti, “in un momento difficile come questo era giusto liberare risorse per sanità, sociale, interventi per la fiscalità e per la competitività delle aziende, senza rinunciare alla sicurezza”. Una posizione che, per il ministro, recepisce in pieno la posizione italiana: “è una vittoria storica del governo – ha ribadito Crosetto, aggiungendo come – il nostro lavoro di squadra e la serietà delle nostre posizioni sono state coronate dal successo”. Il ministro ha infatti rivolto i suoi ringraziamenti al presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e al ministro dell’economia, Giancarlo Giorgetti, “per il grande risultato ottenuto nella ridefinizione delle regole e dei parametri europei per i prossimi anni”.

La battaglia di Crosetto

Del resto, lo scorporo delle spese della difesa dal Patto è un tema che il ministro ha portato avanti da tempo, anche in sede europea. Proprio nel corso di un’audizione a novembre davanti alle commissioni Difesa della Camera e Affari Esteri e Difesa del Senato, Crosetto aveva ribadito i motivi dietro la necessità di svincolare le spese per la Difesa da patto di stabilità. “Sono stato il più sincero tra i ministri della Difesa a dire ‘forse non ce la facciamo’, a fronte della situazione di bilancio”, ha evidenziato Crosetto. “Il ragionamento che l’Italia può fare in Europa è sottolineare come l’aumento degli stanziamenti per la Difesa sia un obiettivo di investimento imposto dall’esterno che non può essere in contrasto con le necessità di spesa in altri settori”. Per il ministro, infatti “le spese per la Difesa non possono diventare argomento di discussione politica, dobbiamo superare la stucchevole polemica ideologica che associa alle spese per la difesa solo un concetto di costo”. Per il ministro, questi investimenti rappresentano piuttosto un valore strategico per il sistema-Paese, per la difesa europea e per la crescita economica di tutti gli Stati membri.

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