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Sul Patto di stabilità l’Italia si è mossa bene. Ma la fuga in avanti franco-tedesca… La versione di Sapelli

Il governo italiano sulla riforma del Patto di stabilità, a cui l’Ecofin ha dato il via libera, ha lavorato bene. La fuga in avanti di Francia e Germania, poche ore prima, è stata grave perché ha tagliato fuori uno dei Paesi fondatori. Paghiamo il nostro (giusto) spostamento verso l’anglosfera. E le elezioni… Conversazione con l’economista Giulio Sapelli

L’Ecofin ha dato il via libera alla riforma del Patto di stabilità, che prevede nuove regole “realistiche, equilibrate, adatte alle sfide presenti e future”. A darne notizia, su X, è la presidenza di turno dell’Ue, detenuta dalla Spagna. Soltanto poche ore fa, avevamo assistito a una fuga in avanti di Francia e Germania sul processo di riforma. “La Francia teme di essere depotenziata sul piano diplomatico e geopolitico dalle mosse degli Stati Uniti, mentre la Germania teme i riflessi economici negativi delle sanzioni inflitte alla Russia. Ma la cosa grave è tagliare fuori l’Italia, che è un Paese fondatore dell’Ue”. Giulio Sapelli, economista, docente alla Statale di Milano e presidente della fondazione Germozzi stigmatizza la fuga in avanti dei due Paesi europei su una processo di riforma nel quale “il nostro Paese ha tutta la legittimità di giocare da protagonista”.

Professor Sapelli, la riforma è stata approvata, ma come si spiega l’atteggiamento dell’asse franco-tedesco?

Probabilmente la mossa di Francia e Germania è una reazione dello spostamento dell’Italia verso l’anglosfera, nel solco di una politica estera sempre più allineata agli Stati Uniti. Non a caso questa presa di posizione arriva dopo la visita del primo ministro britannico Rishi Sunak in Italia. Evidentemente questo spostamento pesante di Meloni verso l’anglosfera si tradurrà in un indebolimento nei rapporti fra Germania e Francia, che stanno invece cercando di rafforzare il loro ruolo in Ue.

Secondo lei, il governo, sulla partita della revisione del Patto come si è mosso? 

Si è mosso bene, rivendicando autonomia, ma soprattutto che gli investimenti vengano espunti dal computo del debito, in particolare quelli che serviranno a favorire la transizione ecologica e tecnologica. Bene fa il premier a tenere il punto sul Mes: alla fine verrà ratificato, ma è giusto che ribadisca il fatto che non verrà utilizzato. Il punto è che dal Mef non è emersa una linea chiara a lungo termine.

Questo processo come impatterà in proiezione sulla scadenza elettorale del 2024 in Europa?

L’Italia arriva all’appuntamento elettorale con un governo che deve fare i conti con la possibilità che le forze si “scompongano” sulla base delle diverse sensibilità.

Cosa intende dire?

Meloni deve esercitare, anche in Europa, la funzione di mediatrice. Forza Italia è totalmente schiacciata su posizioni europeiste, costi quel che costi. La Lega, d’altra parte, si contrappone in maniera speculare con posizioni fortemente euroscettiche. Quindi il lavoro di Meloni sul Patto e non solo è giusto e corretto. Però ora va fatto un passo avanti: va posta l’attenzione sull’assenza di una costituzione europea. Questo potrebbe essere il passaggio politico chiave per lasciare memoria dell’azione del governo nella storia.

È arrivato nei giorni scorsi il primo via libera alla Manovra. Qual è la sua valutazione?

Mi sembra una manovra tutto sommato debole, che infrange le speranze di una riforma fiscale strutturata e complessiva. Più che la Manovra, però, sottolineerei l’importanza dell’aver intercettato anche l’ultima tranche di finanziamenti del Pnrr. Un grande lavoro – e un successo europeo – del governo, grazie all’ottimo operato del ministro Raffaele Fitto.


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