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Uno squarcio sul presepe della politica italiana. Scrive Tivelli

Composizione significativa, anche se per certi versi contraddittoria, quella di un presepe immaginato da Luigi Tivelli fatto dei volti della politica di oggi

Se mi metto nei panni di quegli artisti napoletani che ogni anno scolpiscono per il presepe anche le statuine più significative della politica italiana, ne verrebbe una composizione significativa, anche se per certi versi contraddittoria.

Il ruolo della Madonna è in ogni caso quello di Giorgia Meloni, una Madonna a due facce, quella di quasi statista quando si muove nell’agone internazionale, e quella doppia di già premier di fatto (non ricordo presidenti del consiglio dotati di così forti e riconosciuti poteri) e quella di leader che sa titillare anche gli aspetti più reconditi della pancia degli italiani, per qualche verso anche in salsa populista.

Al posto di San Giuseppe non si può non mettere il presidente Mattarella. Anche se, pur nei minimi accenni o nei silenzi che parlano da parte del San Giuseppe-Mattarella, sembra che in questa fase non ci sia piena condivisione di obiettivi e finalità tra la Madonna contemporanea e il San Giuseppe Contemporaneo.

L’asinello non assume un volto nelle statuine degli intelligenti presepisti napoletani; forse consapevoli che la scelta sarebbe troppo vasta, perché la cultura non è la caratteristica migliore di questa classe politica. Il bue assume, invece, le forme e il volto del presidente del Senato Ignazio La Russa, che regolarmente mostra di avere uno stile e un tocco sobrio, elegante, raffinato e delicato… doti che gli valgono il ruolo di bue nel presepe della politica italiana.

Il posto di uno dei tre Re Magi è certamente occupato dal ministro Tajani, il re magio che porta l’oro, perché nelle antiche rappresentazioni, come è noto, c’è sempre uno dei tre re magi più equilibrato e competente.

Compare poi un re magio molto originale, tale generale Vannacci, che porta con sé un libro molto improbabile, che è stato però un dono per l’alleanza politica su cui si regge il governo, in quanto ha contribuito a tirar fuori dalla pancia degli italiani quella miscela di populismo e luoghi comuni che per certi versi si può trasformare in voti, specie per le forze ad impronta più populista – a cominciare da quella guidata da Salvini.

Un Salvini che è il terzo re magio, che non si capisce bene, tuttavia, quali doni porti alla Madonna, mentre non ne porta certo a San Giuseppe. Alla Madonna-Meloni porta in dote certamente quell’eco populista che risuona spesso nelle sue dichiarazioni di cui può beneficiare, per certi aspetti, anche il partito di Meloni oltre che la Lega di Salvini.

Al centro del presepe c’è un bambino Gesù un po’ infreddolito e rattrappito, che fuor di metafora sarebbe il Parlamento, il nutrimento fondamentale di ogni democrazia, in Italia in questo anno per molti versi decaduto, emarginato e depresso.

La gamma dei pastori del presepe della politica italiana è molto varia. Si va da Donzelli, unica statuetta che parla a razzo in continuazione, a Renzi, che da ultimo ha imbracciato la lotta al giustizialismo. Una statuetta – quella di Renzi – con il giornale in mano, visto che si è perfino reinventato come direttore editoriale.

Gli artisti napoletani sono poi in grado anche di scolpire statuette di Cuneo. C’è quella della ministra Santanché (unica statuetta che ha beneficiato ampiamente di supporti di chirurgia plastica) che resta imperterrita rispetto alle sue performance di imprenditrice con aspetti para-giudiziari. L’altra statuetta cuneese più che una statuetta è una grossa scultura, quella del ministro della difesa Crosetto, che indica con la mano alzata il pericolo di certe componenti dell’associazione magistrati, mentre con l’altra mano abbassata ha provato senza successo ad addomesticare quel generale Vannacci che è riuscito a diventare un re magio, con un libro improbabile in mano.

Come avviene per ogni buon presepe, gli italiani stanno ad osservare e guardare, molti di loro, però, con lo spirito da visitatori spenti, assuefatti, e con una chiara discesa degli anticorpi, anche perché osservano con ben poca passione e ancor meno fiducia quella statuetta in gonnella che dovrebbe rappresentare l’opposizione, ma che spesso parla in termini incomprensibili a molti; una statuetta colorata in termini armocromatici come non può non essere quella di Schlein, accanto alla quale, sempre pronto a defilarsi o a scavalcarla, posa la statuetta dell’avvocato Conte, quella che più di tutte, nel presepe della politica italiana, assume le sembianze di camaleonte.

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