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Il falco e il federatore, cosa rimane di Schäuble e Delors. Parla Quadrio Curzio

Il teorico dell’austerity agiva per dogmi e nella Germania post pandemia il suo approccio non potrebbe più funzionare. Delors capì l’importanza della moneta unica, ma oggi quella visione di lungo periodo si è smarrita. Il Patto di stabilità? Se due ministri ribaltano la proposta della Commissione vuol dire che c’è un problema. Colloquio con l’economista e presidente emerito dell’Accademia dei Lincei

Uno è stato il padre della moneta unica, federatore e unificatore di un’Europa ancora acerba e che forse non esiste più. L’altro il teorico indiscusso del rigore e dei conti in ordine, costi quel che costi. Da qualunque lato la si voglia vedere, in questi giorni l’Ue ha perso due figure portanti della sua storia e della sua evoluzione. Da una parte politico Jacques Delors, economista francese, tra gli ispiratori del mercato unico e dell’euro, dall’alto dei quasi 10 anni trascorsi ai vertici di quella che sarebbe divenuta la Commissione europea, tra il 1985 e il 1995.

Dall’altra, Wolfgang Schäuble, uno dei giganti della politica tedesca, il falco tra i falchi dell’austerità nell’eurozona, l’ex ministro delle Finanze di Angela Merkel, spesso celebrato in patria e altrettanto criticato all’estero. Il destino ha voluto che Schäuble se ne sia andato proprio nelle settimane in cui il governo di Olaf Scholz si dibatte tra le difficoltà di bilancio, nel tentativo di rispettare il freno al debito tedesco, previsto dalla Costituzione, dal 2009 e nei giorni in cui il nuovo Patto di stabilità consegna definitivamente ai posteri quel rigore di cui il ministro teutonico fu teorico e promotore.

Negli anni dell’eurocrisi, degli spread alle stelle, Schäuble divenne infatti il volto più noto della severità tedesca verso i partner sud-europei, a partire dalla Grecia sull’orlo del collasso, per arrivare all’Italia. Chiariti certi aspetti, è lecito chiedersi cosa abbiano rappresentato per l’Europa queste due personalità. E se può esserci un’eredità, non solo politica. Formiche.net ne ha parlato con Alberto Quadrio Curzio, economista, saggista e presidente emerito dell’Accademia dei Lincei.

C’ERA UNA VOLTA L’AUSTERITY

“Schäuble è certamente stata una personalità di spicco nella sua lunga carriera, a cominciare dall’esperienza con Helmut Kohl (ex cancelliere della Germania, dal 1982 al 1998 e padre della riunificazione tedesca, ndr) in veste di ministro degli Interni per poi passare alla gestione della politica economica della Germania, dimostrando sempre una certa cifra”, premette Quadrio Curzio. “Con Angela Merkel aveva un ruolo che poteva essere slegato, lo dimostra il fatto che quando Draghi decise di lanciare il Qe, Merkel disse sì, salvando il decennio. Ma no credo che Schäuble fosse tanto d’accordo”.

Certo, l’ex ministro tedesco è sempre stato accostato a un rigore che oggi sembra lontano anni luce. “Il rigorismo di Schäuble è sempre stato molto dogmatico. E pensare che oggi la Germania non se lo potrebbe permettere tale approccio, per una serie di motivi anche abbastanza evidenti, ma allora sì. Si pensi che l’ex direttore generale del Mes (Klaus Regling, ndr) era un tedesco ortodosso, anche lui suo malgrado segno di quel tempo, di cui Schäuble era un po’ il simbolo indiscusso”.

L’EUROPA DI DELORS. POCA TATTICA E TANTA VISIONE

Decisamente diverso il caso di Delors. Quadrio Curzio condivide l’appellativo di federatore. “Sì, lo fu, a tutti gli effetti. Pur essendo francese, il che non è certo una critica, non ha mai avuto una visione sovranista dell’Europa. Lui riusciva a capire, e questo era un grande pregio, il mercato e come far funzionare l’economia e farla evolvere. Delors sapeva che il mercato era importante e che non serviva troppo dirigismo. E poi intuì la necessità della moneta unica, mettendo sullo stesso piano una dimensione monetaria, accanto a quella reale”.

Ma cosa rimane di tutto questo? “Questa Europa è molto lontana da quella visione, anche per eventi esogeni. Ma le istituzione comunitarie sono diverse, Delors aveva una visione di lungo periodo, non aveva un approccio tattico. Oggi invece di tattica si vive. Potremmo dire che era una forma di socialismo europeista, come quello di Mitterrand. Forse figlio delle stesse guerre europee”.

QUELL’OMBRA SUL PATTO

L’economista poi si spende anche sul recente accordo per la riforma del Patto di stabilità. “Non mi pare un grande salto di qualità. Sganciare gli interessi dal deficit per tre anni non vuol dire non pagarli, perché prima o poi si pagano. Quindi solo nominalmente tali voci non pesano sul deficit, ma da un punto di vista reale invece pesano. L’aspetto che mi preoccupa è che la Commissione Ue ha fatto una proposta, ad aprile, dopo un anno di riflessioni. Poi arrivano Francia e Germania, si accordano e ne fanno un’altra, che passa. Mi pare che ci sia un problema istituzionale, che ne è del peso specifico della Commissione?”.

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