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La riunificazione europea e un Piano Mattei per i Balcani. Meloni in Serbia

Visita di Meloni da Vucic: “Siamo due persone che parlano chiaro e per questa ragione è più facile intendersi. Miglioreremo gli scambi commerciali, la strategia contro l’immigrazione illegale e l’Italia sarà sempre al fianco della Serbia per la riunificazione europea dei Balcani”

La “riunificazione europea” deve contemplare i Balcani occidentali e l’Italia sarà sempre al fianco di questi Paesi, Serbia in primis. Dopo la Cop28 Giorgia Meloni fa “scalo” a Belgrado, per mantenere la promessa di una visita ufficiale, pur incastonata in un’agenda molto densa: delicata e significativa, sia perché il costone balcanico è foriero di molti dossier primari per Roma (migranti, energia, transizione) sia perché è nevralgico nel processo di allargamento che l’Unione europea tiene in grande considerazione e che vede il governo italiano in una posizione attiva.

Più Italia in Serbia

Punto di partenza l’imminente iniziativa di Stellantis che inizierà a produrre la Panda elettrica a Kragujevac, circostanza che il presidente serbo, Aleksandar Vucic, celebra come fondamentale e si augura per questo che Roma torni a essere primo partner economico e commerciale del suo Paese. C’è già molta Italia in Serbia, gli ha fatto eco il premier italiano, ovvero molte aziende italiane che investono e “che contribuiscono a un’occupazione che coinvolge circa 50mila lavoratori, ma si può fare di più, credo che il fatto che Belgrado sia la prima città al mondo nella quale hanno aperto degli uffici aziende italiane di estrema importanza racconti dell’attenzione che c’è da parte del mondo imprenditoriale italiano a investire in questa nazione anche sulla base del lavoro che il governo del Presidente Vučić ha portato avanti”. Rapporti che sono confermati dall’interesse crescente manifestato da parte delle aziende italiane, del sistema istituzionale italiano e anche dalle regioni italiane.

Geopolitica nei Balcani

In secondo luogo i dossier legati alla geopolitica. Secondo Meloni, Italia e Serbia condividono l’approccio alla “guerra di aggressione all’Ucraina” (su cui oggi il segretario della Nato Stoltenberg ha detto di aspettarsi notizie non positive), quello solidale nei confronti delle popolazioni colpite dalla crisi a Gaza e quello contro i flussi irregolari di migranti. Tematiche altamente strategiche, che comunque hanno nei Balcani un punto non secondario.

Non è un mistero infatti che, all’indomani dell’attacco terroristico di Hamas contro Israele del 7 ottobre scorso, moltissimi analisti si sono interrogati su quale sarebbe stato il prossimo fronte bellico. E tra i maggiori “candidati” figuravano due aree: il Nagorno-Karabakh e quella tra Kosovo e Serbia. La prima è stata verosimilmente disinnescata dalla sentenza della Corte Internazionale di Giustizia che due settimane fa ha riconfermato l’integrità territoriale dell’Azerbaigian sul Garabagh, la seconda vede impegnate Ue e Usa sul fronte della diplomazia, con l’Italia parte in causa.

Altro piano Mattei?

Alla luce di questi macro punti di contatto, l’interlocuzione tra i governi di Roma e Belgrado può solo portare buoni frutti, sia in seno alla stabilizzazione europeistica dei Balcani, sia come accrescimento del ruolo italiano in loco. Roma pivot nei Balcani, rappresenta in teoria lo stesso punti di caduta immaginato per il piano Mattei in Africa, ovvero con la costruzione di rapporti e relazioni con i singoli paesi al fine di elaborare strategie condivise e rafforzare i rapporti bilaterali in un’ottica di insieme.

Obiettivi che sono stati al centro di varie iniziative, come il forum italo-serbo dello scorso maggio (e che sarà replicato nel 2024), la Conferenza di Trieste sui Balcani promossa da Palazzo Chigi, e di altri appuntamenti mirati, come il primo incontro del “Gruppo di lavoro sui Balcani occidentali 2030 per gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) e l’Unione Europea”, recentemente promossoa dal rappresentante permanente dell’Italia presso le Nazioni Unite a New York, Ambasciatore Maurizio Massari, assieme al collega della Bosnia ed Erzegovina, Zlatko Lagumdžija. Tutti segni di un attivismo italiano in quella macro area che, secondo Meloni, è area fondamentale per la sicurezza e la crescita economica.

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