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Ho sbagliato indirizzo. Guida del preside alle iscrizioni alle superiori

Diversi studenti al primo anno delle superiori, dopo pochi mesi di frequenza, si accorgono di “aver sbagliato indirizzo”. Si rende necessaria una riforma dei cicli e degli indirizzi della secondaria di secondo grado. Interessante la riforma, per i professionali e tecnici, del ministro Giuseppe Valditara. Una riflessione dello storico del cinema e preside Eusebio Ciccotti

“Non si può fare decidere ad un ragazzo di quattordici anni quale indirizzo scegliere! Non sono maturi ancora per individuare un percorso di cinque anni”. Così centinaia di genitori, nei miei quaranta anni di vita a scuola, i cui figli si arenavano di fronte all’insuccesso scolastico dopo la terza media. E tra un mese i ragazzi di terza media, che si diplomeranno a giugno, dovranno scegliere l’indirizzo delle “superiori”.

Sono veramente troppi i ragazzi che al primo anno delle superiori incontrano difficoltà. E se, dopo esser stati rimandati ce la fanno ad arrivare al secondo anno, per alcuni di loro è ardua l’ammissione alla classe successiva.

Che si parli di primo biennio, secondo biennio e anno conclusivo o di biennio e poi di triennio sta di fatto che alle superiori l’abbandono scolastico o il “mezzo successo” formativo (siamo eleganti) ormai è sotto gli occhi di tutti i docenti e presidi. E delle famiglie. Si parla di circa il 10% di ragazzi che si fermano alla fine del biennio, sovente con una bocciatura alle spalle, ossia a 17 anni di età.

Quando l’adolescente incontra difficoltà si rischia l’abbandono scolastico. I più “fortunati” imboccano la via delle “private” o “parificate” o dei centri di “recupero anni scolastici 3 in 1”. Scuole alternative, alcune efficienti, molte discutibili (anche qui ci permettiamo un tocco di eufemistica eleganza).

Tutti gli studi confermano che gli alunni italiani sino alla quarta della primaria raggiungono risultati lusinghieri in matematica e in italiano. Le prove Invalsi della terza media, purtroppo, fanno retrocedere l’Italia negli ultimi posti in Europa.

Cosa accade in Italia nella secondaria di primo grado e nella vita dei nostri adolescenti del terzo millennio? A oggi nessuno lo sa con precisione. È un problema di didattica? Della necessità di un tempo pieno, che non c’è, in rapporto ai programmi più consistenti nella secondaria di primo grado? Del mondo digitale che ruba, a man bassa, ore preziose che l’alunno dell’era analogica dedicava allo studio? Dell’imperversare di scuole di calcio, scuole di ballo, ecc.? Di educazione famigliare? Forse una scheggia di ognuno di questi fattori.

La soluzione? Se ne parla da anni. Alcuni pedagogisti e professori, proposero la “scuola media” di 4 anni, per dare all’adolescente un anno in più per acquisire competenze nelle “materie di formazione” (italiano, scienze, matematica, inglese) e di conseguenza giungere a corretta scelta di indirizzo.

Il ministro Luigi Berlinguer, sul suggerimento del linguista (e poi brevemente ministro) Tullio De Mauro propose un ciclo di 7 anni tra primaria e media (anziché 8), con un percorso di secondaria di 2 bienni, di diverso indirizzo, e un ultimo anno per la maturità. Ciclo complessivo di 12 anni, all’europea. Con nel curriculo l’80% di materie “nazionali” e un 20% di discipline legate al territorio. Anche qui un limite: i preadolescenti, a tredici anni, non avevano il tempo per maturare una scelta mirata. La proposta non andò in porto.

Non sarebbe da scartare neanche l’ipotesi di un biennio unico alle superiori, in cui l’adolescente matura le sue scelte e fortifica le competenze, per poi iniziare una specializzazione triennale. Ossia il “triennio forte” di indirizzo: scientifico, umanistico, commerciale, linguistico, artistico, tecnico, professionale, ecc.

Sul “triennio di indirizzo” vi sono obiezioni circa i programmi: i tre anni non sarebbero sufficienti per trasmettere le complete competenze richieste agli attuali diplomandi. Ma si potrebbe fortificare il triennio con almeno due rientri a settimana.

In questi mesi l’attuale ministro, prof. Giuseppe Valditara, sta proponendo una riforma dei professionali e dei tecnici che si prospetta piuttosto interessante. Dopo il percorso delle “superiori” ridotto a 4 anni si aggancia una specializzazione di 2 anni (Its – Academy), sul campo, con le industrie, le aziende, le attività produttive del territorio in cui l’istituto è inserito. Con docenti provenienti dal mondo del lavoro di diversi settori: economia, industria, giurisprudenza, medicina, innovazione tecnico-digitale, arte, turismo, ecc. Vedremo.

Comunque, andrebbero, nel contempo, sanate tre attuali “debolezze” del sistema italiano: 1) una scelta precoce a quattordici anni che sovente danneggia il percorso dell’adolescente, anche dal punto di vista psicologico; 2) un quinquennio in cui si studia un po’ di tutto senza essere degli specialisti; 3) l’orario mattutino: l’Italia è il solo Paese in Europa in cui, alle superiori, si va a casa, nella maggior parte degli indirizzi, intorno alle 14.00.

 


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