Si tratta di un altro passo di Erdogan verso la pax atlantista, in attesa dei tavoli diplomatici su Kyiv. In primis la Turchia intende far pesare la sua decisione: la prospettiva è quella di una trattativa, lunga e laboriosa, che al suo interno possa contemplare alcuni dossier che Ankara ritiene strategici.
Il ritardo con cui la commissione esteri del Parlamento turco ha dato il primo parere positivo sull’ingresso della Svezia nella Nato porta in dote una serie di riflessioni (di merito e di metodo) sul ruolo che Ankara intende ritagliarsi, sia nelle partite attuali che in quelle future. Certamente all’interno delle dinamiche euroatlantiche per quanto riguarda il posizionamento tattico verso gli alleati, ma al contempo (con il voto “sofferto”) invia un segnale strategico anche al di là dell’oceano.
Pax atlantista
Si tratta di un altro passo di Erdogan verso la pax atlantista, in attesa dei tavoli diplomatici sull’Ucraina? In primis la Turchia intende far pesare la sua decisione: lo ha ribadito a chiare lettere il capo della Commissione Fuat Oktay, che al contempo ha minimizzato le aspettative per un voto rapido nell’Assemblea Nazionale: “La decisione di sottoporlo all’assemblea generale è stata presa adesso, ma ciò non deve essere interpretato come un segno di rapidità. Non esiste una cosa del genere”. La prospettiva è quella di una trattativa, lunga e laboriosa, che al suo interno possa contemplare alcuni dossier che Ankara ritiene strategici.
In precedenza Erdogan aveva collegato la ratifica dell’adesione della Svezia da parte della Turchia all’approvazione degli Stati Uniti alla vendita dei caccia F-16, scontrandosi però con le difficoltà in seno al Congresso. In occasione di una telefonata con il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, Erdogan ha dapprima annunciato che Washington potrebbe dire di sì alla richiesta turca, ma d’altro canto ha provato a chiedere gli Eurofighters a Berlino o Londra.
Tattica e pretese
In parallelo vanno considerate le mosse ungheresi sulla scia di quelle turche. L’Ungheria potrebbe voler utilizzare il suo potenziale potere di veto sull’adesione della Svezia come strumento per sfruttare le concessioni dell’Unione europea, così come fatto in passato da Ankara. Un punto di equilibrio andrà trovato al più presto, sia per non inficiare le procedure in atto, sia per affrontare al meglio uno dei dossier più spinosi: l’Ucraina. La possibilità che la Turchia reciti un ruolo di primo piano nei tavoli diplomatici sulla guerra a Kyiv è una priorità per il governo Erdogan e la modalità con cui proseguirà nei prossimi mesi (voto sulla Svezia compreso) lo dimostra in tutta la sua interezza: non conterà solo quando si raggiungerà il risultato auspicato da Stoltenberg, ma sarà importante il come.
Alleati e partnership
Ma non è tutto, perché il discorso va allargato alle mire turche in Africa e al tipo di relazioni che Erdogan deciderà di avere nel 2024 con il triangolo di alleati: Iran, Cina e Russia. In primis va ricordato il meccanismo di lavoro attivato fra Ankara e Tripoli per un accordo doganale sulla cooperazione amministrativa reciproca: l’accelerazione su visti è un passo significativo tra i due paesi e in generale sulle ambizioni turche in Africa. In secondo luogo Erdogan punta a favorire la stabilizzazione istituzionale nel paese proprio per corroborare questa sua strategia. Lo ha confermato il ministro della Difesa turco Yaşar Guler secondo cui Ankara ha formato più di 15.000 dipendenti libici e ha fornito supporto sanitario ad altri 37.000.
Non solo dunque la Turchia punta a raggiungere l’integrità e l’unità politica della Libia, ma con un preciso ritorno: secondo il ministro della Difesa turco il suo Paese è stato il primo “a tendere la mano alla Libia”.
Con Pechino la Turchia sostiene una maggiore cooperazione in materia di investimenti visto che al momento la Cina è il terzo partner commerciale della Turchia, con scambi tra i due paesi che nel 2022 hanno raggiunto i 38,55 miliardi. Anche gli investimenti diretti della Cina in Turchia hanno registrato un aumento significativo, superando i 2,4 miliardi di dollari. Ciò per dire che il legame non subirà rallentamenti. Inoltre presidente iraniano Ebrahim Raisi visiterà Ankara il 4 gennaio per colloqui su Gaza, Siria e Ucraina.