Pensare ai grandi politici visionari, di cui la scomparsa di Delors rimanda l’eco, fa riflettere sul fatto di essere ormai un Paese fatto di “televisionari”, sia ai vertici politici che nei divani delle case degli italiani
La scomparsa di Jacques Delors purtroppo genera un’intuizione onestamente triste. Delors è stato uno degli ultimi politici visionari, che ha lasciato segni visibili e intangibili, cresciuto all’inizio nel sindacato, poi nella miglior burocrazia francese fino alla guida della Banca di Francia. Mentre oggi abbiamo a che fare, per certi aspetti in Italia ancor più che in altri Paesi, con i politici “televisionari”.
Come ha detto Giuseppe De Rita in una intervista a La Stampa di questi giorni, la politica in Italia vive sull’onda dell’opinione televisiva. I cittadini, ormai quasi tutti seduti comodi nei loro divani a bere quello che trasmettono TV almeno a 50 pollici, salgono e scendono man mano sull’onda dell’opinione televisiva. Sono “televisionari” sia i politici sia i cittadini.
Ma che tracce lasceranno certi leader o semi-leader “televisionari” odierni?
Jacques Delors ne ha lasciate due di importanza fondamentale per l’Europa: il progetto Erasmus e l’Euro. Il primo ha contribuito e contribuisce a far sentire cittadini d’Europa, a muoversi attraverso frontiere aperte, a cercare nuove collocazioni professionali molti giovani. Dell’Euro conosciamo alcuni vizi, ma non c’è dubbio che ha una virtù di fondo, quella di aver contribuito non solo alla riduzione dell’inflazione in vari Paesi e all’affermazione di una moneta europea, ma anche alla stabilizzazione delle economie del continente.
Eppure, non è che solo la Francia esprime politici visionari, come del caso di Jacques Delors.
Quanto all’Europa, si pensi ad Altiero Spinelli, che si è battuto fino alla morte per un vero federalismo europeo, in coerenza con quel manifesto di Ventotene che aveva steso insieme ad Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni.
Li esprimeva anche l’Italia. Tale è stato Alcide De Gasperi, che ha mostrato anche il coraggio di remare contro il pensiero troppo corto ed opportunista della Chiesa e del Vaticano e di impostare al meglio la ricostruzione del Paese, senza mai venir meno alla linea del rapporto tra la Democrazia Cristiana e i partiti laici.
Pensiamo a Ugo La Malfa che nel 1952 da ministro del Commercio Estero, sostenuto da De Gasperi, ebbe il coraggio di andare pienamente contro, ad esempio, la dura opposizione della Confindustria di allora, e di decretare quella liberalizzazione degli scambi che ha permesso al Paese di aprire le finestre al commercio internazionale e di uscire dall’autarchia. Lo stesso Ugo La Malfa che nel 1962, da visionario concreto, così come era Jacques Delors, propose la programmazione e la politica dei redditi. Si pensi a Ezio Vanoni, che con coraggio e contro tante piccole grandi corporazioni varò la riforma tributaria. Ma per certi aspetti visionario è stato anche Bettino Craxi, che inseguiva il progetto di rafforzare il Partito Socialista collegandolo alle altre forze democratiche, cercando di svuotare l’italico bacino del partito comunista, nell’Italia della guerra fredda di allora.
Pensare a questi grandi politici visionari, di cui la scomparsa di Delors ci rimanda l’eco, ci fa riflettere sul fatto di essere ormai un Paese fatto di “televisionari”, sia ai vertici politici che nei divani delle case degli italiani. “televisionari” ancor più condizionati dal rapporto tra la televisione e i social network: il cicaleccio inutile continuo, la fiera dei tweet che durano lo spazio di un’ora.