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Washington non teme il nucleare russo. E forse sbaglia. Parola di Schroeder

L’esperto di strategia statunitense spiega perché negli Usa si usi un approccio sbagliato nel soppesare la postura nucleare di Mosca. Con rischi di misunderstanding fatali. Ma non tutto è perduto

A Washington, la narrazione sulla minaccia nucleare russa è molto ottimista: mentre il portavoce della Casa Bianca John Kirby in gennaio ha affermato che “Non abbiamo alcuna indicazione che il signor Putin abbia intenzione di usare armi di distruzione di massa, tanto meno armi nucleari”, la direttrice dell’intelligence nazionale Avril Haines ha definito “molto improbabile” un utilizzo del suo arsenale nucleare da parte della Russia; e anche il direttore della Cia William Burns, seppur richiamando l’attenzione sulla retorica nucleare ampiamente utilizzata da Mosca, la interpreta come atta a intimidire l’Occidente, e non a segnalare un’intenzione nell’utilizzo di ordigni atomici. Anche le visioni più pessimiste che circolano nella comunità strategica statunitense vedono l’utilizzo di un ordigno tattico sul campo di battaglia ucraino, e non contro un Paese Nato.

Uno sbaglio, come lo definisce Peter Schroeder, adjunct senior fellow del Transatlantic security program al Center for a New American Security, ex-Principal Deputy National Intelligence officer for Russia and Eurasia per il National Intelligence Council, e membro del Senior analytic service della Cia, in un articolo pubblicato su Foreign Affairs. Schoreder sostiene infatti la tesi opposta, secondo cui un attacco nucleare ai danni di un Paese membro della Nato è molto più realistico di qualsiasi altra opzione. Questione di percezioni: per la Russia l’Ucraina ha un’importanza primaria, per gli Stati Uniti no. E questo rende Mosca molto più disposta a ricorrere a tutti i mezzi possibili.

E non come ultima risorsa sul campo di battaglia ucraino. La retorica nucleare adottata dal Cremlino negli ultimi ventiquattro mesi non segnala infatti una volontà di impiegare ordigni tattici, ma quella di arrivare ad un vero e proprio stand-off nucleare con l’Alleanza Atlantica, pur di proteggere i propri interessi in Ucraina. Il motivo è individuabile, secondo Schroder, nella relativa inutilità che l’impiego di ordigni minori sul campo avrebbe lungo la linea del fronte; anzi, un loro impiego non porterebbe vantaggi operativi, rafforzerebbe il morale ucraino e la determinazione dell’Occidente a sostenere Kyiv, oltre ad affondare diplomaticamente la posizione di Mosca. Inoltre, il calo del sostegno occidentale all’Ucraina registrato in questi mesi e l’approssimarsi delle elezioni statunitensi (con possibile vittoria di Trump) potrebbero avere pesanti impatti sulla capacità di Kyiv di sopportare l’attrito bellico. Uno scenario che da speranza alla leadership di Vladimir Putin.

Al contrario, la combinazione di un rinnovato sostegno occidentale all’Ucraina sufficiente per garantirgli i mezzi richiesti a sconfiggere militarmente Mosca e di un degradarsi dell’economia russa per via delle sanzioni, potrebbe rappresentare un pericoloso innesco per l’escalation tra Mosca e Nato. Che potrebbe rimanere sul piano convenzionale, ma potrebbe anche arrivare all’impiego di armi atomiche. Magari ad uso dimostrativo, magari no. Schroder ricorda come, sul piano atomico, Russia e Stati Uniti siano molto più vicini alla parità che nel campo convenzionale. Strategicamente, Mosca ha tutto l’interesse a spostare il confronto in territorio nucleare.

Inoltre, al Cremlino sanno benissimo che, nonostante la retorica dei suoi funzionari, la Casa Bianca non è pronta a sopportare un’escalation nucleare per l’Ucraina. Anzi, di fronte ad un rischio concreto è probabile che Washington decide di cercare il compromesso piuttosto che proseguire nella letale spirale atomica.

Come possono quindi gli Usa prevenire che Putin opti per la strada dell’escalation nucleare? Secondo l’autore dell’articolo, due sono le principali strade da battere: la prima è quella di intervenire nel processo di decision-making di Mosca, sfruttando ogni possibile leva per segnalare ai membri dell’apparato governativo russo quanto il ricorso all’arma nucleare abbia per loro più svantaggi che vantaggi; la seconda è invece quella di interfacciarsi con gli stati non-allineati in questa competizione, per spingerli ad esercitare pressione su Mosca contro l’utilizzo del proprio arsenale atomico.  “Il gioco del nucleare è pericoloso, soprattutto con un leader autoritario come Putin. Non è il momento di compiacersi. Affinché il mondo possa evitare una guerra nucleare, i Paesi dovranno persuadere Mosca che la vittoria in Ucraina non vale il costo di portare il mondo sull’orlo del precipizio” chiosa al riguardo lo stesso Schroder in chiusura.



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