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Così l’agenda G7 si fa virtuosa (anche per l’Italia). Parla Nelli Feroci

I Paesi del G7 sono importanti ma, ormai, destinati a svolgere un ruolo meno determinante nel contesto delle relazioni internazionali. Per cui sarà fondamentale cercare di mantenere una particolare attenzione verso quei Paesi che non ne fanno parte e che dovrebbero, nei limiti del possibile, essere quanto più coinvolti nelle decisioni del vertice stesso. Conversazione con Ferdinando Nelli Feroci, presidente dell’Istituto affari internazionali

In caso di spiragli per una soluzione politica il G7 potrebbe essere un’occasione per lavorare su una prospettiva di soluzione diplomatica. Così l’ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, presidente dello Iai, racconta le prospettive “belliche” del vertice la cui presidenza spetta all’Italia, nella consapevolezza che l’agenda G7 potrebbe essere un’occasione anche per coinvolgere un ampio gruppo di Paesi sull’idea di una collaborazione strutturata con i Paesi africani.

Gaza più Kyiv: come cambia la priorità dell’agenda italiana del G7?

Tradizionalmente il vertice del G7, ma anche i ministri degli Esteri, si occupano delle grandi crisi che caratterizzano lo scenario internazionale. Quindi è inevitabile che la guerra in Ucraina e la ripresa del conflitto israelo-palestinese saranno tra i temi al centro dell’agenda del G7. Immaginare come il G7 potrà contribuire per avviare a soluzione questi due conflitti è molto più difficile in considerazione delle numerose incognite che caratterizzano le due crisi.

La linea dell’Occidente e lo sforzo del G7 come potranno intrecciarsi?

In Ucraina oggi siamo in presenza di una situazione di stallo sul terreno, ma anche di una enorme difficoltà a trovare una via d’uscita politico-diplomatica del conflitto. La linea dell’Occidente è stata quella di condanna dell’aggressione russa e di pieno sostegno dell’Ucraina: credo che se non ci saranno novità spettacolari di qui a giugno, il G7 non potrà che confermare questa linea. Se nel frattempo ci fossero spiragli per una soluzione politica, sono sicuro che il G7 potrebbe essere un’occasione per lavorare su una prospettiva di soluzione diplomatica.

Molto complicato è anche l’altro conflitto di cui il G7 dovrà occuparsi. Sul fronte del conflitto israelo-palestinese si apre un periodo di grandi incertezze. La questione più urgente, una volta concluse le operazioni militari israeliane, sarà quella di definire un assetto della striscia di Gaza, che sia compatibile con le esigenze di sicurezza di Israele ma anche con un ritorno a una qualche forma di amministrazione da parte dei palestinesi. Credo che il G7 si dovrebbe muovere soprattutto nel breve termine per un assetto di governance della striscia che corrisponda a questi due obiettivi.

Come arriva il governo italiano a questo appuntamento?

Il governo italiano si è mosso con molta determinazione e anche in una linea di continuità col precedente esecutivo sul tema della guerra in Ucraina: una linea coerente con la collocazione tradizionale del Paese e anche con il sistema delle alleanze a cui l’Italia appartiene. Una posizione cioè di grande fermezza nella condanna della Russia e di sostegno all’Ucraina. Sulla crisi a Gaza il governo ha avuto una linea più defilata. Ma si è comunque mosso su tre assi: solidarietà a Israele; richiesta a Israele di contenere l’azione a Gaza entro limiti che siano compatibili con il diritto internazionale e con il diritto umanitario; infine un appello per una soluzione politica della questione palestinese. Credo che saranno queste le linee che ispireranno l’azione del governo nella gestione dell’agenda del G7.

Africa e Piano Mattei: quali i punti di caduta?

È molto difficile commentare questo piano perché se ne parla molto, ma i contenuti e le articolazioni sono ancora sostanzialmente sconosciuti. Credo che una delle opportunità che può offrire il G7 è proprio quella di coinvolgere un più ampio ventaglio di Paesi importanti su un grande piano di collaborazione sistemica con il continente africano. Immaginare un piano di collaborazione con l’Africa di cui sia protagonista solo l’Italia mi sembra poco realistico e anche poco interessante per il continente stesso. Su un progetto così ambizioso il governo dovrebbe riuscire a coinvolgere in primis l’Unione europea, anche perché l’Italia da sola non riuscirà a stanziare risorse finanziarie significative. Da qui l’importanza di cercare di coinvolgere, oltre alla Ue, un ventaglio più ampio di Paesi. L’agenda G7 potrebbe essere un’occasione per coinvolgere intanto questo gruppo sull’idea di una collaborazione strutturata con i Paesi africani.

La concomitanza del G7 con varie tornate elettorali che riflessioni può stimolare?

Il 2024 è un anno denso di scadenze elettorali, che è difficile perfino ricordarle tutte. Le elezioni del Parlamento europeo saranno importanti, soprattutto per definire un programma di lavoro della Ue per la prossima legislatura. Ma una scadenza ancora più importante sul fronte internazionale sarà quella delle presidenziali negli Usa. Sarà quindi importante verificare come si muoverà l’amministrazione americana sullo scacchiere internazionale, nel bel mezzo di una campagna elettorale complicata e divisiva. Quindi ritengo che se le elezioni europee a mio avviso avranno un impatto limitato sulla gestione dell’agenda del G7. Ben più importante potrebbe essere l’impatto della campagna elettorale americana sulla agenda del G7.

Ovvero?

Se alle presidenziali del prossimo novembre dovesse vincere Trump potrebbe cambiare moltissimo sullo scenario internazionale e per i rapporti tra Europa e Usa. Potrebbe cambiare moltissimo perché Trump è un presidente che non ha mai manifestato una attenzione particolare per l’Europa e per la Nato. Che ci ha ricordato in più di una occasione quanto la sua attenzione sia rivolta all’Asia e in particolare alla Cina. Cambierebbe molto il quadro anche perché Trump è un presidente che verosimilmente introdurrebbe un’agenda politica americana molto protezionista e molto poco interessata al rafforzamento del multilateralismo e delle istituzioni internazionali.

Quale l’elemento di maggiore impatto politico per l’Italia?

Nell’ambito del G7 ci sono vari obiettivi da realizzare. Uno di questi è quello di ridurre le distanze che si sono manifestate così clamorosamente in quest’ultimo anno tra l’Occidente ed il sud globale. Il G7 in fondo è il gruppo di Paesi più rappresentativo di questo Occidente, anche se è un gruppo meno rappresentativo di quanto non lo fosse quando fu creato alla metà degli anni Settanta. Il G7 è un gruppo di Paesi importanti ma, ormai destinati a svolgere un ruolo meno determinante nel contesto delle relazioni internazionali. Per cui sarà fondamentale cercare di mantenere una particolare attenzione verso quei Paesi che non sono parte del G7 e che dovrebbero, nei limiti del possibile, essere quanto più coinvolti nelle decisioni del G7 stesso. Quindi non solo un’attenzione nella scelta dei temi e delle conclusioni su questi temi. Ma anche una attenzione ai Paesi che saranno invitati al vertice conclusivo come segnale di riguardo per quel resto del mondo che oggi sta contestando pesantemente l’Occidente e la sua gestione delle relazioni internazionali.

 

 

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