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Amato e Stasio raccontano come diffondere la cultura costituzionale

Il monito degli autori del libro “Storie di diritti e di democrazia. La Corte costituzionale nella società” per una piena consapevolezza dei diritti e del ruolo della Consulta, è rivolto “a tutti, accademia, stampa, cittadini e anche alla Corte”

È il più alto organo di garanzia della Repubblica, arbitro dei conflitti tra poteri dello Stato e garante dei diritti fondamentali, “scudo” a difesa del pluralismo e della democrazia costituzionale. Unico giudice delle leggi, deputato a cancellare in modo definitivo e inappellabile le leggi ma non per questo non attento alla “persona”, la Corte costituzionale rappresenta la “voce” della Costituzione, nella continua evoluzione della società civile e di un diritto vivente che nasce nelle aule dei tribunali.

Nella storia, tante le riforme alle quali la Corte ha aperto la strada. Ha colmato vuoti normativi e espresso moniti al legislatore, talvolta caduti nel vuoto o tradotti in legge dopo molti anni. All’esame della Consulta, questioni giuridiche tutt’altro che “astratte” incidono nella vita di ciascuno (quali adulterio, aborto, fecondazione assistita, fine vita, migrazioni, identità di genere). Eppure, la Corte Costituzionale non è abbastanza conosciuta. Talvolta narrata in maniera distorta, sulla base di decisioni non correttamente interpretate anche dai media.

Un libro di Giuliano Amato, giurista e politico, ministro dell’Interno e del Tesoro, Autorità garante della comunicazione e del mercato, docente di Diritto costituzionale comparato, presidente del Consiglio e giudice e presidente della Consulta, “Storie di diritti e di democrazia. La Corte costituzionale nella società” (ed. Feltrinelli, 22,00 euro), scritto a quattro mani con Donatella Stasio, giornalista parlamentare de Il Sole 24 Ore, attualmente editorialista de La Stampa, fino al 2022 responsabile della comunicazione e portavoce della Corte, presentato, martedì scorso, nella sede del consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti, spiega il senso dei diritti difesi dall’organo costituzionale attraverso le sue funzioni.

Con gli autori, interessanti riflessioni e interrogativi sull’importanza e sul ruolo della comunicazione costituzionale con due ex presidenti della Consulta, Giovanni Maria Flick e Marta Cartabia, e con il senatore Pier Ferdinando Casini. Ha moderato l’incontro Luigi Contu, direttore Ansa.

Presenti, oltre il presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti Carlo Bartoli, che ha aperto i lavori, giuristi, giornalisti, autorità civili e militari.

Pluralista anche nella composizione, come voluta dai costituenti, la Corte costituzionale è nata solo nel 1956 mentre, per le donne, l’accesso all’organo di garanzia risale al 1996.

Nutre e difende i diritti di tutti. Le sue decisioni sono insindacabili e incidono profondamente sulla vita delle persone, della politica e delle istituzioni. “il suo ruolo di contrappeso al potere politico delle maggioranze, a garanzia di chi il potere non ce l’ha, è cruciale in uno stato di diritto”, ricordano gli autori.

In Italia, tuttavia, diversamente da altri Paesi, la Corte, non è percepita come “coscienza del popolo e dei suoi valori”. Un “analfabetismo” ritenuto particolarmente grave in tempi di “regressioni democratiche che, in Europa e nel mondo, mettono a rischio lo Stato di diritto proprio con un attacco alle Corti”, si legge nel libro, dove le democrazie costituzionali “arretrano”, come in alcuni stati europei (Polonia, Ungheria).

I coautori, che hanno vissuto insieme la storia della Consulta per cinque anni, raccontano, dunque, con linguaggio diretto e puntuale, l’importanza della comunicazione istituzionale. Fatti, difficoltà, traguardi del periodo 2017-2022, caratterizzato da una più decisa apertura all’esterno.

“Comunicare non è (solo) una tecnica. È un’etica, una postura, una responsabilità. Per le istituzioni è anche un dovere”, scrivono, “un aspetto qualificante delle democrazie per creare un legame di fiducia tra istituzioni e cittadini”. Non per esercitare un potere o per acquisire “consenso”, ma per garantire ai cittadini “la partecipazione attiva alla vita democratica”.

Un cambiamento che ha aperto la Corte alla società reale. “Viaggi”, in Italia e all’estero, descritti nel volume di Amato e Stasio, hanno guardato alla costruzione di un linguaggio comune per affermare una cultura costituzionale che ha bisogno di dialogo. L’organo giurisdizionale ha, così, attinto nelle scuole, nelle carceri, nel mondo del web, in piazza, e per il drammatico tema del “fine vita”.

Un delicato ruolo, per la Corte Costituzionale, chiamata ad intervenire, talvolta, su questioni bioetiche e temi “valoriali” divisivi che coinvolgono la coscienza e il sentire della società. Le motivazioni che legittimano la sua attività vanno comunicate in modo comprensibile a tutti, offrendo la possibilità di formare opinioni critiche autonome, e non solo a una ristretta categoria di persone. Oggi ancor più, una corretta comunicazione, è, dunque, un “diritto del cittadino, dovere dell’istituzione”, spiegano gli autori.

Esigenza di conoscenza ribadita dall’ex presidente della Corte Giovanni Maria Flick, professore emerito di Diritto penale, già ministro di Grazia e giustizia, che propone ulteriori riflessioni sui confini dell’opera giurisprudenziale, in un’epoca che vede, spesso, l’informazione non più come valore ma come prodotto commerciale. E Marta Cartabia, prima donna alla guida della Corte, sottolinea l’esigenza di rendere fruibile ai giornalisti e, quindi, ai cittadini, il contenuto di sentenze che parlano, soprattutto, agli esperti. Mentre Pier Ferdinando Casini evidenzia quanto sia importante il ruolo della Corte a garanzia di “pesi e contrappesi” del sistema democratico.

Riflessioni condivise per tenere vivi i principi fondamentali di democrazia, eguaglianza, pluralismo, solidarietà, libertà e dignità.

Il monito dell’interessante libro, per una piena consapevolezza dei diritti e del ruolo della Consulta, è rivolto “a tutti, accademia, stampa, cittadini e anche alla Corte”, concludono gli autori. In particolare, alla stampa, chiamata a svolgere una funzione deontologica a garanzia dei cittadini, attraverso una narrazione mediatica della Corte che ne faccia percepire “il peso nell’equilibrio dei poteri, nella vita democratica e, quindi, in quella delle persone”.

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