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Quali regole per gli 007 nell’ordinamento internazionale? La lezione di De Guttry

Il docente alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa ha tenuto una lezione al master in Intelligence presso l’Università della Calabria diretto da Mario Caligiuri. Ecco cos’ha detto

Nell’ambito del master in Intelligence presso l’Università della Calabria diretto da Mario Caligiuri, il professor Andrea de Guttry, docente presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, ha tenuto una lezione dal titolo “Le regole dell’intelligence nell’ordinamento internazionale” affrontando tematiche cruciali relative allo spionaggio internazionale e alle regole che lo governano nell’attuale panorama globale.

Lo spionaggio internazionale, come sottolineato da de Guttry, si distingue nettamente da quello industriale e privato, concentrandosi sull’acquisizione di informazioni all’estero da parte di uno Stato, specialmente nei confronti di un altro Stato. L’aumento di questa attività a livello mondiale è attribuibile, in gran parte, alla rapida evoluzione delle tecnologie. Nell’ambito dell’ordinamento internazionale, alcune regole sono codificate in trattati internazionali, seppur limitate, per disciplinare aspetti specifici dello spionaggio e stabilirne i confini. De Guttry ha sottolineato che, data la parità e spesso la contraddizione delle normative internazionali, è fondamentale interpretare tali regole alla luce del diritto internazionale consuetudinario e pattizio. In particolare, l’appartenenza dell’individuo alla Pubblica amministrazione determina se sia un agente de iure o de facto.

In tempo di guerra, un agente catturato all’estero, indipendentemente dal suo status, non gode dello status di prigioniero di guerra. Tuttavia, se riesce a lasciare e rientrare nello Stato interessato, può avvalersi di tale status, escludendo la responsabilità per le condotte precedenti al primo allontanamento. In tempo di pace, gli agenti, sia de iure che de facto e non diplomatici accreditati, non godono di uno status giuridico privilegiato e possono essere assoggettati alla giurisdizione penale dello Stato in cui agiscono senza autorizzazione.

De Guttry ha approfondito la posizione privilegiata del personale diplomatico accreditato, sottolineando le garanzie fornite dalla Convenzione di Vienna del 1964 sulle relazioni diplomatiche. In caso di attività di spionaggio da parte di diplomatici, la soluzione più efficace è dichiararli “persona non grata” e procedere con l’espulsione.

L’esperto si è poi soffermato sulla reazione di uno Stato alle attività di spionaggio subite da un altro Stato. L’articolo 2, comma 4 della Carta delle Nazioni Unite stabilisce obblighi di astensione da minacce o violenze all’integrità territoriale o all’indipendenza di uno Stato. La reazione dovrebbe seguire criteri graduati, da proteste e negoziati fino alla possibilità di rappresaglie economiche, monetarie, informatiche o armate, quest’ultima da considerarsi come extrema ratio e necessariamente proporzionata.

In conclusione, l’operatore di intelligence, soprattutto quando agisce all’estero, deve essere consapevole delle regole internazionali pertinenti e di quelle dello Stato in cui opera. Questa consapevolezza è essenziale per evitare controversie, tensioni e per contribuire a un contesto internazionale basato sul rispetto delle norme.



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