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Batterie, cosa farà la prima gigafactory italiana

È stata inaugurata la fase di test di un nuovo impianto per la produzione di batterie in Italia. Si tratta della gigafactory di Energy SpA, finanziata con i fondi del Pnrr e che si aggiunge a quelle già annunciate e in costruzione sul suolo italiano, tra cui quella di Stellantis

Energy S.p.A., società padovana attiva nell’offerta di sistemi integrati di accumulo di energia (ESS), quotata sul mercato Euronext Growth Milan, ha ufficialmente iniziato il test per una prima linea di produzione di batterie al litio ferro fosfato (Lfp) nel suo impianto in Veneto, come si legge nel comunicato stampa. Si tratta della prima del suo genere per l’impiego di una tecnologia attualmente dominata dalle industrie cinesi (come Catl e Byd), e che rappresenta un primo passo del Paese per lo sviluppo di una filiera nazionale per le batterie.

Le ESS sono essenziali per lo stoccaggio di energia da fonti rinnovabili, come solare ed eolico, con impieghi nel settore domestico ed industriale. Attualmente i principali produttori sono localizzati tra Cina, Corea del sud e Giappone, mentre in Ue il principale attore è Northvolt che ha di recente testato la prima batteria al sodio.

Come previsto dalla prima fase del progetto, la nuova linea di produzione è stata realizzata entro la fine del 2023. Ora è iniziato il processo di messa a punto, con la società che stima di inaugurare ufficialmente la prima linea della Gigafactory in primavera. La fase di test riguarderà l’attività di calibrazione della qualità della produzione ma anche l’implementazione di soluzioni informatiche avanzate, al passo con l’industria 4, con l’impiego di sistemi automatizzati (robot) per assistere il personale umano e la gestione dei dati di produzione. La prima linea manifatturiera avrà una capacità produttiva fino a 0,8 Gigawattora all’anno, con l’ambizione di decuplicare la capacità produttiva entro il 2026, più in linea con la media dei grandi produttori internazionali.

“Siamo entusiasti di annunciare il raggiungimento di questo significativo traguardo. Il completamento della prima linea di produzione di batterie al litio e l’avvio della fase di test rappresentano una promessa mantenuta verso i nostri stakeholders. È una milestone di fondamentale importanza e siamo orgogliosi di aver rispettato le tempistiche di esecuzione”, ha dichiarato Davide Tinazzi, Amministratore delegato di Energy S.p.A..

La gigafactory verrà costruita con il sostegno di finanziamenti a fondi perduto previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, capitolo “Rinnovabili e batterie”, per lo sviluppo di una filiera strategica per il sistema-Paese. Parliamo di 7,15 milioni di euro, un contributo certamente importante per una società fondata nemmeno dieci anni fa come startup innovativa. L’assegnazione dei fondi è avvenuta ufficialmente a novembre 2023 con la comunicazione da parte di Invitalia (Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impesa). Si tratta di un co-finanziamento del 16%, erogato a partire da quest’anno e fino al 2026, su un importo complessivo di circa 43 milioni ai fini della costruzione della gigafactory.

La società veneta produce e commercializza principalmente due categorie di prodotti: le “Small&Large ESS”, avviate nel 2014, caratterizzate da sistemi di accumulo energetico di potenza inferiore a 50 kW, destinata a utenti residenziali e utenti industriali e commerciali di piccole o medie dimensioni; e la categoria “Extra Large ESS” caratterizzata da sistemi di accumulo di energia di potenza superiore a 50 kW, avviata nel quarto trimestre 2021 e ulteriormente sviluppata nel 2022 per utenti industriali e commerciali di maggiori dimensioni. Inoltre, la società sviluppa inverter ibridi, unità di controllo e sistemi di monitoraggio e gestione delle batterie.

Secondo la relazione trimestrale presentata a settembre 2023, i ricavi sono stati generati per il 15% all’estero (Eu ed extra Eu) e l’85% in Italia. In termini assoluti, le vendite estere hanno ammontato per poco più di 6 milioni di euro, soprattutto in Nord e Centro Europa. Ad oggi, sono stati venduti e installati più di 60.000 impianti, con 34.000 impianti e 500 MWh di ESS venduti in Italia dal 2021.

Considerato il suo business, l’azienda ha dichiarato nella relazione trimestrale un importante peso nel costo delle materie prime, seppur l’incremento sia stato dovuto principalmente all’incremento dello stock negli impianti per soddisfare la domanda dalla clientela. Nello sviluppo dei prodotti, l’azienda si avvale infatti di “partnership tecnologiche e produttive di lungo termine” formalizzate con fornitori selezionati, e che presentano un certo grado di rischio di dipendenza (seppur ritenuti a bassa probabilità) sotto forma di “criticità nei rapporti di fornitura”.

Un aspetto che accomuna gran parte delle aziende europee in questo mercato, considerando la dipendenza da componentistica, materiali e materie prime critiche come litio, cobalto, nichel e manganese dai fornitori asiatici (Cina in primis). Tuttavia, la scelta di Energy Spa per le batterie Lfp rappresenta sicuramente un focus strategico per due ordini di motivi: da una parte, si tratta di una tecnologia che si sta sempre di più affermando sul mercato a discapito delle batterie Nmc (nichel-manganese-cobalto), dal momento che la curva di apprendimento sulla tecnologia ha raggiunto un punto in cui le performance delle batterie Lfp sono sempre più elevate mentre vengono ammortizzati i costi di produzione (considerando l’impiego per il catodo di materiali abbondanti come ferro e fosfato).

Secondo un comunicato stampa dell’azienda del maggio 2023, la tecnologia Lfp verrà sviluppata grazie alla joint venture stabilita attraverso una sussidiaria di Pylon Technologies, Pylon Technologies Europe Holding B.V. Pylon è un’azienda con sede a Shanghai (Cina), fondata nel 2009 e specializzata nello sviluppo, produzione e commercializzazione delle batterie stazionarie Lfp, quotata allo Shanghai Stock Exchange e primo costruttore al mondo di batterie al litio nel mercato ESS, con 800 milioni di euro di ricavi nel 2022 (90% dall’estero, con il 40% in Europa). La joint venture, denominata Pylon LiFeEU S.r.l, avrà sede nel quartier generale di Energy SpA nella provincia di Padova, con i cinesi al 70% mentre Energy possiederà una quota del 30%. Sono previste dunque due linee produttive nell’attuale stabilimento, con 600-800 batterie Lfp prodotto al giorno con 4 MWh di capacità di stoccaggio annuale. Nel secondo stabilimento si concentrerà, invece, l’aumento della capacità operativa.

Si tratta di una partnership avviata da dieci anni (l’azienda di Shanghai già forniva batterie al litio per i suoi sistemi di accumulo) e che conferma la difficoltà degli operatori e produttori europei di aggredire il mercato senza una diretta o indiretta collaborazione con l’ecosistema cinese, per lo sviluppo tecnologico e produzione delle batterie, in questo segmento al pari di quello automotive. Sicuramente l’accordo posizionerà Energy come l’unica azienda italiana a produrre internamente i sistemi di accumulo di energia e le batterie, integrando verticalmente il suo business. Una collaborazione che conferma la strategia di penetrazione delle aziende cinesi in Europa (per Pylon sarà il primo stabilimento fuori dalla Cina), approfittando della necessità di costruire filiere maggiormente integrate sul continente. Una spinta che, negli Stati Uniti, pone diversi paletti secondo le clausole dell’Inflation Reduction Act (IRA).

Il contesto geopolitico internazionale, infatti, ha un peso crescente sullo sviluppo di quest’industria e dei mercati a monte, anche dal punto di vista regolatorio. Ne sono un riflesso diretto i prezzi del litio, che sono al momento in una fase discendente. Dopo essere aumentati del 700% tra il 2021 e il 2022, ora i prezzi spot dell’oro bianco sono in picchiata, probabilmente a causa dell’aumento delle forniture (soprattutto dai giacimenti cinesi), dalla più debole domanda in Cina e soprattutto degli Stati Uniti. Un aspetto che aiuta sicuramente il trend decennale di abbattimento dei prezzi per kWh delle celle per batterie (dal momento che il catodo rappresenta la maggior parte del costo), ma allo stesso tempo mette sotto pressione i produttori di litio, dalle miniere alle fasi di raffinazione, che devono dunque rallentare le attività con margini di profitti sempre più scarni. Stiamo entrando, dunque, in una fase di “guerra” dei prezzi, tra paesi produttori e consumatori, essendo ormai quest’ultimi tornati ai livelli base del gennaio 2021.

In questo contesto, l’annuncio della gigafactory di Energy Spa rappresenta comunque una buona notizia per l’ecosistema industriale italiano. L’impianto si aggiungerà (come progetti annunciati, dunque sulla carta) alla gigafactory di FAAM (impianti 1 e 2 di Teverola, vicino a Caserta) che produrrà batterie al litio per il mercato ESS con 8 GWh di capacità produttiva prevista entro l’anno. Alla gigafactory di ACC, in partnership con Stellantis, che sorgerà invece a Termoli per una capacità prevista di 40 GWh nel 2030, con l’apertura prevista nel 2026. Un impianto che, tuttavia, sarà probabilmente destinato a servire il mercato automotive che al momento rimane quello più trainante per la tecnologia delle batterie al litio. Infine, il destino sembra più avverso e incerto per la gigafactory di Italvolt, inizialmente pensata per riqualificare gli ex impianti Olivetti nell’eporediese (Ivrea), ma ora ad un punto morto per una serie di problematiche legate alla scelta della location e a difficoltà manageriali, già evidenti con il fallimento di Biritshvolt.

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