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Tre ragioni per cui oggi il Pd non celebrerà Bettino Craxi

Non lo faranno neanche come ringraziamento postumo per aver consentito, nel ‘92, l’ingresso del Pds nell’Internazionale socialista, permettendo così ai post comunisti di liberarsi del passato senza traumi né giustificazioni. La riconoscenza, si sa, non appartiene alle categoria della politica. Il corsivo di Andrea Cangini

Ventiquattro anni fa moriva Bettino Craxi e non c’è da sperare che i capi del Pd oggi ne celebrino la memoria. Non lo faranno per almeno tre ragioni.

La prima ragione attiene alla “questione morale”. Come il Pci di Enrico Berlinguer, così il Pd di Elly Schlein (e di chi l’ha preceduta) è solito usare la clava morale contro i propri avversari politici, di fatto delegittimandoli. Onorare la memoria di Bettino Craxi significherebbe riconoscere, con 32 anni di ritardo, che il discorso pronunciato dal segretario del Psi alla Camera il 3 luglio del 1991 era fondato. Cioè che tutti i partiti politici allora rappresentati in Parlamento si finanziavano illecitamente e che il Pci lo faceva accettando soldi da uno Stato estero con cui l’Italia era in guerra (fredda): l’Unione sovietica. Accettare ufficialmente questa indiscutibile verità storica significherebbe appendere la chiodo la divisa del commissario morale, dichiarare strumentale l’amnistia del 1990 che consentì ai vertici del Partito comunista di non essere incriminati per i rubli incassati e avviare un’operazione revisionista su Mani Pulite. No, non lo faranno mai.

Onorare la memoria di Bettino Craxi significherebbe riconoscere che sugli euromissili avevano ragione lui e gli alleati della Nato. Non il Pci e il variegato mondo delle associazioni che negli anni Ottanta si dicevano pacifiste e che nella maggior parte dei casi erano indirettamente finanziate da Mosca. Ammissione scivolosa, per il Pd. Scivolosa non tanto per le implicazioni passate, quanto per le implicazioni presenti, essendo piuttosto chiaro che gli odierni tentennamenti rispetto alle forniture militari all’Ucraina rispecchino oggi le stesse dinamiche di allora.

Onorare la memoria di Bettino Craxi significherebbe riconoscere che quella riformista è l’unica postura politica per una sinistra che ambisca a governare e che la Grande Riforma propugnata dal leader socialista non era l’anticamera del fascismo, come sostennero allora il Pci e la sinistra democristiana, ma l’unico modo per mettere le nostre Istituzioni al passo con i tempi e con i competitor internazionali. Ammissione scomoda per un partito, il Pd, che ancor oggi grida al fascismo di fronte a qualsivoglia intento riformatore e che ieri, dopo averne sostenuto con tre voti d’aula la caratura antidemocratica, ha approvato il taglio della rappresentanza parlamentare pur di andare al governo con il Movimento 5 Stelle.

Per queste e per molte altre ragioni oggi i capi del Pd non celebreranno la figura di Bettino Craxi. Non lo faranno neanche come ringraziamento postumo per aver consentito, nel ‘92, l’ingresso del Pds nell’Internazionale socialista, permettendo così ai post comunisti di liberarsi del passato senza traumi né giustificazioni. La riconoscenza, si sa, non appartiene alle categoria della politica.


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