Dopo aver perso il primato dei listini per mano dell’India, ora quarta piazza di scambio al mondo, i capitali in fuga dal Dragone fanno rotta anche sul Giappone. E così Pechino finisce accerchiata
Lo scettro è perduto, forse per sempre. E la sensazione di essere accerchiati deve essere piuttosto forte. Non bastava l’India, ormai quarto mercato azionario del mondo, proprio grazie al sorpasso sulla Cina, raccontato da Formiche.net settimane fa. Adesso anche il Giappone sta piano piano facendo le scarpe al Dragone, dando vita a quella transumanza di capitali che sta lentamente impoverendo le Borse cinesi. Gli scorsi mesi, complici gli atavici problemi dell’economia, hanno visto un progressivo disimpegno degli investitori esteri dal mercato cinesi, con deflussi arrivati al 90% delle azioni detenute presso le piazze di Pechino, Shenzhen e Shanghai. Un trend proseguito anche in questo primo scampolo di 2024.
Ora, se è vero come pare che le azioni nipponiche sono ai massimi da 34 anni, un motivo ci deve essere. Non solo la politica monetaria ultra-morbida messa a terra dalla Bank of Japan. Ma anche l’afflusso di capitali dalla Cina. “Un gran numero di investitori sono fondi istituzionali esteri e si sono riallocati, o lo stanno facendo, da Hong Kong al Giappone”, ha affermato Redmond Wong, stratega di mercato presso Saxo Capital Markets, interpellato da Bloomberg. Il problema è che “a Shanghai e Shenzhen c’è troppa influenza da parte regolatori cinesi, dalle restrizioni su qualsiasi cosa, dalle vendite allo scoperto o alle offerte pubbliche iniziali, agli avvertimenti verbali e all’intervento diretto dei fondi statali da parte del partito”. E la fuga è servita.
Non è certo una caso se nell’intero 2023 la Borsa giapponese ha guadagnato il 28% in valuta locale (+15% in euro), registrando la performance annuale più forte degli ultimi dieci anni, da quando Haruhiko Kuroda si è insediato come governatore della Banca del Giappone e ha iniziato un massiccio allentamento delle politiche monetarie. Subito dietro il mercato azionario di Taiwan (+26,6%) e l’indice indiano Nifty con un +20%. L’indice CSI 300 di Shanghai-Shenzhen è, invece, il mercato azionario asiatico con la performance peggiore quest’anno con un calo del 17% in euro a causa dei timori degli investitori per il rallentamento economico della Cina, seguito dall’indice Hang Seng di Hong Kong, che ha registrato una contrazione del -16%.
Tutto questo mentre, come anticipato da questa testata, l’India supera ufficialmente per la prima volta Hong Kong come quarto mercato azionario più grande al mondo in scia sia alle difficoltà economiche della Cina che hanno ostacolato lo sviluppo dei listini dell’ex colonia britannica, sia alle prospettive di crescita e alle riforme politiche promosse da New Delhi che hanno reso il Paese una delle mete preferite degli investitori internazionali. Secondo i dati compilati dalla stessa Bloomberg, la capitalizzazione complessiva delle Borse indiane ha raggiunto i 4.330 miliardi di dollari alla chiusura di lunedì contro i 4.290 miliardi di Hong Kong, dopo aver tagliato quota 4.000 appena il 5 dicembre 2023.
L’India ha raddoppiato circa la sua capitalizzazione negli ultimi quattro anni grazie al boom favorito da una base di investitori retail in rapida crescita e a robusti utili societari. Il Paese più popoloso al mondo, scettro strappato al Dragone nel 2023, si è posizionato come alternativa alla Cina, attirando nuovi capitali da investitori e imprese globali, grazie al suo assetto politico stabile e a un’economia basata sui consumi che rimane tra le principali nazioni in più rapida crescita.