Alcuni grandi istituti della Repubblica popolare, impauriti dalle sanzioni allargate a chi fiancheggia la Russia, hanno deciso di inasprire i requisiti per concedere finanziamenti allo sforzo bellico del Cremlino in Ucraina. Confermando la natura opaca dell’alleanza con Mosca
La Cina, reduce dal voltafaccia delle grandi industrie tecnologiche, che hanno smesso di investire e spendere, nonché prossima a ufficializzare una crescita del 5,2% nel 2023, la più bassa da trent’anni a questa parte, ha deciso di rendere la vita più difficile alla Russia. Sulla carta alleato di ferro, nella realtà un po’ meno.
Tanto che, racconta Bloomberg, le banche cinesi di proprietà statale hanno inasprito i limiti ai finanziamenti di clienti russi, dopo l’approvazione da parte degli Stati Uniti di sanzioni secondarie contro le istituzioni finanziarie che assistono lo sforzo bellico della Russia in Ucraina. Nelle ultime settimane almeno due banche hanno in tal senso intrapreso una revisione dei loro legami d’affari con la Russia, concentrandosi in particolare sugli accordi transfrontalieri. Stando alle fonti, gli istituti di credito del Dragone potrebbero interrompere le relazioni con soggetti sottoposti a sanzioni e smettere di fornire servizi finanziari all’industria bellica russa.
Come si spiega? Semplice, si tratta dell’effetto delle sanzioni extralarge, messe a terra dagli Stati Uniti e che prevedono di poter colpire tutte quelle aziende in odore di fiancheggiamento. E le banche cinesi, che certo non navigano in buone acque a causa del collasso del settore immobiliare a cui il mondo del credito nazionale è legato a doppio filo, non possono certo permettersi l’apertura di un fronte russo.