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Grosso guaio a Pechino. Così i fondi (cinesi) hanno prosciugato la Cina

Alla fuga di capitali esteri che hanno preso la via del Giappone e dell’India hanno concorso anche quei veicoli nazionali che gestiscono titoli stranieri. Pechino scopre l’ennesima falla e prova a mettere ordine in casa propria

Correre ai ripari, prima che sia troppo tardi. La Cina vive il suo ennesimo momento di panico, all’indomani della grande fuga degli investitori dalle Borse del Dragone. Giappone, India, ormai Pechino è circondata di mercati che stanno lentamente prosciugando le piazze finanziarie del Paese. Colpa di un’economia fiacca, incapace di ritrovare se stessa e di una crisi del mattone che appare ogni giorno sempre più insuperabile (a fine mese è prevista l’udienza per la messa in liquidazione di Evergrande).

E così, quello che gli esperti chiamano il sell off, la vendita massiccia di titoli che ne causano il deprezzamento , è servita. Ad oggi, il 90% dei portafogli esteri allocati in Cina, ha preso la rotta di Tokyo o Nuova Dehli. Ma, cosa ancora più irritante per Pechino, il problema viene da dentro, ovvero da quei fondi cinesi che investono in titoli stranieri.

E allora, ecco la mossa che sa di ultima spiaggia, per tentare di mettere ordine in casa propria. Più limiti ai fondi che investono in titoli esteri, con una stretta della Cina sui deflussi di capitali, con il governo che sta inasprendo i vincoli per cercare di limitare la crisi del mercato azionario interno. Le autorità hanno infatti deciso di restringere l’accesso degli investitori ai fondi, nazionali, ma che investono in titoli esteri.

Circa un terzo dei fondi cinesi citati, infatti, investono nelle borse estere che operano all’interno di uno schema che aggira i rigidi controlli sui capitali. Almeno fino ad oggi. Una corsia preferenziale che nei fatti ha lasciato tali veicoli a briglia sciolta, con il risultato che, seppur cinesi, suddetti fondi hanno comprato e rivenduto debito estero, concorrendo al deflusso, non appena gli investitori hanno fiutato la stagnazione dell’economia cinese.

Una falla da tappare. Ad oggi, dopo la stretta del governo, sono 79 fondi cinesi che hanno sospeso le vendite agli investitori al dettaglio e 53 le hanno limitate. Insieme, questi rappresentano circa il 30% di tutti i fondi destinati ai mercati esteri diversi da Hong Kong. I fondi includono alcuni gestiti da JPMorgan Asset Management e Manulife Investment Management. Gli intermediari stessi, cioè i fondi in questione, hanno affermato che le autorità di regolamentazione hanno richiesto in particolare la sospensione delle transazioni che coinvolgono Etf che replicano gli indici MSCI USA 50, Nasdaq 100 e Nikkei 225.



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