Colpi sparati da bocche di fuoco nordcoreane si sono schiantati oltre il confine, vicini a zone dove in passato erano già avvenuti incidenti simili. Seul ha risposto a tono, aprendo a sua volta il fuoco verso Nord. Ma sembra che l’escalation non proseguirà oltre
Tra le nove e le undici (ora locale) di questa mattina, le forze armate di Pyongyang hanno aperto il fuoco oltre il confine con la Corea del Sud: 200 colpi, tra proiettili d’artiglieria e missili, sono andati a schiantarsi nei tratti di mare antistanti l’area di Jangsan-got nella parte settentrionale dell’isola di Baengnyeong e le parti settentrionali dell’isola di Yeonpyeong. Nessuna vittima è stata riportata, stando a quanto dichiarato dal portavoce dello Stato Maggiore sudcoreano Lee Sung-joon, il quale ha aggiunto che tutti i proiettili sono atterrati sul lato nord del confine marittimo. Tuttavia, i civili che abitano nelle aree oggetto del bombardamento sono stati immediatamente evacuati dalle autorità come “misura preventiva”. In risposta a questo gesto, le forze armate sudcoreane hanno avviato delle manovre culminate nell’apertura del fuoco in direzione della Corea del Nord (ma non oltre il suo confine).
“Questo è un atto di provocazione che aumenta la tensione e minaccia la pace nella penisola coreana”, ha dichiarato il ministro della Difesa sudcoreano Shin Won-sik, che ha supervisionato le suddette manovre, affermando inoltre che il le forze armate sudcoreane stanno “monitorando attentamente” la situazione assieme a quelle statunitensi. Quanto avvenuto questa mattina si va a incastonare in una situazione già parzialmente destabilizzata. Il recente inserimento nella costituzione del Paese dello status di potenza nucleare voluta dal leader Kim Jong Un, accompagnato dal test di diversi vettori intercontinentali (probabilmente costruiti con il supporto della Federazione Russa), ha fatto sì che le relazioni tra le due Coree toccassero uno dei punti più bassi degli ultimi decenni.
Dal lato nordcoreano, l’agenzia ufficiale Korean Central News Agency ha dichiarato che le unità difensive costiere di Pyongyang hanno sparato 192 proiettili come “risposta naturale” alle azioni ostili realizzate dai “gangster militari” della Corea del Sud durante gli ultimi giorni, aggiungendo o che le sue esercitazioni non hanno avuto alcun impatto sulle isole, definendo le affermazioni di Seul “un tentativo di fuorviare l’opinione pubblica”. Concludendo con al minaccia di una “risposta forte e senza precedenti” da parte di Pyongyang se Seul avesse continuato a fare mosse provocatorie.
Non è la prima volta che si verifica un fatto simile. Già nel novembre 2010 la Corea del Nord ha sparato una raffica di centosettanta proiettili d’artiglieria sull’isola di Yeonpyeong, uccidendo quattro persone, tra cui due civili, nel primo attacco nordcoreano a un’area civile dalla fine della guerra di Corea. Anche in quel caso, Pyongyang definì i suoi spari come una “risposta” alle pericolose esercitazioni realizzate dalla Corea del Sud, il cui esercito aveva sparato dei colpi oltre confine.
L’eco internazionale dell’evento si è manifestata nelle ore immediatamente successive. “Nella situazione attuale, ci auguriamo che tutte le parti interessate mantengano la calma e la moderazione, si astengano dall’intraprendere azioni che aggravino le tensioni, evitino un’ulteriore escalation della situazione e creino le condizioni per la ripresa di un dialogo significativo. Gli scontri tra le parti interessate si sono intensificati di recente e la situazione nella penisola continua ad essere tesa” ha dichiarato il portavoce del ministero degli Affari Esteri cinese Wang Wenbin.
L’incidente si è verificato a poche ore di distanza dalle accuse mosse verso il presidente russo Vladimir Putin da Stati Uniti e Regno Unito, che accusano l’inquilino del Cremlino di aver utilizzato missili balistici di produzione nordcoreana all’interno del conflitto ucraino.