Negli scorsi giorni il leader di Kyiv ha portato l’attenzione sulla forte componente ucraina che vive nei territori russi, più o meno distanti dalla madrepatria. Una mossa ideologica, ma anche un’astuzia politica
Quella etnica è una delle grandi questioni intorno a cui si impianta il conflitto in Ucraina. La tutela della popolazione di etnia russa è stata infatti impiegata in modo estensivo dal Cremlino nel giustificare l’invasione del 22 febbraio, e ancora prima l’annessione della Crimea nella primavera nel 2014 e all’intervento russo a sostegno dei ribelli del Donbass. E la presenza di minoranze russofone nei Paesi Baltici viene additato oggi come un fattore di rischio, in quanto possibile casus belli per una nuova operazione militare russa a intensità variabile. Ma così come all’interno dei territori ucraini e di tutto il Near Abroad ci sono porzioni più o meno consistenti di cittadini di etnia russa, anche dentro alla Federazione Russa esistono minoranze ucraine più o meno forti. E ultimamente l’attenzione di entrambe le parti in causa nel conflitto nei confronti di queste minoranze si sta accrescendo.
All’interno dei confini dello Stato Russo si possono individuare tre zone principali (note come wedges, “cunei”) dove si concentrano gli individui di etnia ucraina. La prima zona, comunemente nota come crimson wedge, è quella territorialmente più vicina allo Stato ucraino e si estende principalmente nella regione del Kuban, arrivando a toccare oblast locati più a nord come quelli di Belgorod, Voronezh, Kursk e Rostov. La blue wedge si colloca invece lungo il confine tra la Federazione Russa e il Kazakistan, nei pressi del Bashkortostan (dove durante le ultime settimane si sono verificati scontri e tensioni tra la popolazione locali e le autorità moscovite). Infine, nella regione più orientale della Federazione russa si colloca il green wedge, strutturato attorno alle zone città di Vladivostok, Nakhodka, e Khabarovsk. In totale, si contano circa dodici grandi centri di minoranze ucraine in territorio russo, che storicamente si originano tra gli ultimi anni dell’impero zarista e quelli delle deportazioni di massa promosse da Josif Stalin.
Lo scorso 22 gennaio, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha promulgato un decreto dove sia il governo di Kyiv che la comunità internazionale vengono sollecitati a prestare maggior attenzione alle minoranze ucraine che vivono in territorio russo, che potrebbero rivelarsi dei preziosi alleati nella lotta contro Mosca. Nel documento Zelensky fa riferimento diretto alle minoranze del crimson wedge, la cui relativa vicinanza alla linea del fronte è sicuramente fonte di interesse da parte di Kyiv. Anche se sono il blue ed il green wedge ad essere considerati come potenzialmente più “esplosivi”: mentre il primo si trova infatti in una regione già instabile, caratterizzata da un forte sentimento nazionale e attraversata da movimenti indipendentisti come quello del Bashkortostan o quello del Tatarstan, il secondo vede un numero particolarmente elevato di cittadini russi di etnia ucraina, causando preoccupazione nei vertici del regime putiniano. Il segretario del Consiglio di Sicurezza Nazionale di Mosca Nikolai Patrushev ha dichiarato che molti residenti della regione, nonostante parlino russo e si identifichino come russi all’anagrafe, sono in realtà ucraini nello spirito, e in quanto tali rappresentano una minaccia che la Russia non può trascurare.
Yuri Kononenko, fondatore dell’ora chiusa Biblioteca di letteratura ucraina di Mosca e supervisore di un archivio sulle comunità ucraine della diaspora a Kiev, afferma in modo critico che il governo ucraino non ha “una politica sistematica su questo tema” e che i suoi risultati in questo campo sono stati “patetici”. Secondo Kononenko il decreto di Zelenskyy ha più a che vedere con la mobilitazione degli ucraini all’interno dell’Ucraina e delle comunità della diaspora in Paesi diversi dalla Russia, che con una presa di posizione nei confronti degli wedges. Allo stesso tempo però denota il fatto che rappresenti una risposta “simmetrica” alle dichiarazioni di Putin sull’intenzione di riunificare e proteggere il popolo russo.
Probabilmente il Cremlino risponderà alla mossa di Kyiv con un rafforzamento della propaganda e della repressione nei confronti degli ucraini che vivono in Russia. Tuttavia queste evoluzioni potrebberò attirare maggiormente l’attenzione sugli wedges, oltre che stressare l’incoerenza della “narrativa etnica” del Cremlino. Dinamiche che avrebbero senza dubbio un impatto concreto sulla stabilità interna della Federazione e del regime al potere.