Presentato al Centro studi americani “The Covid-19 disruption and the global health challenge”, il volume di Vincenzo Atella e Pasquale Lucio Scandizzo, edito da Academic Press, sul Covid-19 e sugli insegnamenti della pandemia. Chi c’era e cosa si è detto
“Il Covid ci ha insegnato molto. La vera domanda, però, non è se abbiamo imparato qualcosa, ma cosa abbiamo fatto con quello che abbiamo imparato. E la risposta è niente”. Esordisce così Giovanni Tria, già ministro dell’Economia, alla presentazione del volume “The Covid-19 disruption and the global health challenge”, scritto a quattro mani da Vincenzo Atella, professore di Economia politica e direttore del dipartimento di Economia e finanza presso l’Università di Roma Tor Vergata e da Pasquale Lucio Scandizzo, professore di Politica economica e direttore scientifico di Open Economics. “Il Covid ha generato nuove consapevolezze, ma non vedo un cambiamento nelle politiche che invece mi sarei aspettato”, ha aggiunto Tria.
UN ALTRO CIGNO NERO?
“Sono passati tre anni, eppure non è stato fatto alcun investimento dedicato alla sanità, in piani, procedure, strutture e competenze per affrontare il prossimo cigno nero”. Perché il prossimo cigno nero ci sarà. Come ha spiegato lo stesso autore del libro, Vincenzo Atella: “Il punto non è se ci sarà, ma quando”, ha commentato l’economista.
LA SFIDA DELLA PREPAREDNESS
Il libro, edito da Academic press, approfondisce quanto avvenuto durante la pandemia di Sars-Cov-2, con grande slancio multidisciplinare e da svariati punti di vista. Cercando di offrire, oltre a una serie di risposte su origini, diffusione, gestione, durata e impatto economico della pandemia, alcuni moniti in relazione alle strategie utili per migliorare la prevenzione e la gestione di futuri eventi delle crisi sanitarie globali, sottolineando l’importanza dei meccanismi di preparazione e risposta efficaci. Fra gli obiettivi del libro, ha spiegato l’autore Pasquale Lucio Scandizzo, quello di scrivere “qualcosa che potesse servire per il futuro”. Con la consapevolezza che la salute globale, proprio perché globale, dipende da “condivisione, cooperazione e collaborazione”. “Il concetto one health, che finalmente si sta diffondendo – ha aggiunto Scandizzo – dovrebbe guidare le politiche nazionali e internazionali, facendo capire come e quanto sia tutto collegato”.
PIANO PANDEMICO, È ANCORA VACATIO
Così come fondamentale sarebbe imparare dagli errori del passato, secondo quanto riportato da Carlo Caltagirone, direttore scientifico della Fondazione Santa Lucia IRCCS, che però vede il nostro Paese ancora lontano da questo obiettivo cruciale. “L’assenza di un piano pandemico nazionale aggiornato dice molto”, ha commentato. “Il Covid – ha continuato Caltagirone – ha solo portato alla luce una serie di condizioni che in realtà erano già presenti nel nostro Paese, come la scarsa preparazione del sistema davanti a un evento pandemico”. Che allerta: “Secondo le previsioni le pandemie future sono prossime venture e questa non è certo l’ultima che incontreremo”. “E se saremo più pronti – ha concluso – forse sarà anche grazie a libri come questo”.
FINANZIAMENTI MANCATI
Ed è proprio sull’importanza della conoscenza e della condivisione che si sono concentrate le parole di Giuseppe Novelli, professore di Genetica medica presso la facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università di Roma Tor Vergata e membro dell’advisory board di Healthcare Policy. “Il Covid ci ha insegnato una lezione importantissima: quando ci sono i finanziamenti i risultati arrivano”, ha detto. “Molti laboratori, prima della pandemia, erano focalizzati su altre aree. Ma con lo scoppio del Covid hanno iniziato a studiare nuove soluzioni per contrastare il virus. E ha funzionato perché per la prima volta c’erano dei finanziamenti incredibili”.
L’ITALIA (E L’EUROPA) SENZA VACCINI
Punto sottolineato anche da Giovanni Tria, secondo cui “i vaccini per il Covid sono stati prodotti negli Usa, in Gran Bretagna e, anche se poco efficaci, in Russia e in Cina. Tutti Paesi dove la reazione immediata e tempestiva dei governi all’epidemia è stata quella di immettere risorse sulla ricerca per produrre i vaccini. L’Italia, invece, non fu in grado nemmeno di trovare 80 milioni per un gruppo che cercava di produrre un vaccino”, ha decretato Tria. “E così anche l’Europa, che ha dovuto comprare i vaccini altrove”.
TRIA: “AIUTI DI STATO, SANITÀ COME LA DIFESA”
“La sanità è un problema di sicurezza nazionale”, ha concluso Tria. “Eppure nel campo della difesa le regole sugli aiuti di Stato sono diverse. E invece bisognerebbe equiparare alcune delle regole utilizzate nel campo della difesa militare a quelle della sanità, o quantomeno ad alcuni dossier, come quelli della preparedness”, ha aggiunto. “Investire per produrre vaccini nella speranza di non averne bisogno, esattamente come facciamo per i bombardieri, che compriamo nella speranza di non doverli usare mai. Il Covid dovrebbe avercelo insegnato. E invece non abbiamo imparato nulla. E questo fa molta paura”.