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Vi racconto l’eredità della Dc nella sua spinta riformista. Conversazione con Zecchino

In occasione degli ottant’anni della Dc il comitato per le celebrazioni sta mettendo a punto diversi appuntamenti di carattere storiografico. Saranno realizzati sei volumi e una serie di mostre. L’eredità politica più importante che il partito ha lasciato al Paese è stata una grande spinta riformista per realizzare riforme fondamentali. Da quella agraria al piano casa. Conversazione con Ortensio Zecchino

È una di quelle parole che va molto di moda nel frasario politico odierno. Spesso usata a sproposito. Eppure il “riformismo” è la “più grande eredita che la Democrazia Cristiana ha lasciato a questo Paese”. Raccontare la storia della Balena Bianca, a ottant’anni dalla sua nascita, significa in qualche modo raccontare l’Italia dal Dopoguerra alla metà degli anni ’90. Non è un’operazione nostalgia, ma uno “sforzo storiografico, finalizzato anche a debellare dalla narrazione sulla Dc le varie scorie che sono state propalate in questi anni”. Ortensio Zecchino parla col rigore del giurista e con il garbo figlio di una stagione politica remota ma mai definitivamente tramontata. È lui, che si definisce “il popolare che si oppose alla dissoluzione del nostro partito”, a guidare – assieme all’ex ministro democristiano Vincenzo Scotti – il comitato per le celebrazioni degli 80 anni della Democrazia Cristiana.

Professor Zecchino, che significato assume il ricordo della Dc nel suo ottantesimo anniversario dalla nascita?

Significa prima di tutto riconoscere il grande portato politico che la Democrazia Cristiana ha consegnato a questo Paese. Una spinta riformista che mai, in così pochi anni, si è più verificata nel nostro Paese.

Ci sono state tante stagioni politiche che la Dc ha attraversato. 

Mi riferisco, quando parlo di riformismo, in particolare al periodo compreso tra il 1945 e il 1976. Sono stati anni di grandi riforme, che hanno migliorato nel profondo questo Paese. Cito solo pochi esempi: la riforma agraria, il sistema sanitario nazionale (che per quanto attualmente venga criticato, resta il più efficiente se non altro a livello europeo), il piano casa e la cassa per il Mezzogiorno. Non solo. Alcide De Gasperi ha gettato le basi sulle quali la Repubblica ha in qualche modo vissuto di rendita anche in politica estera: l’Italia dalla parte della Nato e saldamente in Europa.

Spesso si ricorda il partito come argine all’avanzata dei comunisti in Italia. Quanto c’è di vero?

Senz’altro la Dc è stata una “diga” rispetto alla grande forza che il Pci aveva in quegli anni. E da questo fatto nacquero anche molti dei problemi e delle etichette che sono state negli anni affibbiate ai democristiani.

Ad esempio essere un “partito-Stato”. 

Quella è una delle accuse, che nasce in realtà da qualcosa di diverso. I democristiani sono stati spesso accusati di essere attaccati al potere. E per certi versi è vero. Ma questo nasce dal fatto che il Pci era un partito profondamente anti-sistema, peraltro sostenuto finanziariamente dall’Unione Sovietica, per cui la Dc doveva essere un partito “di sistema” necessariamente. Questa lettura è comunque riduttiva. Torno a dire che il più grande merito della Dc è stato quello di aver canalizzato il voto di un Paese verso una spinta riformista fondamentale per questo Paese.

Il comitato che si è costituito per gli 80 anni del partito ha beneficiato di fondi dal governo. E, subito, sono nate polemiche e malumori. 

Sono tante le realtà che beneficiano di contributi per gli anniversari. Tengo comunque a specificare che i fondi saranno utilizzati per realizzare mostre, seminari, per scrivere sei volumi sulla storia democristiana e per sostenere l’apparato comunicativo del Comitato. Questa ricorrenza è l’occasione per un lavoro storiografico, non autoreferenziale ed è per questo motivo che ho deciso di allargare anche a “non democristiani” il comitato scientifico. Il primo evento, il 21 giugno, avrà un parterre di ospiti di primissimo livello: da Ernesto Galli della Loggia, passando per Agostino Giovagnoli, Alberto Melloni, Aldo Schiavone e Francesco Bonini. Coordinati da Paolo Mieli.

Cosa manca, alla politica di oggi, rispetto a ciò che rappresentò la Dc all’epoca?

La capacità di rappresentare le istanze del mondo moderato, del ceto medio. Il grande centro, rimasto orfano di un autentico riferimento. Silvio Berlusconi illuse l’elettorato moderato di poter essere un approdo. Finanche di Salvini una parte di moderati si fidò, per poi oggi “rifugiarsi” in Giorgia Meloni. Vedremo cosa farà. Per non parlare di ciò che è accaduto alla sinistra in ossequio a una lungimirante previsione di Augusto Del Noce: si è trasformata in una sinistra radicale di massa. Radicalismo chic e ztl.



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