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Partire da sé. La sfida delle donne secondo Elvira Frojo

Il mio augurio è che il 2024 sia l’anno per una maggiore concretezza e consapevolezza delle donne per il rispetto dei confini inviolabili del proprio mondo. A partire dalle piccole cose. Che sia anche l’anno della gentilezza, dei sentimenti buoni e della solidarietà femminile

Usciti, non senza strascichi, dalla pandemia, smarriti da guerre, crisi energetiche e climatiche, problemi demografici e migratori, cosa ci attende per il 2024?

Nell’anno bisestile che, per tradizione, non promette nulla di buono, quale “manuale d’istruzioni” per una vita migliore?

Per la Treccani, la parola dell’anno appena concluso è “femminicidio”, descritta come “eliminazione fisica di una donna in quanto tale”. Inserita dall’Istituto dell’Enciclopedia italiana perché, come ha spiegato Valeria della Valle, direttrice del vocabolario con Giuseppe Patota, il termine femminicidio sulla stampa e sui libri di saggistica è ormai rilevante “fino a configurarsi come una sorta di campanello d’allarme che segnala, sul piano linguistico, l’intensità della discriminazione di genere”. Uccisa perché donna.

Eletta tra economiste, politiche, manager, intellettuali, attiviste e sportive dell’anno 2023, è la giovane Elena Cecchettin che, nel dolore della sorella Giulia uccisa dall’ex fidanzato, ha trovato la forza di fermare uomini e donne per interrogarsi su cosa siamo e cosa vogliamo essere, scuotendo anche le coscienze intorpidite da una certa indifferenza per un fenomeno che sembra non lasciare speranza.

I femminicidi hanno fatto sentire la loro abominevole presenza per ben 118 volte, nel 2023, di cui 96 in ambito familiare o affettivo. E il nuovo anno è iniziato già con altra violenza. Nel paradosso, anche a Trento, dove sessanta uomini avevano appena rivolto un appello contro la violenza di genere contro la “diffusa omertà maschile”, spesso, “garanzia di impunità per gli uomini violenti”.

E mentre ci si interroga sui benefici e le indubbie potenzialità ma anche sui rischi dell’intelligenza artificiale, dopo l’Asia, gli Stati Uniti e altri Paesi, sarebbero già circa tre milioni gli italiani a nutrire sogni, speranze, desideri attraverso influencer virtuali. “Modelle” capaci di affascinare realizzando, al di sopra di ogni aspettativa, i fini commerciali per le quali sono state create.

Anche sulla spinta della cronaca, nuove norme e nuove regole. È la risposta del diritto ad una drammatica escalation di violenza e ad un’aggressione che si amplifica nel libero spazio, virtuale ma con effetti reali, dietro l’anonimato. Il codice rosso ha rafforzato le sue misure e l’Autorità Agcom è intervenuta per arginare l’attività degli influencer che detengono un milione di follower tra le varie piattaforme social.

Sempre maggiore è, inoltre, la consapevolezza delle istituzioni verso politiche sociali a favore della maternità, per una denatalità che è emergenza sociale ma anche privazione di una scelta di libertà personale, per le donne. Transitate dal “destino” del passato di essere solo madri al “destino” presente di non riuscire ad esserlo, nell’inconciliabilità tra lavoro e famiglia. Come se la maternità fosse una “questione femminile” e non la misura più alta di una relazione e di un amore che vuole radicarsi nella coppia.

Il sesso non consensuale deve essere considerato stupro. È la posizione adottata dal Parlamento europeo nel 2023. Previsto, entro due anni, il recepimento della norma negli ordinamenti giuridici nazionali. Ma, spesso, anche nelle aule dei tribunali, lo stupro condanna due volte la donna per l’infamia subìta.

E uno stupro, nel metaverso, può essere assimilato, e quindi perseguito, come nella realtà? È una questione sulla quale si sta già indagando, in Inghilterra, con implicazioni giuridiche e etiche, per un’aggressione sessuale virtuale a una minorenne. Secondo quanto riportato dal Daily Mail, una gang di avatar di sesso maschile avrebbe, infatti, aggredito e stuprato l’avatar della ragazza. La domanda di fondo è perché abbiamo creato tutto questo.

Come ritrovare fiducia nella concretezza e spezzare la catena di sfiducia della realtà delle relazioni umane?

In un dibattito che è, soprattutto, culturale, le parole più usate nel 2023 sono state patriarcato, stereotipi, maschilismo, nel tentativo di illuminare coscienze e riflessioni.

La pellicola di Paola Cortellesi “C’è ancora domani”, record d’incassi nel 2023, ha portato con forza il messaggio della violenza sulle donne nella storia ma anche la loro determinazione e capacità di riscatto. E, aprendo l’anno accademico 2024 della Luiss, l’attrice e regista ha, in fondo, spiegato ai giovani che le favole non sempre hanno un lieto fine, per le donne, anche quando l’apparenza sembra dire il contrario. Perché la loro strada è, comunque, piena di ostacoli e di stereotipi.

E cosa sarà l’anno 2024? La storia insegna che le donne hanno la capacità di andare oltre ed è tempo di una vera svolta, per una femminilità forse da ripensare, soprattutto, nell’equilibrio delle relazioni.

Alcuni steccati frenano le donne. A volte, fino all’annullamento della propria soggettività, per corrispondere a un modello “competitivo” secondo cui è l’uomo che rende possibile la relazione amorosa riconoscendo la donna esclusiva, unica. La realtà, al contrario, è pronta a deludere, dopo un lungo percorso di frustrazione, paure e con epiloghi talvolta drammatici, in un’aspettativa che, spesso, non tiene in sufficiente conto della fragilità e delle ombre dell’altro.

Al di là delle necessarie considerazioni giuridiche, ogni manipolazione, ogni dipendenza, è l’inizio di una sofferenza, di un “delitto” costruito e alimentato ogni giorno. In una quotidianità che viola l’intimità più profonda, lacera l’anima delle donne e annichilisce ogni difesa.

Credo sia tempo di nuovi paradigmi di pensiero con parole e accenti diversi, più decisi, più forti da parte delle stesse donne, più incalzanti anche nelle questioni che non sembrano così rilevanti.

Nel 2023, è stata consentita l’attribuzione del doppio cognome, materno e paterno, al proprio figlio. Un’opportunità, certo non un “lasciapassare”, per ribadire una scelta personale di libertà, per celebrare la nascita del proprio figlio e porre le basi per una condivisione futura. Di responsabilità, cura, amore. Eppure, pochissime donne hanno aderito. Non è una priorità ma è un dato minimo che fa riflettere.

Il mio augurio è che il 2024 sia l’anno per una maggiore concretezza e consapevolezza delle donne per il rispetto dei confini inviolabili del proprio mondo. A partire dalle piccole cose.

Che sia anche l’anno della gentilezza, dei sentimenti buoni e della solidarietà femminile. Il cuore che parla ad un altro cuore aperto trova libertà e dignità e la forza di sottrarsi sempre più a dipendenze e influenze negative.

Per il 2024, che il linguaggio delle donne possa accogliere il calore dei propri sentimenti, in un circolo virtuoso di autostima e solidarietà femminile che possa autenticamente unire, nella realtà, con la speranza del cuore.

Per un’umanità che ha smarrito il senso di desideri, emozioni, sensibilità nelle relazioni, reali e virtuali, in un gesto donato e ricevuto e nella certezza di poter condividere difficoltà e incertezze “femminili”, è possibile, forse, ritrovare un senso al difficile tempo che stiamo vivendo. Uomini e donne.

Certo, vuol dire cercare un difficile equilibrio su un sottilissimo filo. Pronto a spezzarsi al minimo cedimento. Ma, forse, è possibile, e può essere un nuovo “potere”, per le donne.

È una nuova sfida. E, come ricordava Madeleine Albright, già Segretario di Stato degli Stati Uniti, “c’è un posto speciale all’inferno per le donne che non aiutano le altre donne”.

 


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